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Le sanzioni dell’ONU violano i diritti umani

Chi figura nella lista dei sospetti? Keystone/Laurent Gillieron/swissinfo

La Svizzera chiede che le Nazioni Unite rendano più trasparenti le sanzioni applicate nei confronti di persone sospettate di terrorismo.

Nel suo discorso al Consiglio di sicurezza, l’ambasciatore Peter Maurer ha sottolineato come tali misuri siano più spesso punitive che preventive.

Le sanzioni decise dall’ONU nei confronti di persone o organizzazioni nel quadro della lotta antiterrorismo dovrebbero essere più trasparenti. È quanto affermato mercoledì dall’ambasciatore svizzero all’ONU Peter Maurer a New York, davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il diplomatico elvetico ha lanciato un appello in favore del rispetto dei diritti civili. «Le pene finanziarie e le restrizioni nei viaggi sono strumenti utili per l’applicazione delle risoluzioni ONU», ha detto Maurer, aggiungendo però che queste misure «non devono violare i diritti umani».

L’ambasciatore ha sottolineato che attualmente mancano criteri precisi per definire quali categorie di individui o organizzazioni siano da combattere. A suo avviso, le persone che figurano sulle liste nere dell’ONU non hanno alcuna possibilità di ricorso e subiscono quindi una violazione dei diritti più fondamentali.

Necessaria chiarezza

La Svizzera ha proposto la creazione di un gruppo di lavoro sul tema. Maurer, infatti, è convinto che si possa giungere ad una soluzione equa tra sanzioni e rispetto del diritto internazionale. La lotta contro il terrorismo è un compito che riguarda tutti gli Stati: secondo l’ambasciatore, è quindi importante che il Consiglio di sicurezza sottoponga regolarmente la sua strategia e le sue decisioni a tutti i membri dell’organismo dell’ONU.

Nel suo discorso, Peter Maurer ha spiegato quali dovrebbero essere, secondo la Svizzera, i necessari accorgimenti per rendere efficaci ed equilibrate le restrizioni in materia di viaggi e sanzioni finanziarie.

In particolare, devono essere definiti in maniera chiara i parametri utilizzati per stabilire quali prove possono essere utilizzate nei confronti delle persone o entità interessate dalle misure restrittive. Inoltre, ha aggiunto Maurer, chi viene inserito in queste liste deve esserne informato.

Infine, si raccomanda di istituire la possibilità per gli interessati di ricorrere contro questi provvedimenti. Sul ricorso sarebbe poi chiamata ad esprimersi una commissione formata da esperti imparziali e indipendenti.

Sanzioni severe

Nel 2001, un cittadino elvetico di origine egiziana e la moglie erano stati inseriti in una lista di sospetti, in quanto membri del consiglio di amministrazione di una ditta ticinese che le autorità statunitensi ritenevano potesse avere finanziato terroristi islamici.

Dal momento che la Svizzera è tenuta ad applicare le misure anti-terrorismo, gli averi del 75enne svizzero, professore al Politecnico di Zurigo, erano stati immediatamenti congelati e non gli era più stato possibile recarsi all’estero e partecipare a congressi scientifici. Nessuna nazione, infatti, poteva più accordare il visto d’entrata.

Se una persona viene inserita nella lista dei sospetti su richiesta degli Stati Uniti, per esserne tolta sono le stesse autorità americane – e non le Nazioni Unite – a dover essere convinte della sua innocenza.

swissinfo e agenzie

Nella lista dei sospetti dell’ONU figurano 7 voci inerenti cittadini svizzeri, persone domiciliate nel Paese o aziende con sede in Svizzera.
L’accusa è di avere sostenuto finanziariamente il regime dei talebani o il terrorismo di matrice islamica.
La lista è stata aggiornata il 15 luglio 2005.

La Svizzera, in quanto Paese membro dell’ONU, applica le misure anti-terrorismo decise dal Consiglio di sicurezza.

Le persone che figurano sulle liste non hanno alcuna possibilità di ricorso o di essere ascoltate in merito alle accuse mosse nei loro confronti.

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