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La Treccani incompleta della spending review

tvsvizzera

di Franscesco Daveri

Spending review da 803 pagine

Un anno dopo la loro consegna, il governo ha pubblicato su un sito web liberamente accessibile la relazione riassuntivaCollegamento esterno dell’allora commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli e i tanti fileCollegamento esterno che riassumono il lavoro dei venti gruppi che vi hanno collaborato.

Le aree coperte nei vari rapporti sono: investimenti pubblici, organizzazione della pubblica amministrazione, costi della politica, acquisti di beni e servizi, immobili pubblici, pubblico impiego, partecipate locali, fabbisogni e costi standard, province, comuni, regioni più nove ministeri (sviluppo economico, infrastrutture, economia, difesa, sanità, giustizia, lavoro, esteri, interno). Un totale di 803 pagine (72 dal rapporto Cottarelli e 721 dai rapporti dei venti gruppi di lavoro) di slide, analisi e proposte.

Non c’è dubbio che la filosofia ultima dell’intero progetto -derivante dal mandato ad ampio spettro conferito a Cottarelli dall’allora presidente del consiglio Enrico Letta – sia stata meglio abbondare che mancare per difetto.

Rapporti molto disomogenei fra loro

Qui però sorge un problema: cosa dovrebbe fare la politica con questi file? C’è la relazione riassuntiva di Cottarelli, a disposizione del governo da molti mesi e con indicazioni per ora rimaste nel cassetto: la politica ha probabilmente giudicato troppo “politico” il rapporto riassuntivo del “tecnico” Cottarelli.

Rimangono allora le 721 pagine dei rapporti di lavoro, forse più tecnici. Qui il guaio è che i file dei gruppi di lavoro di Cottarelli non sono la Treccani della spending review. In molti casi le relazioni sono di grande utilità, perché includono un riassunto e vari allegati in cui le proposte sono descritte con precisione. In altri, però, le proposte sono incomplete e delineate solo per capitoli. Gli squilibri di impianto e stesura sono molto evidenti nel caso dei rapporti sui ministeri. Quelli su sanità e lavoro sono dettagliati, rispettivamente su 94 e 101 pagine. Il rapporto sulla giustizia è invece di tre pagine e contiene solo una tabella con l’indicazione dei potenziali risparmi di spesa, senza commenti e senza allegati. Il rapporto relativo al ministero dell’Economia è di quattro pagine, con tante parole e pochi numeri. Il documento rimanda a un allegato non pubblicato.

Se poi si guarda lo schema grafico della distribuzione dei compiti tra i vari gruppi si trova una lista di tredici ministeri. I rapporti ministeriali scaricabili sono invece solo nove: all’appello mancano beni culturali, politiche agricole, istruzione e università e ambiente.

Gli stessi squilibri si trovano anche nei rapporti cosiddetti “orizzontali” tra enti pubblici: otto pagine su pubblico impiego e investimenti pubblici, centosette pagine sui costi della politica, un vero e proprio libro comprensivo di una pagina di ringraziamenti. E poi ci sono sovrapposizioni tra un rapporto e l’altro, come è inevitabile che sia data la procedura di raccolta dal basso delle indicazioni. Ad esempio, il file che si occupa dei costi della politica parla di come tagliare le spese per il funzionamento di comuni e regioni. Ma dello stesso argomento hanno trattato anche, con punti di vista diversi, i partecipanti ai gruppi specializzati, rispettivamente, nell’analisi di comuni e regioni.

Un compito dei tecnici o dei politici?

Se il lavoro istruttorio di Cottarelli e di chi ha collaborato con lui doveva costituire la base perché la politica – a valle – potesse finalmente prendere decisioni informate sulla base del parere di esperti, qualcosa è andato storto. Un lavoro incompleto non è meglio di niente, è semplicemente incompleto. Cioè non finito, e dunque meno utile a fini informativi e comparativi di quello che poteva essere.

Il che riporta a un tema di fondo, quello del rapporto tra tecnica e politica. I piani di revisione della spesa pubblica intrapresi negli ultimi anni (quello di Cottarelli è venuto dopo quelli di Piero Giarda e di Enrico Bondi) hanno sofferto di un problema irrisolto: descrivere le riduzioni di spesa come fossero una questione tecnica, chirurgica, mentre il problema era ed è politico.

Fino a che la politica dà in appalto ai tecnici la stesura di un listone di cose da fare, anche radicali, non si va da nessuna parte. Le listone dei chirurghi dei tagli sono montagne che hanno finora partorito solo il topolino della listina di spesa “aggredibile”. Con l’unico risultato che la spesa pubblica in percentuale sul Pil è aumentata di tre punti dal 2003 a oggi, per un totale di cinquanta miliardi in più. È quindi giusto e inevitabile che la palla ritorni finalmente alla politica che potrà tenere conto delle indicazioni (quelle più dettagliate) della Treccani incompleta del sito sulla revisione della spesa. Si sarebbe però risparmiato tempo se la politica avesse indicato subito un insieme di aree su cui intervenire, limitando l’analisi tecnica all’individuazione degli strumenti più adeguati per raggiungere quegli obiettivi politici.

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