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La Svizzera in prima fila per fermare il boia

Keystone

Giunto nella Confederazione per partecipare alla Giornata mondiale contro la pena di morte, un ex condannato statunitense racconta la sua esperienza e le sue speranze.

Joaquín José Martinez si è spostato fino in Svizzera per fornire la sua testimonianza nell’ambito delle numerose iniziative previste per il 10 ottobre, giornata mondiale contro la pena di morte. «In passato ero un sostenitore della pena capitale; ritenevo che fosse una punizione adeguata e che servisse a prevenire il crimine. In realtà nulla di ciò è vero», ha dichiarato Martinez di fronte ai giornalisti giunti a Ginevra.

L’uomo era stato condannato a morte nel 1997, con l’accusa di aver ucciso uno spacciatore e la sua compagna. La sentenza era poi stata annullata dalla Corte suprema nella Florida nel 2001 per irregolarità processuali.

Una volta uscito di prigione, Martinez si è impegnato in prima linea per lottare contro la pena capitale. «Sono stato il 96esimo condannato a morte rilasciato dagli Stati Uniti, e 30 altre persone sono state a loro volta liberate nel corso degli ultimi otto anni». Secondo Martinez, negli Stati Uniti la pena capitale potrebbe essere eliminata durante il prossimo ventennio. A quel momento, ritiene l’ex condannato, Washington sarò un importante alleato degli abolizionisti.

Battaglia difficile

Secondo Amnesty International, nel 2008 sono state eseguite circa 2’400 esecuzioni in venticinque paesi. Tale cifra rappresenta una stima per difetto. Inoltre, dal 2007 – in Iran, Arabia Saudita, Sudan e Yemen – sono stati giustiziati complessivamente 24 minorenni.

Dai dati in possesso dell’organizzazione risulta che il 93% delle esecuzioni ufficialmente portate a termine nel 2008 è avvenuto in soli cinque paesi: Cina, Iran, Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti. La Cina – 1’718 esecuzioni – rappresenta il 72% del totale.

Ciononostante, a livello globale si constata una tendenza all’abbandono della pena capitale. 139 Stati hanno abolito – de iure o de facto – questa sanzione: nel 1976, questi paesi erano soltanto 16. Ciononostante, l’obiettivo di un’eliminazione completa continua a essere una battaglia impegnativa. A titolo di esempio, in Stati come il Messico e le Filippine vi sono gruppi di pressione favorevoli alla reintroduzione del boia.

Stando alle cifre di dicembre 2008, la pena di morte è prevista da una sessantina di paesi. Gli Stati Uniti sono una delle sole cinque democrazie in cui questa pratica è ancora ammessa. A questo proposito, i difensori della pena capitale affermano che si tratta di una questione di politica interna, indipendente dal contesto internazionale. «È effettivamente una caratteristica assai radicata a livello politico», commenta Dante Martinelli, ambasciatore elvetico presso le Nazioni Unite a Ginevra.

Una priorità

Dal canto suo, la Confederazione ha unito le forze con l’Unione europea per lottare contro la pena capitale: «Il raggiungimento di questo obiettivo costituisce una delle nostra priorità di politica estera», sottolinea Rudolf Knoblauch, responsabile dei diritti umani presso il Dipartimento federale degli affari esteri.

In quest’ottica, la Svizzera partecipa attivamente ai dibattiti sul tema in seno agli organi internazionali quali le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Inoltre, Berna sostiene varie organizzazioni non governative attive in tale ambito.

Nel mese di dicembre del 2008, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite – appoggiata dall’Unione europea – ha adottato una risoluzione a favore di una moratoria per quanto concerne la pena di morte. La Svizzera ha contribuito direttamente all’elaborazione del testo: «Si tratta di una manifestazione concreta della nostra politica internazionale», commenta Knoblauch.

Futuro prossimo

Dal 24 al 26 febbraio 2010 Ginevra ospiterà il quarto congresso mondiale contro la pena di morte. Nazioni come la Cina e gli Stati Uniti sono convinti che questa sanzione aiuti a combattere il crimine; altri Stati – spiega Knoblauch – prevedono ancora teoricamente la pena di morte, ma non vogliono essere messi all’indice applicandola. A titolo di esempio, il Vietnam tenta di limitare i casi in cui è possibile giustiziare una persona.

Un obiettivo fondamentale della conferenza è la ratifica di un trattato dell’ONU («Second Optional Protocol to the International Covenant on Civil and Political Rights») per l’abolizione della pena capitale. Il documento – l’unico giuridico strumento internazionale che proibisce le esecuzioni – è stato finora firmato da 70 paesi: «È fondamentale che tutti lo approvino», conclude Knoblauch.

Simon Bradley, Ginevra, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte di sabato 10 ottobre, Amnesty International (AI) scenderà in piazza a Zurigo e a Ginevra per richiamare l’attenzione della popolazione su questo scottante problema. Anche le scuole, sensibilizzate da AI, saranno in prima linea.

Nel dicembre 2008, grazie anche alla collaborazione della Svizzera, l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione che stabilisce una moratoria sulla pena di morte.

La Svizzera ospiterà a Ginevra nel febbraio 2010 il quarto congresso contro la pena di morte. Vi parteciperanno un migliaio di diplomatici, esperti e rappresentanti della società civile.

L’incontro – che si tiene ogni tre anni a partire dal 2001 – mira a sensibilizzare, migliorare la collaborazione tra i differenti attori e a mantenere alta la pressione nei confronti dei paesi che non hanno ancora ufficialmente abolito la pena capitale.

La pena di morte in Svizzera è bandita dal codice civile dal 1942, da quello penale militare soltanto dal 1992. L’ultima esecuzione capitale in Svizzera risale al 18 ottobre 1940, quando è stato decapitato un uomo a Sarnen nel canton Obvaldo.

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