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Le ambizioni svizzere per il Consiglio d’Europa

La ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey a Madrid a colloquio con il suo omologo turco Ali Babacan Keystone

A Madrid, gli stati membri del Consiglio d'Europa hanno accettato di organizzare una conferenza diplomatica in Svizzera per lanciare una riforma della Corte europea dei diritti dell'uomo.

«A Madrid abbiamo ottenuto un sostegno politico chiaro», si rallegra Paul Seger, capo della Direzione del diritto internazionale pubblico del ministero degli esteri elvetico e membro della delegazione svizzera alla 119esima sessione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa – l’organo decisionale dell’organizzazione – che si è tenuta martedì nella capitale spagnola.

Dal prossimo mese di novembre, la Svizzera presiederà per sei mesi il Consiglio d’Europa, di cui fa parte dal 1963. La presidenza sarà segnata dall’organizzazione di una conferenza a Interlaken (canton Berna) nel febbraio del 2010.

Martedì di fronte ai suoi omologhi europei la ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey ha ricordato i tre obiettivi della conferenza, incaricata di lanciare la riforma della Corte europea dei diritti dell’uomo.

«La solenne riconferma da parte degli stati del loro impegno a garantire i diritti definiti dalla Convenzione e a rendere il suo meccanismo di protezione il più efficace possibile; il sostegno degli stati allo sforzo della corte per migliorare la sua efficacia a breve termine e senza modificare il testo della Convenzione; il lancio di un processo di riforma strutturale del sistema a medio termine».

Vittima del suo successo

«Si tratta di ottenere un appoggio politico accresciuto per riaffermare il ruolo centrale della corte per il rispetto e il controllo dei diritti individuali in Europa, un sostegno politico affinché la corte possa riformarsi a fondo», spiega Paul Seger.

«Oggi la corte è in qualche modo vittima del suo successo. Bisogna assolutamente evitare l’inflazione del numero di casi, che hanno già raggiunto quota 100’000». Per sbloccare la situazione, i partecipanti al vertice di Madrid hanno compiuto un primo passo, consentendo l’applicazione provvisoria del protocollo 14.

Il protocollo addizionale dovrebbe facilitare il lavoro della corte, permettendo a un giudice unico di respingere le molte cause irricevibili. Un comitato di tre giudici, invece degli attuali sette, potrà occuparsi di cause simili a questioni già trattate.

Opposizione russa

Questo passo era stato bloccato finora dalla Russia, che non aveva ratificato il protocollo. «Abbiamo aggirato il problema permettendo l’applicazione provvisoria del protocollo ai paesi che lo desiderano. La Svizzera è stata uno dei primi paesi a impegnarsi in tal senso», precisa Seger.

Forte di questo risultato, la Svizzera potrà dedicarsi al suo semestre di presidenza e all’organizzazione della conferenza di Interlaken. «Lavoreremo con la corte e con altre istanze del Consiglio d’Europa perché formulino la loro visione per una riforma», dice Seger. «Inoltre, come ha sottolineato Micheline Calmy-Rey a Madrid, la Svizzera continuerà a militare per dare un nuovo baricentro alle attività del Consiglio d’Europa.»

Nuovo baricentro per il Consiglio d’Europa

Per Paul Seger, «la Svizzera tiene molto a questa idea. Per essere funzionale, il Consiglio d’Europa non deve occuparsi di tutto, ma concentrarsi sui diritti umani, la democrazia e il federalismo. Tre ambiti basilari per il Consiglio e che gli permettono di affermare la sua specificità rispetto ad altri organismi europei come l’OSCE o l’Unione europea». Su questo punto, gli stati membri del Consiglio d’Europa sono però ancora divisi.

Dal canto suo, Adrien-Claude Zoller, direttore dell’ONG «Ginevra per i diritti dell’uomo», sottolinea l’importanza di questa riforma: «La Corte europea dei diritti dell’uomo è un’emanazione della più antica organizzazione europea. È autonoma e gli stati coinvolti devono conformarsi ai suoi giudizi. Le corti equivalenti per l’Africa o il continente americano non hanno lo stesso potere».

Un’opinione condivisa da Andrew Clapham, direttore dell’Accademia di diritto internazionale umanitario a Ginevra: «La corte produce una giurisprudenza che ha un grande impatto per gli 800 milioni di abitanti dei paesi membri del Consiglio d’Europa. Anche le altre istanze internazionali che si occupano di diritti umani ne devono tenere conto».

Frédéric Burnand, swissinfo.ch, Ginevra
(traduzione. Andrea Tognina

Valori Lo scopo principale del Consiglio d’Europa è di creare in tutto il continente europeo uno spazio democratico e giuridico comune, vegliando sul rispetto dei suoi valori fondamentali: i diritti dell’uomo, la democrazia e lo stato di diritto.

Convenzioni L’azione del Consiglio d’Europa si concretizza spesso attraverso convenzioni che mirano ad armonizzare le legislazioni nazionali e ad allinearle alle norme dell’organizzazione. Ce ne sono oltre 200.

Bielorussia Fondato nel 1949, il Consiglio d’Europa riunisce 47 stati e un paese candidato, la Bielorussia, il cui statuto d’invitato speciale è stato sospeso per il mancato rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici. Comprende 5 stati osservatori: Vaticano, Stati Uniti, Canada. Giappone e Messico.

Strasburgo Il Consiglio d’Europa è indipendente dall’Unione europea, che riunisce 27 stati. La sua sede è a Strasburgo, nel nord-est della Francia.

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