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Le Camere divise sull’obbligo di registrazione

La Confederazione vuole dare maggiore coerenza alla sua politica nei confronti degli oltre 700'000 svizzeri residenti all'estero Keystone

Il Consiglio nazionale vuole abolire l’obbligo per gli svizzeri residenti all’estero di registrarsi presso ambasciate o consolati. Una proposta criticata dall’Organizzazione degli svizzeri all’estero, secondo la quale si perderebbero in tal modo i contatti con molti connazionali nel mondo. L’oggetto ritorna alla Camera dei Cantoni.

La nuova legge sugli svizzeri all’estero vuole privilegiare la responsabilità individuale per quanto riguarda il compito di iscriversi presso le sedi diplomatiche svizzere nei cinque continenti.

“L’iscrizione volontaria rientra nel principio della responsabilità individuale. Ogni svizzero che viaggia e si istalla all’estero è responsabile per se stesso, sia nella preparazione e nella realizzazione del suo soggiorno che nelle sue attività all’estero”, ha dichiarato giovedì il ministro degli esteri Didier Burkhalter durante il dibattito alla Camera del popolo.

Una posizione condivisa dalla maggioranza dei deputati, che si sono espressi contro un obbligo di registrazione. Attualmente sono tenuti a registrarsi presso le ambasciate o i consolati. Una mancata registrazione non comporta però nessuna sanzione.

In base alla volontà del Consiglio nazionale, questo obbligo verrebbe abolito a partire dall’entrata in vigore della nuova Legge sugli svizzeri all’estero. La Camera del popolo propone per contro di iscrivere automaticamente nel catalogo elettorale tutti coloro che si registrano presso le sedi diplomatiche. In tal modo potranno partecipare a elezioni e votazioni federali senza iscriversi una seconda volta.

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Contatti in parte persi

La decisione dei deputati non ha però ancora un carattere definitivo: in marzo la Camera dei Cantoni si era pronunciata in favore di un mantenimento dell’obbligo di annunciarsi. Inoltre, gli stessi Cantoni si sono espressi contro l’iscrizione automatica nel catalogo elettorale, considerando che comporterà maggiori costi per loro. L’oggetto ritorna quindi nelle mani del Consiglio degli Stati.

In un comunicato, l’Organizzazione degli svizzeri all’estero si rammarica per la decisione adottata giovedì dal Consiglio nazionale. Se l’obbligo fosse soppresso, molti connazionali all’estero non si registrerebbero più presso le ambasciate e i consolati. Diventerebbe quindi più difficile contattarli in caso di gravi crisi o catastrofi.

I tempi sono cambiati

Il governo ritiene che l’abrogazione dell’obbligo di registrarsi comporterà una riduzione dei costi. Questa misura «facilita il lavoro delle autorità per reperire gli svizzeri dell’estero», ha ribattuto il consigliere nazionale Gerhard Pfister, del Partito popolare democratico, riferendosi appunto a possibili crisi o catastrofi naturali.

«Nel 2014 non ha più senso mantenere un simile obbligo. I confini non sono più quelli di 100 anni fa. La responsabilità individuale è la strada giusta», ha invece affermato il deputato socialista Andy Tschümperlin.

Anche il liberale radicale Kurt Flury ha difeso la libertà di scelta. «Vi sono svizzeri all’estero che vogliono registrarsi, altri invece no». Stabilire in una legge l’obbligo di doversi annunciare senza che però siano previste sanzioni in caso di mancata registrazione è illogico. «Se qualcuno si trova nei guai, verrà in un modo o nell’altro sostenuto», ha proseguito Flury.

Argomenti che hanno convinto la Camera del popolo, che con 140 voti contro 37 ha respinto l’obbligo di registrarsi.

Dopo la Camera dei Cantoni nel marzo scorso, anche il Consiglio nazionale a approvato la nuova legge sugli svizzeri all’estero, frutto di un’iniziativa parlamentare di Filippo Lombardi, senatore del Partito popolare democratico.

In base al testo, il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) diventerà l’interlocutore centrale degli svizzeri all’estero. Oggi le basi legali sono sparse in circa trenta atti normativi diversi, che rientrano nelle competenze di quasi tutti i dipartimenti.

La nuova legge disciplina in particolare i diritti politici, il sostegno che viene concesso ai connazionali all’estero  e l’aiuto sociale che può essere loro accordato.

Sul fronte dei diritti politici viene ancorato nella legge il sistema di voto elettronico per favoire la partecipazione degli svizzeri all’estero alle votazioni ed elezioni federali.

Contrariamente agli Stati, la Camera dei cantoni non ha voluto introdurre un obbligo per gli espatriati di presentarsi in una rappresentanza elvetica per farsi iscrivere nel registro degli svizzeri all’estero – iscrizione da cui dipende anche la possibilità di esercitare il diritto di voto.

L’oggetto ritorna quindi alla Camera dei cantoni per l’esame delle divergenze.

Più o meno burocrazia?

Ad opporsi alla nuova la legge sugli svizzeri dell’estero è stata essenzialmente l’Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice). È un testo «superfluo» che si tradurrà in maggiori costi, ha affermato il deputato dell’UDC Hans Fehr,. Se qualcuno è contrario all’eccesso di burocrazia, è questo il momento per provarlo, ha in sostanza dichiarato Fehr.

Di tutt’altro avviso la consigliera nazionale Marianne Streiff, che a nome del gruppo PPD-Partito evangelico, ha definito la legge «sensata», poiché riunisce in un solo corpo normativo un insieme di regole attualmente sparse in diversi testi, permettendo una «semplificazione della prassi e una diminuzione della burocrazia». Argomenti, questi, avanzati anche dai liberali radicali, dai socialisti e dagli ecologisti. La richiesta di non entrata in materia dell’UDC non ha così avuto nessuna chance.

Quanta democrazia?

Per quanto concerne la discussione di dettaglio, il Consiglio nazionale, come già in precedenza la Camera dei cantoni, si è pronunciato contro la proposta di includere le scuole svizzere all’estero nella legge. Principale argomento: la legge sulle scuole svizzere all’estero è appena stata modificata ed entrerà in vigore a breve.

Le due camere del parlamento sono invece in disaccordo su fino a che punto le elezioni al Consiglio degli svizzeri dell’estero debbano essere organizzate democraticamente. Il deputato socialista Andreas Gross ha sottolineato che continua a sentire degli svizzeri dell’estero lamentarsi per il fatto che il Consiglio è «una combriccola che si organizza da sola» e che non tutti hanno la possibilità di esservi eletti in modo limpido.

Il ministro degli esteri Didier Burkhalter ha dal canto suo fatto notare che l’Organizzazione degli svizzeri dell’estero è una fondazione di diritto privato e che a questo titolo è libera di organizzare come meglio crede le elezioni del Consiglio. Per questa ragione, nella procedura di eliminazione delle divergenze il Consiglio federale sosterrà la posizione della Camera dei cantoni, che non vuole iscrivere nella legge il principio di elezioni democratiche.

Traduzione Armando Mombelli e Daniele Mariani

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