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La Svizzera semina zizzania nell’Unione europea

Il lituano Algirdas Semeta, commissario europeo alla fiscalità Reuters

Gli accordi fiscali bilaterali che la Confederazione ha concluso in agosto con la Germania e la Gran Bretagna stanno creando una certa tensione in seno all'Ue. Secondo il Lussemburgo, essi dovranno condurre alla rinegoziazione delle regole sulla fiscalità del risparmio.

Gli accordi secondo il modello di Rubik [cioé la proposta di tassare in Svizzera i capitali dei cittadini europei, riversando in seguito la somma ai rispettivi erari ma mantenendo la privacy del cliente] sono stati parafati in agosto e dovrebbero essere firmati in autunno. Seguirà la procedura di ratificazione, mentre l’entrata in vigore è prevista a inizio 2013.

Per Berna, l’interesse degli accordi in questione è la possibilità di preservare il più possibile la sfera privata dei clienti delle banche elvetiche; dal canto loro, Berlino e Londra sperano di riuscire a recuperare senza troppa fatica svariati miliardi di euro.

Il sistema di Rubik presenta due aspetti fondamentali: la regolarizzazione anonima degli averi che gli evasori tedeschi e britannici hanno nascosto nelle banche svizzere in passato, e – per il futuro – la tassazione effettiva di tutti i redditi patrimoniali e gli utili da capitale imponibili nei rispettivi paesi.

Dal canto suo, la Svizzera applicherà delle imposte liberatorie alla fonte sia per il passato, sia per il futuro. Il tasso d’imposizione effettivo si situerà tra il 20% e il 25% durante la fase di regolarizzazione. Per quanto concerne il futuro, il tasso d’imposizione varierà tra il 26,375% e il 48% in funzione della legislazione in vigore nel paese.

Riunione il 22 settembre

Questi accordi sono compatibili con la legislazione europea sulla fiscalità del risparmio – attualmente in fase di ridefinizione – e con il relativo accordo che la Confederazione ha concluso nel 2004?

A questo proposito, il commissario europeo alla fiscalità Algirdas Semeta ha dichiarato l’8 settembre che la questione è ancora aperta: «I testi non sono ancora disponibili. Spero che la Gran Bretagna e la Germania li presentino il 22 settembre in occasione di una riunione del gruppo di lavoro sulla fiscalità dei Ventisette. Nell’attesa, è difficile prendere posizione».

Semeta ha però aggiunto: «Abbiamo avuto numerosi contatti con rappresentanti della Germania e della Gran Bretagna, i quali ci hanno assicurato che gli accordi bilaterali raggiunti con la Svizzera non violano la direttiva europea sulla fiscalità del risparmio né l’accordo in quest’ambito tra l’Ue e la Confederazione. Verificheremo tutto ciò, tenendo presente che dal profilo del diritto internazionale la direttiva e l’accordo Svizzera-Ue prevalgono su qualsiasi intesa bilaterale».

Cauto ottimismo

A Bruxelles sembra comunque esserci un certo ottimismo: la conclusione degli accordi tra la Confederazione, la Germania e la Gran Bretagna potrebbe infatti facilitare la rinegoziazione dell’accordo tra la Svizzera e l’Unione europea sulla fiscalità del risparmio.

Infatti, il campo d’applicazione dei recenti accordi è molto più vasto rispetto a quello dell’attuale regolamentazione europea. Nella capitale belga si ritiene che ciò potrebbe aiutare i Ventisette a convincere la Svizzera a estendere la portata del suo accordo con l’Unione a nuovi prodotti, trovando nel contempo una migliore combinazione tra il principio della trattenuta alla fonte e quello dello scambio d’informazioni.

Il Lussemburgo si fa sentire

Il Lussemburgo rischia però di mettere i bastoni tra le ruote della Commissione europea. In una recente dichiarazione, il suo Ministero delle finanze ha infatti evidenziato che il modello di trattenuta alla fonte – sempre difeso dal Gran Ducato – costituisce un elemento chiave degli accordi sottoscritti dalla Svizzera. Di conseguenza, «ciò dovrà avere un impatto sui negoziati concernenti la fiscalità del risparmio».

In altre parole: se la Germania e la Gran Bretagna accettano di mantenere il segreto bancario elvetico, non vi è motivo di far pressione – in seno all’Ue – su Lussemburgo e Austria affinché accettino di passare dal sistema dell’imposta alla fonte a quello dello scambio automatico d’informazioni tra amministrazioni fiscali.

Algirdas Semeta non è d’accordo: «Lo scambio automatico d’informazioni è la regola vigente in seno all’Unione europea. L’applicazione della ritenuta alla fonte da parte di Austria e Lussemburgo è stata autorizzata soltanto transitoriamente. Il discorso è diverso per i paesi terzi: l’Unione esige che questi applichino delle misure equivalenti alle sue, ma non identiche. L’importante è che rispettino gli standard OCSE sullo scambio d’informazioni». Chi vivrà, vedrà.

Germania e Gran Bretagna hanno concluso un accordo con la Svizzera.

Austria e Grecia hanno manifestato il loro interesse.

La Francia ha ufficialmente declinato l’offerta delle banche svizzere. Per Parigi, la trasparenza deve avere la priorità.

La Norvegia ha espresso dubbi sulla legalizzazione di conti segreti e afferma di non essere intenzionata ad avviare trattative con la Svizzera.

Il Belgio ha dichiarato che per il momento non ha contatti in merito con la Svizzera.

Anonimato. Il progetto Rubik separa il reddito e gli utili dal capitale. Introduce un’imposta alla fonte da versare agli stati esteri rispettando l’anonimato dei detentori stranieri di conti in Svizzera.

Protezione. Secondo i promotori, preservando la sfera privata del cliente questa strategia avrebbe anche l’effetto di proteggere i collaboratori delle banche straniere in Svizzera da eventuali procedimenti giudiziari intentati da stati esteri.

Fughe evitate. La garanzia dell’anonimato permetterebbe di evitare che i detentori stranieri di conti gestiti da banche svizzere portino i loro beni altrove.

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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