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La Svizzera non si leva il medico di torno

Willy e la cassa malati Corrado Mordasini

I continui aumenti delle assicurazioni malattia (+5% nel 2016) stanno mettendo in difficoltà le famiglie confederate

Per quanto nella patria di Guglielmo Tell le mele abbondino per gi svizzeri togliersi medici, medicine e relativi costi di torno diventa sempre più difficle.

Ieri, come ogni anno a fine estate, in Svizzera è stata comunicata la tornata di aumenti delle casse malattia. È ormai un rito, come la manovra di fine anno in Italia. Gli elvetici ci si sono abituati, aspettano la comunicazione con un misto di rabbia e rassegnazione, ricordando quando i costi della salute erano ragionevoli; i bei tempi in cui tutto sembrava ragionevole, l’elettricità, il gasolio, la benzina…

Ma iniziamo dall’inizio.

Cosa sono le cosiddette “casse malati”?

Si tratta semplicemente dell’assicurazione malattia. In Italia c’è la asl, che è statale e viene finanziata attraverso le tasse.

In Svizzera no. L’assicurazione malattia è a carico del cittadino, ed è obbligatoria. Questo spiega anche in parte il motivo per cui le tasse in Svizzera sono meno care e l’altro costo della vita nella Confederazione.

Come funziona

L’assicurazione è gestita da una miriade di società private che si fanno teoricamente concorrenza.

Tant’è che ora il consumatore, oltre al danno dei continui aumenti, si trova con la beffa di essere continuamente assillato da telefonate e lettere che offrono di cambiare assicurazione promettendo risparmi.

In realtà ogni anno le assicurazioni abbassano il prezzo per i nuovi clienti ma poi negli anni successivi lo alzano portando la cifra spesa nella media. Né più né meno come le compagnie telefoniche. In più, ovviamente, c’è la corsa ai cosiddetti “buoni rischi”. Giovani in buona salute che difficilmente causeranno costi importanti nel decennio a venire. Per liberarsi di un procacciatore di clienti, la cosa più semplice è dirgli “guardi ho il cancro”. Non lo senti più. Matematico.

Tipi di assicurazione

Ogni cittadino deve fare un’assicurazione minima, la cosiddetta assicurazione di base, il cui costo è uguale per tutti e per ogni società assicuratrice. Poi il “cliente” può scegliere degli “optional”, pagando un sovrapprezzo ad esempio per essere ricoverato in una camera singola in caso di ospedalizzazione.

Inoltre vi sono le cosiddette “complementari” che possono comprendere dalla medicina alternativa, alle cure dentarie. Tutto ciò, quindi non viene ritenuto strettamente indispensabile.

L’esplosione dei costi

Il problema è dato dal fatto che più la medicina e la ricerca avanzano, più i loro costi aumentano. Di conseguenza aumentano le bollette delle assicurazioni, che in Svizzera vengono paradossalmente chiamate “premi”.

Per rendere l’idea: dal 1999 al 2013 i “premi” sono aumentati del 70%. In pratica sono raddoppiati in 20 anni. Oggigiorno una famiglia benestante (quindi senza aiuti statali) di tre persone può arrivare a pagare dai 600 ai 1000 franchi al mese. Non proprio noccioline, anche per i buoni stipendi svizzeri.

Nel 2016 l’aumento medio sarà del 5%. Perfettamente in linea, dunque.

I motivi

Le spiegazioni di questo fenomeno sono da un lato molto semplici dall’altro estremamente complesse. Prima di tutto c’è il fatto che la ricerca avanza, si curano più malattie, si producono nuovi farmaci, deambulatori, protesi, apparecchi acustici, robot e laser per le operazioni… e tutto questo costa.

Ma non è tutto. Va tenuto conto anche della speculazione. Le case farmaceutiche non sono enti benefici: devono fare utili. Inoltre lo stesso cittadino è in parte responsabile degli aumenti, in quanto, nella (errata) convinzione che “tanto paga la cassa malati” spesso ricorre a visite non necessarie e si fa prescrivere farmaci non indispensabili. In realtà paghiamo tutti. Anche perché una fetta delle tariffe mediche non vien rimborsata ma resta a carico del paziente, ma soprattutto perché i costi dei singoli si ripercuotono su quelli generali che poi vengono ovviamente ridistribuiti sui singoli.

La vera domanda

Un serpente aggrovigliato su se stesso che si morde la coda, insomma. Ma districandosi fra le sue spire, anche se si finge di non vederla, sempre più spesso emerge la vera questione, alla quale nessuno ha il coraggio di dare una risposta: quanto vale una vita umana? Quanto è lecito spendere per salvare un vita? E soprattutto: la vita di chi?

Gino Ceschina

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Illustrazione di Corrado Mordasini

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