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Votazioni federali del 15 maggio 2022

Netflix, Disney e Amazon dovranno investire nel cinema svizzero

In base alla nuova legge accettata oggi, le piattaforme online dovranno versare ogni anno almeno il 4% del fatturato lordo per la creazione di serie e film svizzeri. Keystone / Michael Buholzer

La nuova legge sul cinema che costringe i giganti dello streaming a investire in serie e film svizzeri è stata accettata domenica in votazione popolare. La Svizzera si allinea così a quei Paesi europei, tra cui Italia, Francia e Spagna, che già prevedono simili obblighi.

Le piattaforme di video on demand di aziende quali quali Netflix, Disney, Amazon e HBO dovranno finanziare la produzione di pellicole “made in Switzerland”, così come già fanno le emittenti televisive nazionali. La modifica della Legge federale sulla produzione e la cultura cinematografiche, sottoposta domenica a votazione federale, è infatti stata accolta dal 58% dell’elettorato. La partecipazione al voto è stata del 39,5%.

La grande maggioranza dei Cantoni si è espressa a sostegno della nuova legge, con percentuali che vanno dal timido 50,6% di San Gallo all’eclatante 76,1% di Vaud. In linea generale, i Cantoni romandi sono stati tendenzialmente più favorevoli. Oltre a Vaud, spiccano Ginevra e Neuchâtel con percentuali di “sì” di rispettivamente il 74,6% e il 70,5%. Solo sette Cantoni hanno invece bocciato la riforma (Uri, Svitto, Obvaldo, Nidvaldo, Sciaffusa, Appenzello Interno e Turgovia).

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Nuove opportunità per l’industria cinematografica svizzera

“Questo “sì” è molto importante per l’industria cinematografica, per il turismo e per la Svizzera”, ha dichiarato Mathias Aebischer, deputato socialista e presidente dell’organizzazione ombrello dell’industria cinematografica e audiovisiva svizzera Cinesuisse.

Il comitato referendario ha fatto leva sui timori di un aumento dei prezzi dello streaming per opporsi a un progetto che in realtà porta benefici a tutte le persone, ha detto Aebischer a Keystone-ATS. Grazie ai servizi di streaming, i film svizzeri non sono diffusi soltanto nella Confederazione, ma in tutto il mondo. È anche la migliore pubblicità per la Svizzera in termini di turismo. Netflix deve ora produrre serie e simili anche nella Confederazione, non solo negli Stati Uniti. Non vediamo come questo potrà rendere la produzione più costosa, ha affermato Aebischer.

“Saremo in grado di offrire nuovi format e le collaborazioni con l’estero aumenteranno.”

Géraldine Rod, regista

“Oggi la popolazione ha inviato un chiaro segnale a favore dei nostri registi e della nostra industria audiovisiva”, ha aggiunto Marie-France Roth Pasquier, deputata dell’Allenza del Centro. Con la nuova legge la Svizzera si metterà alla pari con molti Paesi vicini e otterrà reali opportunità di mercato a livello internazionale.

Per Géraldine Rod, giovane regista di serie web, “il settore avrà nuove opportunità”. “Saremo in grado di offrire nuovi format e le collaborazioni con l’estero aumenteranno”, ha detto alla Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS.

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Anche per il consigliere federale Alain Berset si tratta di “una buona notizia per l’industria cinematografica e audiovisiva svizzera”. È un risultato “che dimostra l’importanza che accorda la popolazione alla cultura e un segnale per la diversità culturale del nostro paese”. “La legge – ha proseguito il ministro della cultura – permetterà di colmare una lacuna mettendo sullo stesso piano le emittenti televisive straniere, quelle elvetiche e i servizi di streaming”. Consentirà inoltre all’industria elvetica di mantenere la sua competitività nel contesto europeo, dove già c’è un obbligo di investire.

Il 4% del fatturato nel cinema svizzero

In base alla nuova legge, soprannominata “Lex Netflix”, le piattaforme online dovranno versare ogni anno almeno il 4% del fatturato lordo per la creazione di serie e film svizzeri. La norma obbliga inoltre le piattaforme di streaming a proporre almeno il 30% di serie o film prodotti in Europa.

Anche le emittenti straniere che trasmettono finestre pubblicitarie rivolte al pubblico elvetico dovranno contribuire alla pluralità dell’offerta cinematografica. La modifica legislativa prevede che possano partecipare direttamente alle produzioni svizzere o versare una tassa sostitutiva per la promozione del cinema nazionale.

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Le nuove misure permetteranno di versare 18 milioni di franchi supplementari all’anno alla produzione cinematografica locale, secondo le stime dell’Ufficio federale della cultura. Questo denaro sarà destinato a film, documentari o serie realizzati da imprese svizzere indipendenti e alle coproduzioni internazionali con partecipazione elvetica.

Commentando i risultati della votazione sulla Lex Netflix, il regista friburghese Pierre Monnard ha avvertito che bisogna evitare che la parte tedescofona del Paese si accaparri tutti i fondi. “È una bella vittoria del settore di fronte alle argomentazioni ‘ideologiche’ dei referendisti”, ha detto. Ora occorre assicurarsi che tutte le parti del Paese ne traggano vantaggio in futuro. “Non dobbiamo dimenticare che Zurigo è il centro della produzione cinematografica in Svizzera”, ha ricordato Monnard, invitando i francofoni e gli italofoni a far prova di creatività per fare in modo che i loro progetti vengano selezionati dalle piattaforme.

“Volevamo difendere i giovani”

“Ci saremmo aspettati un risultato più serrato”, ha reagito Alec von Barnekow, vicepresidente della sezione giovanile del Partito liberale radicale (PLR), all’origine del referendum assieme ai Giovani dell’Unione democratica di centro e dei Verdi liberali (PVL). Tuttavia, “il risultato non è poi così malvagio per un partito giovane, che ha dovuto combattere contro i parlamentari PLR, il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento”, ha sostenuto von Barnekow.

“Volevamo difendere i consumatori, in particolare i giovani”, ha detto von Barnekow all’agenzia Keystone-ATS. Chi si era opposto al progetto teme che il provvedimento possa spingere le piattaforme di streaming ad aumentare i costi degli abbonamenti, che in Svizzera sono già tra i più cari. Per il consigliere nazionale democentrista Mike Egger, è chiaro che i servizi di streaming diventeranno più costosi a causa della nuova legge. Con questa legislazione, la popolazione riceverà un programma televisivo ordinato dallo Stato, ha aggiunto.

I partiti giovanili rimarranno vigili per verificare che, ad esempio, non si presenterà una “Lex Spotify” per i servizi musicali, ha indicato la co-presidente dei Giovani PVL Virginie Cavalli. Il risultato della votazione mostra che le persone sono consapevoli di ciò che consumano sui servizi di streaming, ha puntualizzato.

Cosa fanno gli altri Paesi europei?

Il contributo finanziario che i colossi dello streaming devono versare alla creazione artistica è diventato un aspetto importante della politica culturale di molti Paesi, confrontati col trasferimento all’estero degli utili. Il Parlamento europeo ha alzato la voce contro tali piattaforme già nel 2018. Così come i canali televisivi pubblici e privati, anche i giganti del web vanno chiamati a sostenere la produzione cinematografica indigena.

La maggior parte dei Paesi europei ha introdotto una tassa sul fatturato o un obbligo di investimento. Alcuni applicano entrambi gli strumenti. L’UE costringe poi i servizi online a proporre il 30% di produzioni europee. Certi Paesi hanno introdotto una quota più alta o una sotto-quota per la diffusione di produzioni nazionali. In più, le piattaforme di streaming attive nell’UE sono tenute a mettere in risalto le serie e i film europei.

In Italia, i servizi di video on demand devono destinare almeno il 20% del proprio reddito netto alla produzione europea. Questa quota è del 26% in Francia, che impone anche una tassa del 2% per la produzione cinematografica indigena. In Spagna, l’investimento obbligatorio è del 5%, in Portogallo dell’1%.

In Germania le piattaforme con un fatturato superiore ai 20 milioni di euro pagano una tassa del 2,5%, che scende all’1,8% per quelle con un giro d’affari inferiore. È inoltre in discussione un obbligo d’investimento.

Finlandia, Svezia, Norvegia, Irlanda e Paesi Bassi hanno un obbligo di investimento non precisato. I servizi devono promuovere le produzioni europee il più possibile.

L’Austria e il Regno Unito non hanno invece tasse o obblighi di investimento. Il Belgio e la Repubblica Ceca lasciano la scelta tra un investimento o una tassa.

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