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La riforma scolastica ostaggio delle elezioni 2011?

Per l'UDC si dovrebbe tornare al sistema scolastico dei nostri nonni. Genitori che accompagnano i bambini al primo giorno di scuola nel 1950. RDB

Dopo l'espulsione dei criminali stranieri, l'Unione democratica di centro continua a dettare l'agenda politica. Il prossimo tema preso di mira è il progetto dell'armonizzazione scolastica. Sia a destra sia a sinistra, le reazioni non si sono fatte attendere.

«Harmos rappresenta un livellamento verso il basso. Significherebbe istituire un sistema educativo alla francese. Se adesso anche noi facciamo la stessa cosa, ci troveremo negli stessi casini in cui si trova la Francia», tuona Oskar Freysinger.

Per il parlamentare dell’Unione democratica di centro (UDC), «la disparità tra i nostri 26 sistemi educativi è concorrenziale e porta a molti vantaggi». Il suo partito spara a salve contro la scuola dei sessantottini e chiede più disciplina, competitività e autorità.

L’accordo sull’armonizzazione della scuola dell’obbligo (Harmos) è stato approvato dall’86% degli svizzeri nel 2006. Finora è stato accettato da 15 cantoni e sarà messo in atto dall’inizio dell’anno scolastico 2015-16. Entro questa data, le regioni linguistiche devono mettersi d’accordo su di un piano di studi comune.

Occupare il centro

Condannando il  «romanticismo sociale e l’egualitarismo accanito» della scuola, l’UDC rifiuta in blocco la scolarizzazione a 4 anni, l’integrazione di portatori di handicap e stranieri, l’insegnamento precoce delle lingue e l’attività a tempo parziale degli insegnanti. Sostenendo il ritorno dei maestri di classe e dei voti, l’UDC ha già vinto il referendum contro Harmos in sette cantoni.

Il partito di Christoph Blocher rifiuta anche il piano di studi svizzero tedesco al quale oppone la propria versione. A inizio novembre 2010, ha richiesto «l’arresto immediato delle riforme e il ritorno all’educazione, alle prestazioni e alla corresponsabilità dei genitori».

Il primo partito svizzero si è espresso a favore di una selezione degli studenti, del numerus clausus per gli studenti stranieri o di classi separate per stranieri e portatori di handicap, ecc. In poche parole, si è mosso a favore di argomenti appartenenti per tradizione ad altri partiti.

Le prossime elezioni nella mira

Con gli occhi puntati alle elezioni federali del 2011, l’UDC cerca di fare della scuola, settore finora di competenza prettamente cantonale, un tema nazionale. Per il politologo Oscar Mazzoleni non si tratta di una mossa improvvisata, ma di un vero e proprio lavoro da professionista.

«La scuola interessa molti perché è un tema a sfondo federale che riguarda molteplici aspetti, dal potere dei cantoni, alla violenza giovanile, alla libertà delle famiglie, ecc.», spiega Oscar Mazzoleni. «Lo scopo dell’UDC è di distanziarsi dagli altri partiti. Il suo ‘anti sessantottismo’ permette al partito di prendere le distanze dalla sinistra, di favorire un certo conservatorismo e di conquistare un elettorato di centro-destra».

E cosa fa la sinistra? Jean-François Steiert ricorda che il «Partito socialista è stato il primo a pubblicare un documento sulla scuola dell’obbligo nel 2008. Ma è stato necessario che l’UDC riprenda il tema per attirare l’attenzione dei media». Il consigliere nazionale friburghese annuncia la pubblicazione in febbraio di un documento complementare sulle priorità della scuola dell’obbligo.

A destra, il «Forum formation» (vicino alle cerchie liberali-radicali e all’economia) ha respinto le affermazioni «erronee» e «infondate» dell’UDC. Ha inoltre deplorato «che nessuno abbia espresso le gravi lacune del testo», in una lettera aperta pubblicata in dicembre per invocare un dibattito costruttivo.

Pericolo di retrocedere

Thomas Meyer definisce le posizioni dell’UDC «una pericolosa retrocessione che assomiglia di più a una reazione di riflesso che a una strategia politica». Il ricercatore dell’Università di Basilea ritiene che i riorientamenti scolastici sono irreversibili e che l’UDC non ha nessuna visione d’insieme.

«Qualsiasi misura, comprese quelle previste da Harmos, che riduca la disparità nel sistema di formazione cantonale, favorisce l’equità e la mobilità scolastica. E secondo me, per questo sono misure positive».

Thomas Meyer effettua uno studio sulla transizione scuola-vita adulta. Lo studio TREE segue circa 6000 giovani che hanno partecipato all’inchiesta PISA 2000 e terminato la scuola dell’obbligo nello stesso anno. Dieci anni dopo, lo specialista è già in grado di affermare che «le conseguenze a lungo termine delle disuguaglianze scolastiche constatate già con lo studio PISA alla fine della scuola dell’obbligo persistono e si traspongono anche nelle carriere scelte dai giovani dopo la scuola dell’obbligo». 

Il problema del livello secondario

«A livello secondario I, le caratteristiche sociali continuano ad avere un effetto molto marcato e il nostro sistema educativo è carente in materia di equità», spiega Meyer. «Anche la mancanza di posti di formazione nel livello secondario II (post obbligatorio) causa una pressione verso il basso, con il rischio che i ‘concorrenti’ più deboli siano quelli obbligati a lottare di più per ottenere un posto di formazione e che corrano più rischi di fallimento».

Il ricercatore basilese ritiene che la radice del problema non è da ricercare nella scuola elementare, «che sostiene l’integrazione e la multiculturalità», ma nella «giungla sconcertante del livello secondario». «Ci sono praticamente due sistemi diversi e non c’è motivo, dal punto di vista internazionale, di separare gli allievi come si fa in Svizzera prima della fine della scuola dell’obbligo e di sfavorire così gli allievi di per sé già deboli», sottolinea.

La cosa più sorprendente, è che l’UDC e gli altri partiti escludono dalla discussione l’organizzazione del ciclo d’orientamento, mentre, in realtà, questi cicli di studio molto segmentati e separati favoriscono in modo sostanziale l’ineguaglianza. Perché una posizione di questo tipo? Thomas Meyer non ha una spiegazione: «Nessuno osa parlarne, è un problema completamente tabù che potrebbe invece essere molto importante in un discorso serio».

L’Unione democratica di centro ritiene che «il degrado serpeggiante del nostro sistema educativo pubblico, in passato basato sulle prestazioni e la pratica, deve essere arrestato. A tale fine, sono indispensabili piani di studio severi e un valutazione chiara e onesta delle prestazioni e del comportamento degli allievi. Occorre mettere fine all”accademizzazione’ crescente della formazione a scapito della formazione professionale».

L’UDC ha lanciato un referendum contro Harmos in otto cantoni. Ad eccezione del cantone di Sciaffusa, il referendum è stato approvato a Lucerna, nei Grigioni, in Turgovia, Nidvaldo, Uri, Zugo e Argovia. Un terzo gruppo ha congelato qualsiasi tipo di adesione: Argovia, Obvaldo e Appenzello interno.

Dal 2011, l’UDC dispone di sei ministri cantonali dell’educazione (Svitto, Argovia, San Gallo, Nidvaldo, Turgovia e Zugo) che faranno anche parte della Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE).

Nel 2009 è stata lanciata l’«iniziativa a favore delle famiglie» volta a sostenere deduzioni fiscali per i genitori che accudiscono i loro figli. La raccolta delle firme sarà avviata tra poco.

Nella Confederazione svizzera, la sovranità in materia scolastica è di competenza dei Cantoni.

I programmi di insegnamento, gli obiettivi di formazione e persino il calendario scolastico, ossia l’alternarsi dei periodi di vacanza con quelli scolastici, differiscono anche notevolmente da un cantone all’altro.

L’Accordo intercantonale sull’armonizzazione della scuola obbligatoria (concordato Harmos) intende armonizzare per la prima volta a livello svizzero parametri chiave come l’età e la durata della scolarizzazione, nonché gli obiettivi di formazione.

Nel 2006, i nuovi articoli costituzionali in materia di formazione sono stati accettati dal popolo svizzero con una maggioranza dell’86% e da tutti i cantoni.

Nel 2007, la Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE) ha approvato l’accordo all’unanimità e ha avviato le procedura di adesione nei diversi cantoni. 

Finora, 15 cantoni (il 76% della popolazione) hanno accettato l’accordo che potrà essere messo in atto all’inizio dell’anno scolastico 2015-2016. 

 

Il concordato prevede 11 anni di scuola, di cui 8 per l’asilo e la scuola elementare a partire dai 4 anni d’età. Inoltre, l’introduzione della prima lingua straniera al 5° anno scolastico (3a classe scuola elementare) e una seconda al più tardi nel 7° (5a classe) di cui una lingua nazionale.

(traduzione e adattamento, Michela Montalbetti)

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