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Le donne non ci stanno più

Sibylle Burger-Bono, presidente di alliance F, a colloquio con swissinfo swissinfo.ch

Alle iniziative per onorare l’otto marzo, la giornata internazionale della donna, parteciperanno anche molte rappresentanti dei partiti borghesi.

I motivi? La perdita di un seggio femminile in Consiglio federale e la minaccia di referendum contro l’assicurazione maternità brandita da liberali e UDC.

«Una giornata nera per le donne – il ritorno al passato è realtà!» Toni del genere non sono abituali tra le donne dei partiti borghesi, ma la nomina del Consiglio federale del 10 dicembre scorso, quando la popolare democratica Ruth Metzler non è stata rieletta e Hans-Rudolf Merz l’ha spuntata sulla radicale Christine Beerli, ha fatto arrabbiare anche loro.

Il «putsch» della destra reazionaria, concretizzatosi nell’elezione di due uomini «vecchi» – Christoph Blocher e Hans-Rudolf Merz – è all’origine anche del passaggio all’azione di molte giovani. 15’000 persone sono scese in piazza per protestare contro il risultato dell’elezione, tra di loro soprattutto donne, molte delle quali prendevano parte per la prima volta ad una manifestazione del genere.

Tra i principali artefici della protesta si trova alliance F, l’organizzazione tetto dei movimenti femminili di stampo borghese. L’espressione del dissenso non si è fermata al giorno della manifestazione. Oggi alliance F si è alleata con la sinistra per portare avanti il referendum contro l’undicesima revisione dell’Assicurazione vecchiaia e invalidità (AVS) che comporta degli svantaggi soprattutto per le donne.

Sybille Burger-Bono, la presidente di alliance F, spiega a swissinfo le ragioni di questo nuovo atteggiamento.

swissinfo: È la prima volta che alliance F partecipa alle manifestazioni dell’otto marzo, che è tradizionalmente il giorno d’azione delle donne di sinistra. In futuro percorrerete la stessa strada?

Sibylle Burger-Bono: L’otto marzo per noi è sempre stato importante, ma lo affrontavamo in modo diverso. Il nostro modo di agire non è necessariamente quello di scendere in piazza, ma quando si tratta di essere solidali rispondiamo all’appello. È cosi anche quest’anno. È importante mostrare la nostra solidarietà, soprattutto alle donne molto giovani, che hanno manifestato dopo le elezioni di dicembre e che oggi entrano in contatto con il mondo politico.

swissinfo: Le elezioni del Consiglio federale sono state uno schiaffo per tutte le donne, ma soprattutto per quelle di centrodestra, che hanno dovuto incassare la non rielezione di Ruth Metzler e il fallimento della candidatura di Christine Beerli. Si è sentita umiliata?

S.B.B.: No, ma mi è dispiaciuto moltissimo per entrambe. Mi sono anche arrabbiata. È stata la conferma di una tendenza che si delineava da tempo, la tendenza a diventare sempre più indifferenti al problema delle pari opportunità.

swissinfo: Dopo il 10 dicembre si è parlato molto di solidarietà femminile. Esiste per davvero? Le donne dell’Unione democratica di centro (UDC), per esempio, si sono distanziate dal Congresso nazionale femminile previsto per il 2005…

S.B.B.: Dobbiamo tener distinte le tematiche dagli aspetti elettorali. Sul piano elettorale la solidarietà non funziona. Non la raggiungeremo mai, proprio perché vengono alla luce atteggiamenti politici diversi.

Ma quando si tratta di affrontare problemi concreti, allora la solidarietà femminile funziona. Negli ultimi anni siamo riuscite a collaborare con le donne di tutti i partiti, anche di quelli non rappresentati in governo, come i Verdi.

swissinfo: La cassa dello stato è vuota e il conto lo devono pagare proprio le donne. Basta pensare all’undicesima revisione dell’AVS, che prevede l’innalzamento dell’età di pensionamento per le donne a 65 anni, a partire dal 2009. Ci sono delle alternative?

S.B.B.: alliance F ha sostenuto il referendum contro l’undicesima revisione dell’AVS, sebbene come associazione noi siamo favorevoli ai 65 anni anche per le donne. Ma fino a che non ci sarà finalmente l’assicurazione maternità, su questioni del genere non discutiamo. Molte donne sostengono che se non funziona nemmeno questo, possiamo dimenticare tutto il resto. E sono anch’io pienamente d’accordo.

swissinfo: Vuol dire che fra le donne dell’area borghese c’è stata una radicalizzazione?

S.B.B.: Sì, parzialmente sì. Lo posso constatare chiaramente anche nel campo delle donne popolari democratiche. Mentre per quanto concerne le donne UDC, lo si riscontra piuttosto nel cantone dei Grigioni.

swissinfo: In dicembre ha detto che bisogna fare un passo indietro. Anche per l’assicurazione maternità, proposta dai radicali e ora combattuta negli statti ambienti radicali e UDC. Cosa dice in merito alle sue colleghe del campo borghese?

S.B.B.: Cerchiamo di far capire che, al momento, a pagare sono soprattutto le piccole imprese. Molti contratti collettivi di lavoro prevedono un congedo maternità da 14 a 16 settimane, totalmente a carico dei datori di lavoro. Per molte piccole e medie imprese, che in Svizzera costituiscono oltre il 90 percento di tutte le imprese, queste spese sono pesanti e possono addirittura costituire un problema di sopravvivenza.

Per quanto concerne gli orari flessibili, le donne radicali si chiedono seriamente se non devono lanciare un’iniziativa popolare. E nello stesso modo dovrebbe anche essere regolato l’inizio dell’anno scolastico in autunno.

swissinfo: Per lunghi decenni la politica dell’uguaglianza non ha portato granché alle donne. I salari sono ancora inferiori, fino a un terzo, a quelli degli uomini e il lavoro a tempo parziale è tuttora soprattutto riservato alle donne. Servono quindi nuove strategie?

S.B.B.: Oggi non abbiamo più la possibilità di lanciare grandi progetti di legge, perché sul piano giuridico l’uguaglianza è in gran parte raggiunta. Il problema è che non funziona sul piano pratico.

swissinfo. Questa situazione difficile per quanto concerne la politica femminile sta forse generando una nuova presa di coscienza?

S.B.B.: Non so. Ma mi pare chiaro che senza una più alta partecipazione delle donne al mercato del lavoro, la nostra situazione economica diventerà molto, molto difficile. Soltanto in questo modo si potrà favorire la crescita economica, o altrimenti si dovrà aumentare massicciamente l’immigrazione.

L’economia non può permettersi che una buona parte della popolazione venga formata, ma che poi non venga impiegata. Non è più possibile, in un mondo altamente tecnologico come il nostro.

swissinfo: Quindi c’è ancora una prospettiva ottimistica: le competenze delle donne come garanzia del futuro sviluppo economico del paese?

S.B.B.: Sarebbe bello!

swissinfo, Renat Künzi
(traduzione dal tedesco: Fabio Mariani)

Ogni anno muoiono mediamente in Svizzera 40 donne in seguito ad atti di violenza domestica.

È la constatazione di Amnesty International (AI), che ha lanciato una campagna di sensibilizzazione volta a combattere questo fenomeno.

Nel mondo intero sono milioni le donne vittime di mutilazioni e oggetto di abusi sessuali.

Con la sua nuova campagna lanciata venerdì, AI auspica che gli autori di simili brutalità vengano perseguiti e puniti.

La campagna svizzera di AI – che si prolungherà per due anni – è sostenuta da cinquanta personalità del mondo politico, economico e della cultura.

Anche la ministra degli affari esteri Micheline Calmy-Rey vi ha aderito. È sua l’impronta della mano che appare sugli striscioni utilizzati per la campagna «Fermiamo la violenza contro le donne».

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