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La forza della resistenza pacifica in Colombia

Don Salvador, una vita spesa a difendere il diritto alla vita e alla dignità. swissinfo.ch

Per anni la regione del Magdalena Medio è stata la culla dei paramilitari. Interi villaggi sono stati sfollati per far posto a piantagioni di coca o palma africana. La comunità di contadini del Garzal è però riuscita a resistere grazie anche all'appoggio delle ONG svizzere.

Don Salvador, una vita spesa a difendere il diritto alla vita e alla dignità. swissinfo.ch

Apro gli occhi alle prime luci dell’alba. L’aria profuma di cacao appena tostato e banane mature. “La Svizzera sarà pure la patria del cioccolato, ma il miglior cacao colombiano viene prodotto proprio qui, nella terra del Garzal”, racconta fiero Don Salvador mentre mi porge una tazza di cioccolata fumante.

In questo villaggio sulle sponde del Rio Magdalena vivono un centinaio di famiglie. Sono per lo più contadini e pescatori, giunti in questa terra oltre trent’anni fa, quando ancora non era che un’immensa prateria incolta. Vivono in casette di legno dai tetti di paglia o di lamiera. Una scuola, un negozietto, una panetteria comunitaria e una chiesa, luogo di ritrovo e di preghiera. In questa terra hanno seminato le prime piante di cacao, hanno visto crescere i loro figli e uccidere i loro compagni. E in questa terra hanno resistito, malgrado le minacce dei paramilitari e la presenza della guerriglia.

Accompagno Don Salvador nel centro del villaggio. Portiamo i semi di cacao ad essiccare in una serra assieme al raccolto degli altri membri della comunità. Una volta fermentati saranno trasportati fino alla costa e poi imbarcati per l’Europa. In questa regione dove il sole e l’acqua non mancano mai, il cacao cresce particolarmente dolce e raffinato.

“La comunità si è lanciata in quest’avventura un paio di anni fa, dopo che l’ennesima esondazione del Rio Magdalena aveva distrutto tutte le piantagioni di mais e platano”, spiega l’agronomo Marbin Acosta che da qualche anno lavora nel Garzal per conto dell’ONG svizzera Swissaid. “Ora ci sono oltre 100 ettari di campi di cacao biologico, una pianta più resistente rispetto ai cereali e capace dunque di garantire una maggiore sicurezza alimentare”.

Swissaid è stata la prima organizzazione internazionale ad aver appoggiato i contadini del Garzal nel loro processo di resistenza pacifica, attraverso una serie di progetti agricoli e di atelier di formazione e di rafforzamento del ruolo delle donne. Da qualche anno, inoltre, la comunità può contare sul sostegno giuridico del Programma svizzero di promozione della pace (Suippcol) e dell’accompagnamento dei volontari di Peace Watch Switzerland (PWS) in qualità di osservatori internazionali.

Davide contro Golia

Leader comunitario e spirituale, Don Salvador è stato tra i primi a credere nelle potenzialità di questa terra e della sua gente. Lui che da giovane sognava di essere un guerrigliero, ha fatto della pace la sua unica arma di battaglia e della difesa dei diritti umani la sua missione.

Mentre camminiamo lungo il Rio Magdalena, alla ricerca di qualche pescatore solitario, Don Salvador mi racconta dei suoi primi anni come pastore evangelico nel Garzal. “All’epoca non eravamo che un gruppo di famiglie impaurite, facili prede per chi possiede un fucile e amici potenti”.

Negli anni Novanta la regione del Magdalena Medio fu un vero e proprio terreno di sperimentazione per i paramilitari dell’AUC (Autodefensas Unidas de Colombia). Con la complicità dei latifondisti e il beneplacito dell’esercito, questi miliziani presero il controllo di intere regioni, occuparono villaggi, minacciarono contadini, donne e bambini.

“Lungo il fiume scorrevano i cadaveri. Li vedevamo passare, ogni giorno, più volte al giorno – racconta Don Salvador. A volte li trovavamo abbandonati sulle rive. Per anni non sono più riuscito a specchiarmi in quelle acque senza vedervi riflesso il volto di queste vittime innocenti”.

Ricca di risorse naturali e materie prime – soprattutto oro e carbone – questa regione è considerata tra l’altro un corridoio strategico per il commercio della cocaina dalla costa pacifica al Venezuela. Non è un caso che proprio a pochi chilometri dal Garzal vi siano tuttora due piste di atterraggio illecite, nascoste da piantagioni di palma africana.

Un atto di coraggio e di responsabilità

Quando i paramilitari giunsero nel Garzal, la comunità stava convivendo ormai da anni con i trafficanti di droga. Uno di loro, Manuel Enrique Barreto, era riuscito a comprare illegalmente allo stato i titoli di proprietà della regione del Garzal e andava di casa in casa minacciando chiunque non avesse abbandonato la propria terra entro pochi mesi.

“All’inizio Barreto cercò di comprarmi, ma quando si rese conto che non serviva a nulla mise una taglia sulla mia testa, racconta Don Salvador. Allora ho iniziato a piangere… Ero paralizzato dalla paura. Sapevo che per questa gente la vita umana non ha alcun valore e che non si sarebbero fermati di fronte a nulla”.

Preoccupate per la sua incolumità, le ONG svizzere avevano perfino evocato la possibilità di chiedere protezione all’ambasciata. Ma per Don Salvador la fuga in Europa sarebbe stato un tradimento nei confronti della sua comunità e di tutto il popolo colombiano.

Il suo è stato un atto di coraggio, ma anche di responsabilità. “Difendere i diritti umani in Colombia è una scelta di vita, è un progetto collettivo al quale bisogna afferrarsi anima e corpo per riuscire ad andare avanti. E una volta fatto il primo passo non si può più tornare indietro perché a quel punto non si è più responsabili soltanto di fronte a sé stessi, ma all’intera comunità”.

Seppur fortemente politicizzati, i campesinos del Garzal hanno sempre cercato nella Bibbia – più che nei libri di Marx – i presupposti e le strategie di una lotta pacifica. “La fede cristiana è il motore che ci ha spinti a combattere e a resistere, l’unione e la solidarietà internazionale gli strumenti di resistenza nelle nostre mani”.

“Da qui non ce ne andremo”

Oggi dei paramilitari dell’AUC e di Manuel Enrique Barreto non sembra più esserci traccia. Eppure aerei sospetti continuano ad atterrare nei paraggi e uomini armati compaiono e scompaiono nella foresta. Ufficialmente queste terre appartengono ancora agli eredi di Barreto, che vorrebbero rivenderle per farne delle monocolture di palma africana.

Con il sostegno giuridico di Suippcol, i contadini del Garzal stanno però cercando di far valere davanti allo Stato il loro diritto di proprietà su una terra nella quale vivono e lavorano ormai da diverse generazioni. “Da qui non ce ne andremo, dice categorico Don Salvador, perché un contadino senza terra è come un pesce senz’acqua. E questa è la nostra terra”.

Il riconoscimento di questo titolo di proprietà permetterebbe alla comunità di acquisire un nuovo statuto giuridico, garantendo loro una maggiore stabilità, così come l’erogazione dei servizi più basici come l’acqua o l’elettricità.

È calata la notte ormai e nella casa di Don Salvador il profumo del cacao ha lasciato il posto a quello delle gomme da masticare. Ogni giorno, grandi e piccini si ritrovano per qualche ora davanti alla sua televisione, una delle poche nel villaggio. Guardano le ultime notizie o l’ultima puntata della telenovela nazionale. Alle dieci lo schermo si spegne e la gente riprende lentamente il camminino verso casa. In gruppo, perché non si sa mai cosa si nasconda dietro quel fruscio delle piante di cacao…

Dal 1997, l’ONG svizzera Swissaid sostiene le attività dell’associazione di produttori alternativi ASPROAS, nella quale è riunita – tra l’altro – la comunità del Garzal.

ASPROAS si prefigge lo scopo di promuovere un’agricoltura tradizionale quale strategia di difesa della propria autonomia alimentare e di resistenza pacifica.

Giuridicamente, il caso del Garzal è seguito da un avvocato di Suippcol, il Programma di promozione della pace in Colombia che coordina i progetti di 11 ONG svizzere ed è cofinanziato dal Dipartimento federale degli affari esteri.

La comunità del Garzal fa parte inoltre della Red de iniciativas y comunidades de paz desde la base, un’iniziativa promossa da Suippcol che riunisce una trentina di comunità di contadini, afrocolombiani e indigeni.

Dal 2009, Peace Watch Switzerland accompagna la comunità nel suo processo di resistenza pacifica e difesa del diritto alla terra e alla dignità. PWS

A fine giugno 2011, il presidente Juan Manuel Santos ha approvato una nuova legge sulle vittime.

La normativa considera come vittime tutte le persone che – a partire dal 1° gennaio 1985 – hanno subito le conseguenze delle violazioni delle norme del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani.

Si calcola che tra i 4 e i 5 milioni di colombiani potranno far capo a questa legge, che avrà una validità di 10 anni.

Le vittime avranno diritto a due tipi di riparazione, pecuniaria e morale.

La legge riconosce inoltre il diritto delle vittime a ritornare alla propria terra in condizioni di sicurezza e dignità e prevede dei meccanismi giuridici straordinari per restituire la terra alle migliaia di persone sfollate a partire dal 1° gennaio del 1991.

Il governo si è impegnato a restituire due milioni di ettari di terra sui 6,5 sottratti con la violenza.

La Colombia è uno dei paesi con il maggior numero di rifugiati interni al mondo: dal 1980 sono circa sei milioni le persone costrette a lasciare la propria terra, 280’041 soltanto nel 2010.

(Delegata dell’ONG PWS per quattro mesi)

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