Prospettive svizzere in 10 lingue

Le confessioni di un boss della ‘Ndrangheta

La testimonianza televisiva di Felice Ferrazzo è una sconcertante rivelazione delle pratiche della 'Ndrangheta. RSI

Mentre la procura di Milano si prepara a condurre un maxi processo contro i 174 presunti membri della 'Ndrangheta arrestati quest'estate in Italia, l'ex boss del clan dei Ferrazzo si confida per la prima volta alla Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI).

Per raccogliere la sua testimonianza e girare il documentario L’onore del sangue (trasmesso il 16 dicembre 2010 dalla RSI), i realizzatori ticinesi Gianni Gaggini e Marco Tagliabue si sono recati «in una località segreta» dell’Italia dove Felice Ferrazzo, collaboratore della giustizia dal 2000, vive con la sua famiglia sotto protezione delle autorità.

Uomo rude e poco colto – «sono andato a scuola fino alla terza elementare», racconta – Felice Ferrazzo, 55 anni, è stato il boss dell’omonimo clan dal 1990 al 2000. Basata a Mesoraca, nella provincia calabrese di Crotone, questa «piccola famiglia» ha agito in una zona confrontata a una delle guerre di mafia più sanguinose.

Radici in Svizzera

«Comandavo una decina di persone – ha raccontato l’ex mafioso alla RSI: decidevo le nostre azioni e designavo le persone che dovevano essere uccise». Seguendo i suoi ordini, spiega il realizzatore Gianni Gaggini, «il clan dei Ferrazzo ha gestito i traffici di droga – soprattutto cocaina – di armi e di riciclaggio di denaro. Aveva solide connessioni non solo nel Nord Italia, ma pure in Svizzera, in particolar modo a Lugano e a Zurigo».

Felice Ferrazzo – tre bambini nati da due relazioni – conosce bene la Svizzera. Il calabrese aveva 17 anni quando giunse per la prima volta in Ticino, dapprima nella regione di Locarno e in seguito a Lugano, dove risiede una folta comunità calabrese, in gran parte originaria di Mesoraca.

Privo di qualsiasi istruzione, il giovane Felice lavora come manovale nei cantieri. Un tipo di vita che, tuttavia, non durerà a lungo.

«Se avessi continuato a lavorare nell’edilizia in Ticino, oggi sarei vicino alla pensione», dice con una punta di rammarico. «Le cose non sono però andate così…».

L’evasione dal carcere di Lugano

Nel 1982, Felice Ferrazzo è condannato una prima volta per traffico di hashish e viene incarcerato nel penitenziario La Stampa di Lugano. Un anno e mezzo dopo, l’italiano evade di prigione e fa ritorno a Mesoraca.

«Laggiù mi hanno battezzato – ricorda – e sono diventato un “uomo d’onore”… un fottuto onore in fin dei conti».

A partire dal 1990, Felice Ferrazzo consolida la sua autorità alla testa del clan, eliminando coloro che gli fanno ombra, come l’ex capo famiglia Ernesto Russo. Felice diventa pure il padrone assoluto della zona che controlla grazie alle armi acquistate a Lugano o a Zurigo.

«Le trasportavamo attraverso le dogane di Chiasso o Ponte Tresa, nascondendole nei pacchi di riso o di caffè. Non ci controllavano mai».

Una rete di scagnozzi

Per il clan dei Ferrazzo, la Svizzera era pure un luogo per riciclare il denaro sporco, in particolare nelle banche ticinesi e di Zurigo. «Con lui – spiega Gianni Gaggini – la ‘Ndrangheta è diventata un fenomeno svizzero, una realtà estremamente radicata con profonde ramificazioni».

«In Ticino, e soprattutto nella periferia nord di Lugano a Lamone, roccaforte degli emigranti da Mesoraca, Felice Ferrazzo ha creato una rete di scagnozzi: i suoi rapporti con i suoi luogotenenti in Svizzera erano stabili e ben consolidati», precisa il realizzatore ticinese.

Felice Ferrazzo, arrestato una prima volta in Italia nel 1993 e rimasto dietro le sbarre fino al 1996, fa ritorno in Svizzera dopo la sua liberazione. Un soggiorno ovviamente clandestino durante il quale l’ex mafioso ha esteso le sue operazioni sull’asse Lugano-Zurigo.

La vita del boss subisce una svolta decisiva nel 2000, dopo il suo ritorno a Mesoraca. In quell’anno, Felice Ferrazzo e suo figlio primogenito sopravvivono per un miracolo a un attentato organizzato dal cugino e rivale Mario Donato Ferrazzo, oggi in prigione.

Redenzione

«Quel giorno – rammenta il pentito – mio figlio ed io stavamo viaggiando su una piccola automobile che era stata blindata. Ci siamo salvati la vita.». Quest’episodio spinge il boss a consegnarsi alle autorità e a collaborare con la giustizia. «Ho deciso di parlare per togliermi il peso sulla coscienza».

Le sue preziose testimonianze hanno permesso ai magistrati italiani e svizzeri di decifrare i meccanismi più segreti della mafia calabrese e dei suoi legami internazionali, non solo in Svizzera ma pure in Germania (basti ricordare a questo proposito la strage di Duisburg nel 2007) e in Spagna.

«La lunga intervista di Felice Ferrazzo, che di fatto è una confessione sconvolgente, presenta un’altra immagine della ‘Ndrangheta», osserva Gianni Gaggini. «Un’immagine che non è più soltanto quella di un’organizzazione strategica, ma anche di una realtà cruenta che banalizza il crimine e alla quale nessuno può sfuggire. Né in Italia, né in Svizzera».

La ‘Ndrangheta è un’organizzazione di cosche mafiose calabrese.

Il termine ‘Ndrangheta deriva probabilmente dal greco andraghatia, che significa virilità, coraggio.

Le sue attività oggi sono piuttosto concentrate sui traffici di droga e di armi e sull’infiltrazione dell’economia.

Secondo il rapporto dell’Eurispes, il suo giro d’affari nel 2008 era stimato a 44 miliardi di euro all’anno.

Per Roberto Saviano, scrittore, giornalista esperto di mafia e autore del libro Gomorra sulle attività della mafia napoletana, il montante globale della ‘Ndrangheta ammonterebbe, nella sola Penisola, a 100 miliardi di euro.

Il funzionamento della ‘Ndrangheta è di tipo clan-familiare, senza gerarchia piramidale. Ciò faciliterebbe il suo insediamento in Svizzera, in particolare in Ticino e in Vallese.

Arresti: il 15 dicembre 2010, i 174 presunti membri della ‘Ndrangheta arrestati in luglio in Lombardia sono stati rinviati a giudizio dal Ministero pubblico di Milano.

Accuse: la procuratrice Ilda Boccassini, nota per le sue numerose inchieste sulle organizzazioni criminali e per la sua collaborazione con l’ex procuratrice ticinese Carla Del Ponte, li ha accusati di diversi delitti tra cui l’associazione mafiosa. Gli imputati, che saranno processati a Milano, hanno esteso la loro attività a tutta la Lombardia e ad altri paesi europei, tra cui la Svizzera.

Infiltrazioni: diversi di loro sono persone al di sopra di ogni sospetto. Si tratta di imprenditori e professionisti dalle fedina penale pulita, ha precisato Ilda Boccassini. Grazie alle sue infiltrazioni nelle imprese locali, la ‘Ndrangheta era sul punto di controllare i concorsi per l’Esposizione internazionale del 2015.

Sequestro: il 3 dicembre scorso, i giudici milanesi hanno stabilito il sequestro dei beni appartenenti ad alcuni boss mafiosi. Il valore degli appartamenti, dei terreni, dei magazzini e dei negozi sequestrati è stato stimato a oltre 15 milioni di franchi.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR