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Le feste con vini svizzeri di prestigio

La vendemmia a Dardagny, villaggio viticolo nella campagna ginevrina. swiss-image.ch

I migliori vini elvetici monopolizzano i primi ranghi dei concorsi internazionali, attraverso prodotti di alta qualità: per scelta e per necessità.

Riflettori sul nettare di bacco con il Miglior sommelier del mondo 2000 e con tre viticoltori-cantinieri dal talento…alchimista.

Le feste di fine anno sono, per tradizione, un’occasione per gustare vini provenienti da mezzo mondo. Ma d’ora innanzi nel firmamento vitivinicolo mondiale brillano anche stelle svizzere.

Qualche nome per un rapido giro di costellazioni: in Vallese Simon Maye, Nicolas Zufferey, Marie-Thérèse Chappaz o Michel Boven; a Ginevra Jean-Michel Novelle, mentre a Neuchâtel Jacques Tatasciore.

Una viticoltura a due velocità

Sotto la spinta della liberalizzazione del mercato interno, un’intera generazione di viticoltori-cantinieri ha deciso di elevare il livello della produzione. Come? Puntando sull’abbassamento della resa, sul reimpianto di vigneti, sulla riscoperta di specialità autoctone – è il caso, per esempio, del Vallese – e sull’esplorazione di vini d’assemblaggio. E, soprattutto, scommettendo sulla qualità.

Consacrato Migliore sommelier del mondo nel Duemila, il francese Olivier Poussier evidenzia il progresso “in potenza” dei vini svizzeri, sia per il bianco, sia per il rosso.

Un giudizio, il suo, che trova conferma nell’edizione 2005 della guida dei vini Hachette. Referenza indiscussa del settore, la guida attribuisce tre stelle al 16,8% dei 190 vini svizzeri presentati. Solo il 2% dei francesi raggiungono tale livello. Ma c’è di meglio: 22 vini svizzeri conquistano la sospirata definizione di “coup de coeur”, ossia di vino preferito.

Olivier Poussier non nasconde tuttavia che i vini diluiti, con una resa portata all’estremo, esistono ancora. Si direbbe insomma che in Svizzera, secondo l’esperto, ci sia “una viticoltura a due velocità”. Ma Poussier assicura: “I migliori viticoltori svizzeri rivaleggiano con i più grandi viticoltori francesi”.

Il Vallese prima degli altri

Olivier Poussier non ha dubbi: i vini svizzeri di classe e di qualità superiori si trovano principalmente in Vallese: “Si collocano ampiamente davanti agli altri. E in questa regione troviamo pure una trentina di viticoltori ai massimi vertici dell’enologia”.

La forza del Vallese affonda le proprie radici prima di tutto nel suo territorio, situato sui contrafforti alpini, e poi nei sui suoi 52 ceppi autoctoni.

“E’ fantastico – esclama Poussier -. La Svizzera, e specialmente il Vallese, ha saputo conservare i ceppi caratteristici di ciascuna regione, parti integrante della tradizione. Questi ceppi – commenta il sommelier – ci propongono gusti diversi. Ci evitano così di sprofondare negli stereotipi internazionali (merlot vanigliato, chardonnay con aromi di bosco).

A questo punto Poussier non può non citare qualche esempio di nettare vallesano: l’ “amigne”, la “petite arvine”, il “cornalin”, l’”humagne”, il “païen”, la “rèze”.

Nominato viticoltore dell’anno lo scorso autunno, in occasione del primo “Grand prix” del vino svizzero, Michel Boven è categorico: “All’estero sono meno professionisti. In Svizzera stiamo diventando molto rigorosi sui terreni, sui ceppi e sulla vinificazione”.

Anche lei vallesana, Marie-Thérèse Chappaz si sofferma sulla grande varietà dei vini svizzeri, che invogliano alla scoperta del Paese. Per la viticoltrice il vino altro non è che “la valorizzazione di un clima, di una regione, di un’annata”.

Non solo…Vallese: un’aria internazionale

Va comunque detto che la produzione vitivinicola svizzera non si limita al Vallese. Se il canton Vaud non mette sufficientemente in valore “ i suoi sontuosi terreni”, se Neuchâtel “è un po’ sinistrato”, Olivier Poussier ama però dispiegare il ventaglio.

Evocando, per esempio, degli ottimi Pinot nei cantoni di Turgovia e Sciaffusa, certi produttori in Ticino, i ceppi grigionesi e, per completare, i “räuschling” di Zurigo, un po’ dimenticati malgrado la notorietà.

A Ginevra invece, in mancanza di un terreno tipico, si ha la tendenza a privilegiare ceppi internazionali. E a volte con degli ottimi esiti. E’ il caso, per esempio, di Jean-Michel Novelle.

Considerato, vent’anni fa, come un marginale e un maniaco della qualità, il ginevrino ha preso la sua rivincita. Oggi, infatti, non è più il solo a scommettere su “un assoluto rispetto della materia prima” combinato ad un accurato lavoro in cantina.

Già consulente in terra cilena, oggi Novelle produce a Ginevra dei vini che riflettono “condizioni climatiche nordiche, molto esplosivi sul piano aromatico e, nel contempo, molto freschi ed eleganti e dal gusto strutturato, tondo e ben concentrato”.

La qualità ha un valore

Jean-Michel Novelle riassume così le due opzioni offerte ai viticoltori-cantinieri svizzeri: abbassare i costi di produzione (e il prezzo) oppure “darsi i mezzi per puntare sulla qualità”. Detto in altre parole: la qualità ha un prezzo, non è insomma a buon mercato.

Da Jean-Michel Novelle, Marie-Thérèse Chappaz o Michel Boven i prezzi si situano in una fascia che va dagli 8 ai 55 franchi, a dipendenza dalla bottiglia scelta.

“I vini svizzeri sono un po’ cari – annota Olivier Poussier – ma non sono più costosi rispetto alle prestigiose produzioni francesi. Con in meno l’immagine, certo”.

Ma l’esperto precisa subito: “Spesso i consumatori hanno bisogno di una denominazione di origine dallo spiccato richiamo commerciale e mediatico. Ma io, in qualità di sommelier, non vi ho mai prestato importanza. L’etica di una denominazione non è sempre sinonimo di garanzia della qualità del prodotto”.

swissinfo, Pierre-François Besson
(traduzione e adattamento Françoise Gehring)

Da una decina di anni i vini svizzeri si concedono un invariabile 40% del mercato svizzero.
Nel 2003, per la prima volta, i viticoltori elvetici hanno prodotto più vino rosso che bianco.
Nel mondo due vini su tre sono il frutto di assemblaggi.
In Svizzera nove su dieci sono vini di un unico ceppo.

Fuori dai confini nazionali la notorietà dei vini svizzeri è irrisoria. Soltanto l’1% della produzione viene esportata, ossia un milione di litri all’anno.

Swisswine si prefigge di moltiplicare questa cifra per dieci. Il settore marketing dell’organizzazione interprofessionale del vino ha optato, in un primo tempo, per un’offensiva mirata ai mercati tedeschi e belgi.

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