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La sorte di Liu Xiaobo non lascia indifferenti

Dopo Stati Uniti e Unione Europea, anche la Svizzera si è aggiunta al coro di critiche che denunciano la condanna a 11 anni di carcere del dissidente cinese Liu Xiaobo decisa da un tribunale di Pechino.

In un processo durato poco più di due ore, al quale i suoi avvocati hanno avuto pochi giorni per prepararsi, Liu Xiaobo, scrittore ed ex professore, già imprigionato per i fatti di Tiananmen, è stato giudicato colpevole di «istigazione alla sovversione dei poteri dello Stato».

Le prove portate contro di lui dall’accusa e accettate in pieno dal Tribunale Intermedio del Popolo numero Uno di Pechino, sono basate sulla firma che ha apposto su sei articoli pubblicati da siti web stranieri e sul manifesto per la democrazia Carta 08.

Il documento critica aspramente il sistema a partito unico e ne propone la sostituzione con un sistema basato sulle elezioni, sulla libertà di associazione e sull’equilibrio tra i poteri dello Stato.

«Il processo e la condanna estremamente pesante di Liu Xiaobo segnano un’ulteriore, grave restrizione della libertà di espressione in Cina», ha dichiarato Navi Pillay, Alto Commissario per i Diritti Umani in un comunicato sul sito web dell’Onu.

Anche Berna ha espresso inquietudine: il Dipartimento federale degli affari esteri si è detto «preoccupato» della condanna e «deplora che le richieste di diplomatici di accedere all’udienza e alla lettura del verdetto non siano state accettate» dalle autorità cinesi.

Gli attivisti per i diritti umani sono concordi nel ritenere che con questa sentenza Pechino abbia voluto mandare un segnale non solo ai dissidenti cinesi, ma anche ai governi di tutto il mondo.

swissinfo.ch e agenzie

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