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La realtà oscura delle lesbiche in Italia

Dal 1. gennaio 2007 le coppie omosessuali svizzere possono registrare la loro unione presso gli uffici di stato civile Keystone

Un film proiettato al Festival del cinema omosessuale Pink Apple di Zurigo offre per la prima volta uno sguardo a 360 gradi sul mondo delle lesbiche in Italia. Un'occasione per affrontare un tema tabù che disturba Chiesa e politica.

Parlare di scomode realtà non è mai facile. Affrontare un tema delicato come quello dell’omosessualità, per di più in un paese impregnato dei valori secolari della Chiesa come l’Italia, è ancor più difficile.

Basti pensare che un paio di settimane fa, il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, aveva affermato, sollevando un polverone, che «numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato l’esistenza di una relazione tra omosessualità e pedofilia».

In barba ai pregiudizi, Ilaria Paganelli e Carina Wachsmann hanno realizzato Trukulutru! E il sogno azzurro delle principesse, un film documentario sulla scena lesbica italiana e sul movimento femminista degli ultimi 30 anni.

Di passaggio a Zurigo, dove hanno presentato la loro pellicola al Festival Pink Apple, le due autrici spiegano a swissinfo.ch cosa significhi essere una donna “diversa” nella società di oggi.

swissinfo.ch: L’Italia ci ha abituato, oltre ai film d’autore, agli spaghetti-western, alle commedie di De Sica o agli horror di Dario Argento. Da dove nasce l’idea di parlare di omosessualità e più precisamente di lesbismo?

Ilaria Paganelli: In effetti di film o documentari sull’omosessualità ne sono stati girati pochi. Ci sono alcuni film sui gay, ma il tema della condizione delle lesbiche è stato raramente affrontato.

La nostra non vuole essere una provocazione. Il film nasce semplicemente dal desiderio di informare sui diritti, sulle leggi e sul quotidiano delle lesbiche. Ritengo che in Italia ci sia molta ignoranza in materia.

Per questo, nel film abbiamo voluto raccogliere le testimonianze di persone diverse, appartenenti al mondo della politica, dello spettacolo, della letteratura o della Chiesa Valdese.

swissinfo.ch: Cosa significa essere lesbica in Italia?

I. P.: Da quello che ho visto e sentito durante le riprese mi sono accorta che la situazione in Italia è abbastanza grave. Siamo ancora fermi agli anni ’80, contrariamente ad altri paesi – ad esempio quelli del Nord – dove si sono fatti passi avanti. A livello di diritti, in Italia non è stato ottenuto quasi nulla.

Una spiegazione è da cercare nell’influsso della Chiesa. Molti politici ci hanno detto che avendo il Vaticano “in casa” è molto difficile avanzare. Anche perché la politica italiana è molto sottomessa alla Chiesa.

Carina Wachsmann: In Italia sussiste ancora un’eccessiva chiusura. Vengo dalla Germania, ma vivo da sei anni a Roma. Nel mio paese ci sono personalità conosciute che non hanno avuto timori a parlare pubblicamente della loro omosessualità. In Italia non conosco nessuna donna che ha ammesso ufficialmente di essere lesbica.

swissinfo.ch: Quali sono le difficoltà alle quali è confrontata una coppia di donne che desidera vivere insieme?

I. P: Per ciò che concerne la vita in pubblico, non mi sembra che vi siano problemi particolari: la gente non è disturbata da donne che si tengono per mano o che si baciano.

Se però parliamo di vita comune, dei diritti famigliari o della possibilità di avere dei figli entriamo in una dimensione utopica. Se ad esempio una donna si trova in camera di rianimazione, la compagna non può visitarla senza il consenso della famiglia.

swissinfo.ch: Ci sono state testimonianze o aspetti che vi hanno colpito in modo particolare durante le riprese?

I. P.: Purtroppo non siamo riuscite a filmare una coppia o una donna che si portasse testimone della realtà delle lesbiche. Nessuno ha voluto farsi riprendere. E ciò è sintomatico di quanto sia difficile parlare di questo argomento in Italia.

C. W: È una constatazione amara: molte ragazze riescono a vivere pienamente la loro sessualità, ma quando si tratta di esporsi preferiscono mantenere l’anonimato per paura dei giudizi della famiglia o dei colleghi di lavoro.

swissinfo.ch: Come è cambiata la condizione delle donne omosessuali in Italia negli ultimi 30 anni?

I. P.: Ci sono stati dei tentativi per far evolvere la situazione. A livello di diritti e di leggi non è però cambiato niente.

Una deputata del Partito democratico ha ad esempio presentato tre proposte di legge, in cui si parlava di diritti, di procreazione assistita. Finora, però, non si è fatto nulla.

C. W.: Negli ultimi anni mi è parso di intravvedere alcuni miglioramenti nella società: la donne hanno meno paura a farsi vedere con le proprie partner o a baciarsi in pubblico.

swissinfo.ch: Il vostro documentario è stato proiettato al Festival del film omosessuale di Zurigo. Come hanno reagito gli spettatori?

I. P.: È stato molto apprezzato, anche perché il film offre, credo per la prima volta, uno sguardo sulla situazione in Italia. Molti ci hanno detto che in Italia siamo messi proprio male rispetto al resto dell’Europa! (ride)

L’impressione che ho avuto a Zurigo è che in Svizzera il tema del lesbismo sia affrontato con meno stigmatizzazione, in modo più aperto.

C. W.: Chissà… in futuro gireremo magari anche un film sul lesbismo in Svizzera (ride). Se c’è l’interesse, io sono pronta a mettermi al lavoro!

Luigi Jorio, swissinfo.ch

Ilaria Paganelli (classe 1977) è una regista sarda residente a Roma. Dopo aver lavorato come aiuto regista e fonico, ha presentato il suo primo film (Per Sofia) nel 2009.

Carina Wachsmann (1979), è un’attrice, designer e fotografa di origine tedesca.

Il loro film documentario “Trukulutru! E il sogno azzurro delle principesse” è stato proiettato al Festival del film omosessuale Pink Apple di Zurigo (28 aprile – 6 maggio 2010).

Giunto alla 13. edizione, il Pink Apple presenta quest’anno una settantina di film di 28 paesi.

L’anno scorso è stato seguito da circa 7’300 persone.

Il 1. gennaio 2007 è entrata in vigore in Svizzera la legge federale sull’unione domestica registrata.

La legge, approvata in votazione popolare nel 2005, consente a due persone dello stesso sesso di registrare ufficialmente il loro partenariato presso l’ufficio di stato civile.

In ambito fiscale, ereditario, delle assicurazioni sociali e della previdenza sociale, le coppie omosessuali sono equiparate a quelle eterosessuali.

Due uomini o due donne non possono però adottare un bambino o far ricorso alla procreazione assistita.

Per quanto concerne il diritto degli stranieri e alla cittadinanza svizzera, valgono le stesse condizioni applicate ai coniugi eterosessuali; le coppie registrate non possono tuttavia accedere alla procedura di naturalizzazione agevolata.

Alla fine del 2008, 5’600 persone in Svizzera vivevano in unioni domestiche registrate (Ufficio federale di statistica).

Diversi paesi hanno adottato la soluzione dell’unione registrata. Il primo Stato al mondo a dare la possibilità agli omosessuali di ufficializzare i rapporti di coppia è stato la Danimarca (1989).

In Olanda, Belgio, Spagna, Canada, Sudafrica, Svezia, Norvegia e in alcuni stati americani le coppie omosessuali hanno il diritto di sposarsi.

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