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La Svizzera del dopoguerra, fra neutralità e universalità

RDB

Negli anni cruciali del secondo dopoguerra, la personalità del ministro Max Petitpierre lasciò un segno indelebile sulla politica estera svizzera.

L’allora ministro degli esteri, in carica dal 1945 al 1961, ridefinì la neutralità svizzera, uscita screditata dalla seconda guerra mondiale.

Il periodo in cui si affrontarono capitalismo e comunismo, in Svizzera, fra gli storici addetti ai lavori, è comunemente indicato come “era Petitpierre”. Lo statista di Neuchâtel diede la sua impronta al Dipartimento degli affari esteri, che all’epoca si chiamava ancora Dipartimento politico. Petitpierre vi operò una profonda riorganizzazione, creando diverse strutture e servizi che sussistono ancora oggi.

La triade neutralità, solidarietà e universalità

L’ultimo volume pubblicato della collana Documenti diplomatici svizzeri, il 21esimo, concerne gli ultimi anni dell’era Petitpierre (1958-1961) e contiene anche un certo numero di testi destinati ad illustrare il “Petitpierre-pensiero” in materia di relazioni internazionali.

Va riconosciuto allo statista neocastellano il merito di aver promosso in seno al governo federale riflessioni generali sulle principali questioni internazionali e sul ruolo della Svizzera, invece di limitarsi a gestire gli affari correnti.

Petitpierre, la cui politica estera era basata sulla triade neutralità, solidarietà e universalità, riconosceva che la neutralità in senso tradizionale, quella fatta valere verso le potenze europee in funzione difensiva e d’integrazione nazionale, aveva perso gran parte della sua ragion d’essere.

Sul continente, dove si affrontavano il blocco sovietico e l’Europa liberale e democratica, la Svizzera non era neutrale, bensì schierata senza ambiguità nel campo occidentale, pur non aderendo a patti e accordi di sicurezza.

L’offerta dei buoni uffici

Il nostro Paese poteva invece mettere a profitto la sua posizione neutrale sul piano mondiale, proponendo i suoi buoni uffici, promovendo l’aiuto allo sviluppo, ospitando conferenze internazionali e accogliendo la sede di organismi tecnici e umanitari dell’ONU o di altre organizzazioni internazionali.

Proprio negli ultimi anni del mandato di Petitpierre, la Svizzera ottenne un successo rilevante contribuendo alla risoluzione del conflitto tra Francia e Algeria, grazie al supporto tecnico e diplomatico offerto nella preparazione delle trattative e all’ospitalità concessa ai delegati algerini. La vertenza fu risolta con gli accordi di Evian del marzo del 1962.

Svizzera e Terzo Mondo

Anche i rapporti con i paesi del Terzo Mondo che si stavano emancipando dalla dipendenza coloniale, specie sul continente africano, assunsero crescente importanza alla fine degli anni Cinquanta: proprio allora presero avvio, in seno al Dipartimento guidato da Petitpierre, l’aiuto allo sviluppo, la cooperazione tecnica e l’intervento umanitario.

In questi ambiti, la politica voluta da Petitpierre – che ebbe qualche difficoltà a far accettare dal mondo politico e dall’opinione pubblica l’importanza delle relazioni con il Terzo Mondo – esprimeva la solidarietà e l’universalità più che la tradizione di neutralità.

Il dossier europeo

Neutralità in primo piano, invece, nelle questioni europee, un dossier che occupò e preoccupò intorno al 1960 il Consiglio federale e gli ambienti politici ed economici svizzeri. Petitpierre privilegiava la dimensione economica della politica europea e guardò sempre con molta diffidenza le iniziative politiche, compreso il Consiglio d’Europa.

Ma anche in ambito economico, la diplomazia elvetica puntava sulla cooperazione e avversava i progetti d’integrazione che sfociarono nel Trattato di Roma del 1957, precursore della futura Unione europea. Petitpierre si opponeva al dirigismo del Mercato comune e sperava di unire l’Europa occidentale in una grande zona di libero scambio; perciò il nostro paese fu tra i fondatori dell’AELS all’inizio del 1960.

Il responsabile della politica estera elvetica si rendeva però conto che, di fronte all’integrazione europea, la Svizzera si sarebbe trovata in futuro nell’imbarazzante situazione di dover scegliere tra l’attaccamento alla neutralità e l’avvicinamento a un’Europa politica.

La guerra fredda

Leggendo gli oltre 150 documenti presentati in questo volume, ci si rende conto a che punto quegli anni siano stati condizionati dalla Guerra fredda e dall’anticomunismo. I responsabili della politica estera svizzera erano convinti che il comunismo stesse irrimediabilmente guadagnando terreno, soprattutto fuori dell’Europa e che l’URSS stesse superando gli Stati Uniti.

Petitpierre era però un convinto sostenitore di rapporti normali con il blocco sovietico. Egli voleva soprattutto favorire incontri culturali e scientifici con l’Europa comunista, convinto che ciò avrebbe contribuito a diffondere i valori democratici e liberali tra gli intellettuali dei paesi comunisti. Molti politici e gran parte dell’opinione pubblica, ritenevano invece che tali incontri favorissero la diffusione “dell’infezione comunista” anche nel nostro paese.

Rapporti con il comunismo a parte, che è ormai un capitolo storico, si ha l’impressione che i principi e le strategie elaborate allora sotto l’egida di Petitpierre siano ancora oggi i cardini della politica estera federale: forse in mancanza di meglio, o forse perché non si sa come risolvere il dilemma europeo, già intravisto da Petitpierre alla fine degli anni Cinquanta.

swissinfo, Marco Marcacci

Max Petitpierre (1899-1994), originario di Neuchâtel, fu ministro degli esteri dal 1945 al 1961.

Contribuì in modo determinante agli accordi di pace di Evian, tra la Francia e il Fronte nazionale di liberazione dell’Algeria.

Petitpierre è considerato la personalità politica svizzera di maggior prestigio internazionale.

La collana mette a disposizione dei ricercatori e dei professionisti le fonti ufficiali utili per capire la storia della politica estera della Svizzera.

La commissione di edizione comprende alcuni dei più prestigiosi storici svizzeri. Ricercatori provenienti da varie università svizzere lavorano alla scelta, annotazione e pubblicazione di documenti.

Una prima edizione di 15 volumi è già stata pubblicata dal 1979 al 1997 (relativa al periodo 1848-1945). Per il periodo 1945-1961 (detto anche “era Petitpierre” dal nome del Consigliere federale che diresse la diplomazia svizzera durante questo periodo), sono già stati pubblicatisei volumi.

Il volume uscito quest’anno (Zurigo, Chronos Verlag) si concentra sugli ultimi anni trascorsi da Petitpierre alla testa della diplomazia elvetica.

Sui documenti diplomatici svizzeri esiste anche una banca dati elettronica che consente di accedere a un gran numero di documenti. Sono a disposizione anche dei “dossiers tematici” .

Il gruppo di ricerca è divenuto un centro di competenza per la storia della politica estera svizzera.

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