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La speculazione risparmia i vitigni svizzeri

Bolla speculativa o aumento della domanda? Qualunque sia la risposta, l'effetto è lo stesso: il prezzo dei grandi Bordeux è in forte ascesa Reuters

L'aumento della domanda e la speculazione spingono verso l'alto i prezzi dei grandi vini, diventati ormai dei prodotti ricercati nei quali investire. In Svizzera, la produzione locale è finora preservata da questo gioco al rialzo.

«Siamo di fronte a un vero e proprio ‘buzz’», un fenomeno di passaparola, come dice Jacques Perrin, commerciante e critico di vini. Investire nella bevanda preferita da Bacco e speculare sul rialzo dei prezzi è un’attività che può fruttare soldi e appassiona i media.

«Questa però non è la realtà del vino e sarebbe un vero peccato se questo approccio prendesse il sopravvento sul lavoro degli artigiani, sul carattere simbolico e culturale del vino, sulle relazioni al territorio, sul tempo lungo».

Difficile dar torto a questo grande conoscitore del mondo viticolo, secondo cui «non è perché ci si può pagare una cassa di Romanée Conti che si capiscono tutte le sottigliezze e i valori». Detto ciò, investire nel vino è diventato veramente un modo per far fruttare i propri soldi.

Due universitari svizzeri hanno pubblicato un articolo che la scorsa primavera ha fatto il giro del mondo. Basandosi sull’esperienza degli ultimi 15 anni, i due ricercatori sono giunti alla conclusione che includere del vino nel proprio portafoglio fa accrescere le rendite in periodi di alta congiuntura e ridurre i rischi, quindi le perdite, in situazioni di crisi economicia.

«Né gli attentati dell’11 settembre, né lo scoppio della bolla internet, né il boicottaggio dei prodotti francesi dopo l’invasione dell’Iraq hanno avuto un grande impatto sui prezzi dei vini», hanno constatato i due autori dell’articolo.

Del resto, durante la crisi di questi ultimi due anni, le principali azioni americane hanno perso quasi il 50% del loro valore, mentre l’indice del vino creato dai due economisti ha subito un calo inferiore al 20%.

Un mercato difficile

Philippe Masset, uno dei due autori in questione, invita tuttavia a dar prova di prudenza. A livello mondiale il mercato del vino si sta organizzando e professionalizzando, ma rimane comunque poco conosciuto e difficile da capire.

Di conseguenza, anche le somme investite sono difficili da quantificare. Qualche centinaio di milioni di dollari per le case d’asta, che rappresentano la punta di un iceberg che comprende, tra le altre cose, le aste online, che stanno registrando un forte sviluppo, i piccoli annunci, i contatti diretti, i grandi commercianti e i fondi d’investimento.

Difficile anche prevedere fino a che livello saliranno i prezzi dei grandi vini mondiali. L’indice faro del settore, il Liv-ex Fine Wine 100, composto essenzialmente dai grandi Bordeaux, ha registrato una crescita di oltre il 26% quest’anno e nell’ultimo lustro è triplicato.

Un aumento legato alla bolla speculativa (si compera per rivendere più caro)? Oppure si tratta dell’effetto della domanda cinese, indiana e di altre economie emergenti? Philippe Masset non ha una risposta precisa.

Un valore speculativo

Comunque sia, la tendenza è ampiamente diffusa, afferma Jacques Perrin. Da oggetto di consumo e di piacere, «il vino è diventato un prodotto speculativo». L’esplosione dei prezzi constatata per l’annata 2009 dei grandi Bordeaux si ripercuote anche sui grandi vini italiani, spagnoli, americani, australiani o della Borgogna.

Questo effetto traino dovrebbe però solo sfiorare i vini svizzeri, la cui produzione e commercializzazione è in mano principalmente agli artigiani e non ai gruppi finanziari, osserva Jacques Perrin.

Questa situazione fa sì «che esiste un potenziale per un aumento dei prezzi dei vini svizzeri», spiega Philippe Masset, «ma di fatto le tariffe non si muovono». Per contro «la grande differenza di prezzo tra i grandi vini stranieri e quelli svizzeri aiuterà a smerciare più facilmente questi ultimi».

Considerare i grandi ‘crus’ come un investimento finanziario o come un mezzo per finanziare il proprio consumo non è di certo un’idea estranea agli svizzeri. L’approccio «finanziario» tocca però solo marginalmente la produzione locale.

Tutto è venduto

Certi Merlot ticinesi, uno o due Pinot neri grigionesi con uno statuto d’«icona» cercano di aumentare la loro visibilità all’estero e potrebbero far nascere in maniera puntuale qualche movimento speculativo. In generale, però, i vini svizzeri sono risparmiati dal fenomeno, constatano i due conoscitori.

In realtà, la Svizzera esporta meno dell’uno per cento dei suoi vini. L’offerta e la domanda si equilibrano sul mercato interno. In altre parole, al di là di qualche raro appassionato che vuole arricchire la sua cantina, i vini svizzeri sono poco conosciuti a livello internazionale.

«Sono molto meno conosciuti rispetto ad esempio ai vini austriaci o tedeschi», osserva Jacques Perrin. Se non ha una visibilità internazionale, il vino non è abbastanza ricercato e quindi non è oggetto di speculazione.

«Si può osservare una tendenza al rialzo dei prezzi per certi vini che erano sottovalutati, ma il mercato svizzero rimane un mercato di amatori di vino, spiega Jacques Perrin. È un mercato sano, che si basa su una clientela fedele. Nessuno vuole che si insinui la speculazione».

La prossima generazione sarà dello stesso avviso oppure vorrà cercare di confrontare la sua produzione ai grandi vini internazionali? Solo il futuro lo dirà. «Penso che la visibilità dei vini svizzeri crescerà, afferma Philippe Masset. Il loro prezzo dipenderà in fin dei conti dalla volontà dei produttori».

Il prezzo di vendita dei vini bianchi in Svizzera è in media di 9,20 franchi. Per quelli di origine estera è di 7,75 franchi, mentre per quelli svizzeri di 10,05 franchi.

Una bottiglia di vino rosso ha invece un prezzo medio di 9,10 franchi. Quelli esteri costano 8,60 franchi mentre quelli svizzeri 11,60.

I prezzi più elevati per vini prodotti in Svizzera superano di poco i 100 franchi. Per un rosso Castello Luigi, prodotto dalla casa vinicola ticinese Zanini, si devono sborsare 115 franchi.

Il record mondiale è stato stabilito lo scorso mese di maggio. In occasione di una vendita all’asta organizzata a Ginevra, una cassa di sei bottiglie di Hermitage La Chapelle 1961 è stata venduta per 109’250 franchi,

Nel 2009 in Svizzera sono stati bevuti 2,94 milioni di ettolitri di vino (compreso lo spumante), pari a un consumo pro capite di 37,9 litri.

I vini svizzeri rappresentano più di un terzo (1,03 milioni di ettolitri) del consumo totale. Rispetto all’anno precedente è stato registrato un calo del 4,5% per quanto riguarda il consumo di vini svizzeri, mentre per quelli prodotti all’estero vi è stato un aumento dell’1,3%.

La superficie viticola svizzera si estende su circa 14’800 ettari. I principali vitigni sono il Pinot nero, lo Chasselas e il Gamay. Altri, come il Merlot, il Gamaret o il Garanoir, sono in fase ascendente.

(traduzione di Daniele Mariani)

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