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Lavoratori “importati” pagati meno

Un contratto collettivo di lavoro con carattere obbligatorio per impedire gli abusi salariali delle imprese di pulizie? La Commissione federale tripartita ci sta pensando. Keystone

Proprio due giorni dopo l'estensione del libero accesso al mercato del lavoro svizzero ad altri otto paesi, sono stati pubblicati i risultati dei controlli del 2010 da cui emerge un aumento della pressione sui salari. Le reazioni politiche non si sono fatte attendere.

Il rapporto sui controlli dell’applicazione delle misure di accompagnamento alla libera circolazione delle persone fra la Svizzera e l’Unione europea mostra che oltre un terzo delle aziende attive in settori in cui vigono contratti collettivi di lavoro (CCL) sono state colte in fallo: sottopagavano dipendenti stranieri.

Illustrando le cifre in una conferenza stampa a Berna, i responsabili della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno sottolineato che il rapporto evidenzia anche un aspetto positivo: i controlli e le misure di accompagnamento sono efficaci.

L’alto tasso di dumping salariale non è peraltro così drammatico come sembra a prima vista, commenta l’autore del rapporto Claudio Wegmüller. Infatti, la maggior parte dei casi è stata risolta rapidamente.

“Soltanto il 30 per cento delle violazioni segnalate ha condotto a sanzioni. Nella maggior parte dei casi si tratta invece di infrazioni minori, come una retribuzione lievemente inferiore al salario minimo o un dipendente su 20 che non riceve il salario giusto”, ha dichiarato a swissinfo.ch l’esperto di mercato del lavoro.

Situazione preoccupante

Più del 50 per cento dei lavoratori stranieri distaccati in Svizzera nel 2010 sono stati monitorati. Ci sono due tipi di ispettorati che controllano i livelli salariali: le commissioni tripartite, di cui fa parte anche lo Stato, e quelle paritetiche, composte di rappresentanti degli imprenditori e dei sindacati.

Le commissioni paritetiche controllano le aziende che operano nei rami coperti da CCL di obbligatorietà generale. Fra le regole fissate dai CCL ci sono anche i salari minimi. Secondo la SECO, è più facile identificare trasgressioni in questa categoria.

Le commissioni paritetiche hanno scoperto che in questi settori il 38 per cento degli imprenditori stranieri controllati e il 41 per cento di quelli svizzeri non avevano rispettato le condizioni salariali stabilite dai CCL. Si tratta di un aumento significativo rispetto al 2009 quando questi tassi erano rispettivamente del 21 e del 30 per cento delle aziende controllate.

Per l’Unione sindacale svizzera (USS) è “un quadro preoccupante”. La più grande confederazione sindacale elvetica chiede l’istituzione di un salario minimo per garantire che i lavoratori provenienti dall’estero siano impiegati per far fronte alla mancanza di personale disponibile sul mercato interno e non per sostituire lavoratori che risiedono già in Svizzera.

“Siamo molto preoccupati per il dumping salariale in Svizzera”, ha detto a swissinfo.ch il portavoce dell’USS Peter Lauener.”Le misure [contro il dumping salariale] sono buone, ma non vengono utilizzate pienamente. E alcune sanzioni, soprattutto per coloro che fingono di essere lavoratori indipendenti, non sono abbastanza dure”, aggiunge.

Il numero di imprenditori individuali – i cosiddetti “padroncini” – stranieri attivi in Svizzera è triplicato dal 2005.

L’USS ha chiesto l’introduzione urgente di uno strumento giuridico per combattere i falsi imprenditori indipendenti. Pittori, piastrellisti e falegnami sono le professioni in cui si riscontrano le quote più elevate di abusi in questo senso, secondo la SECO.

Riconoscere i benefici, combattere gli abusi

Secondo il Partito socialista svizzero (PS), il rapporto della SECO ha confermato che il dumping salariale è largamente diffuso e addirittura in aumento in Svizzera. Il partito ha invitato i datori di lavoro di attenersi alle norme che regolano la libera circolazione delle persone.

“Tutti possiamo trarre benefici dalla libera circolazione”, afferma il deputato nazionale ed ex presidente del PS Hans-Jürg Fehr, citato in una nota del partito. “Ma solo se ognuno rispetta le regole, il che non è il caso oggi”, osserva il parlamentare

I socialisti vogliono più mezzi per gli ispettori, come anche maggiori sanzioni contro le imprese disoneste e misure contro il falso lavoro indipendente.

In un comunicato, il Partito liberale radicale (PLR, centro-destra) rileva che “bisogna rimanere lucidi: l’apertura economica e gli accordi bilaterali hanno soprattutto consentito il successo del modello elvetico”. Il rovescio della medaglia sono effettivamente gli abusi, quali “dumping salariale, turismo sociale e falsi lavoratori indipendenti”, riconosce il partito.

Per combatterli, il PLR ribadisce le proposte che aveva formulato nel 2009: un periodo di prova obbligatorio prima del rilascio di un permesso di lavoro di cinque anni, durata dei permessi di soggiorno uguale a quella dei contratti di lavoro invece di permessi sistematici di cinque anni e dovere per gli uffici regionali di collocamento di dichiarare alle autorità gli immigrati disoccupati da più di un anno.

Il deputato nazionale PLR Hans-Rudolf Gysin ha anche depositato un’iniziativa parlamentare, firmata da colleghi di tutti i partiti. Il testo esige che gli indipendenti forniscano le prove del loro statuto. Il governo dovrebbe stabilire criteri per consentire agli organi di controllo di giudicare se un lavoratore è realmente indipendente.

Occhio a chi sgarra

Dal canto suo, la Commissione federale tripartita sta esaminando l’eventualità di un conferimento agevolato dell’obbligatorietà generale del CCL nel settore delle pulizie nella Svizzera tedesca, poiché sono stati riscontrati numerosi casi di salari inferiori a quelli usuali.

Oltre alle pulizie, i settori in cui nel 2010 sono stati riscontrati più abusi in materia di stipendi sono quelli di orticoltura e giardinaggio, artigianato dell’edilizia, sicurezza. La SECO avverte che gli ispettori saranno ancora molto vigili quest’anno.

Attualmente la sanzione più grave che le autorità elvetiche possono infliggere a un’azienda straniera che viola il diritto svizzero del lavoro è impedirle di operare nella Confederazione per un massimo di cinque anni. Secondo la SECO, lo scorso anno sono state bloccate circa 580 imprese.

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L’accordo di libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE è entrato in vigore il 1° giugno 2002. In un primo tempo, riguardava i primi 15 membri dell’UE più Malta e Cipro a cui erano stati applicati dei contingenti fino al 1° giugno 2007. I cittadini di Liechtenstein, Islanda e Norvegia beneficiano di un accordo simile.

Nel 2006 l’accordo è stato

esteso agli 8 paesi che sono entrati a far parte dell’UE nel 2004: Repubblica ceca, Ungheria, Slovenia, Polonia, Slovacchia, Estonia, Lituania, Lettonia, per i quali vigevano contingenti fino al 30 aprile 2011. 

Anche la Bulgaria e la Romania, entrate a far parte dell’UE nel 2007, fanno parte dell’accordo. Per i salariati di questi due paesi i contingenti  saranno applicati almeno fino al maggio 2014. La Svizzera potrebbe prolungare le restrizioni anche fino al maggio 2016. I lavoratori indipendenti bulgari e rumeni, invece, beneficeranno della libera circolazione completa già dal 1° giugno 2011.

Il 55% (544’000 persone) degli stranieri impiegati in Svizzera ha un’età inferiore ai 39 anni. Tra i cittadini elvetici questa proporzione scende invece al 42% (1,39 milioni).

Le donne rappresentano il 41% (399’000) della popolazione attiva straniera. Per le lavoratrici svizzere il tasso sale invece al 47% (1,57 milioni).

Il 71% è attivo nel settore terziario, mentre tra gli svizzeri la percentuale è del 76%. Il 28% lavora invece nel secondario (svizzeri 20%).

Circa due terzi degli occupati stranieri (630’000) provengono dall’UE-15 o da uno Stato dell’Associazione europea di libero scambio (Liechtenstein, Islanda e Norvegia).

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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