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Le Nazioni unite vogliono combattere la legge delle armi

Solo lo sviluppo può permettere di ridurre i conflitti armati che insanguinano il pianeta Keystone

I danni causati dai conflitti armati alle economie dei paesi più poveri figurano al centro di una conferenza internazionale in corso mercoledì a Ginevra.

Ospitata dalla Svizzera e dal Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo, la riunione mira tra l’altro a restringere l’impiego delle armi leggere che provocano la morte di 500’000 persone all’anno.

Secondo il Programma delle Nazioni unite per lo sviluppo (PNUD), i conflitti armati fanno perdere, nel giro di poco tempo, almeno il 15% del Prodotto interno lordo ai paesi che ne sono toccati e fanno aumentare di un terzo il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà.

“Questi conflitti rappresentano uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo”, sottolinea Jean Fabre, vicedirettore del PNUD.

Alla conferenza di Ginevra, inaugurata dalla ministra svizzera degli affari esteri Micheline Calmy-Rey, partecipano i rappresentanti di una cinquantina di paesi, tra cui una quindicina di ministri, come pure della Banca mondiale, di altri organismi dell’ONU, del Comitato internazionale della Croce rossa e di varie organizzazioni non governative.

Azione concreta

Al termine della riunione, i partecipanti dovrebbero adottare la “Dichiarazione di Ginevra sui conflitti armati e lo sviluppo”, che impegna i paesi firmatari a svolgere un’azione concreta per ridurre l’impiego delle armi.

Come comunicato dal Dipartimento federale degli affari esteri, uno degli obbiettivi della conferenza è di proseguire i lavori cominciati nel dicembre scorso dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, che aveva adottato un accordo per l’identificazione e il controllo delle armi leggere.

La riunione di Ginevra dovrebbe inoltre preparare il terreno per un’importante conferenza dell’ONU, in programma ancora questo mese a New York e destinata a rilanciare gli sforzi internazionali per combattere il commercio illegale delle armi di piccolo calibro.

Per Keith Krause, direttore dell’organismo delle Nazioni unite di sorveglianza delle armi leggere Small Arms Survey, la conferenza di mercoledì segna una tappa importante per superare il fossato che esiste tra sicurezza e sviluppo.

“Si tratta di un’iniziativa molto importante e di un passo fondamentale per consolidare gli sforzi internazionali destinati ad affrontare in modo coerente le questioni legate alla sicurezza e allo sviluppo”.

Volontà di collaborazione

Tra i paesi invitati a Ginevra figurano anche Gran Bretagna, Liberia, Sierra Leone, Guatemala e Afghanistan, mentre gli Stati uniti e la Russia non sono presenti.

Il PNUD ha preferito invitare le delegazioni dei paesi che sono gravemente toccati dai conflitti armati o che hanno dimostrato la loro volontà di collaborare pienamente per risolvere il problema della violenza e dello sviluppo.

A detta di Keith Krause, la riunione di Ginevra intende partire su piccole basi, ma vuole crescere puntando su un’agenda molto forte.

“La conferenza evidenzia la volontà di cooperazione di un gruppo di paesi, oltre il processo avviato dalle Nazioni unite. Questo processo è importante, ma vi sono altri aspetti di carattere umanitario o in ambito di sviluppo, che devono essere affrontati in un modo flessibile e coerente”.

Un’opinione condivisa da Jean Fabre, per il quale tutta una serie di questioni, come quelle del controllo delle armi e della prevenzione dei conflitti, devono essere legate alla promozione dei diritti umani e al miglioramento delle condizioni sociali.

“Al termine di un conflitto, le fazioni armate devono poter disporre di altre occupazioni per assicurare la loro sopravvivenza. Altrimenti riprenderanno in mano le armi e ricominceranno la violenza”.

swissinfo, Adam Beaumont, Ginevra
(traduzione Armando Mombelli)

Secondo il PNUD le armi leggere provocano ogni anno la morte di almeno 500’000 persone.

A livello mondiale sono in circolazione oltre 600 milioni di armi leggere, di cui il 60% si trovano nelle mani di civili.

Un terzo dei paesi membri del PNUD sono toccati o minacciati da conflitti armati.

La metà dei paesi che riescono ad uscire da conflitti armati sono nuovamente confrontati alla violenza nel giro di 5 anni.

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