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La Quinta Svizzera si prepara per le elezioni federali

La partecipazione politica della Quinta Svizzera, uno dei temi ricorrenti durante le assemblee del Consiglio degli svizzeri dell'estero swissinfo.ch

I 135'000 espatriati iscritti sui registri elettorali seguiranno da vicino le legislative d’ottobre. L’economia e le relazioni con Bruxelles sono i temi che suscitano maggiore interesse. È quanto emerge dalle voci raccolte durante il Congresso degli svizzeri dell’estero tenutosi recentemente a Lugano.

«Quando ho lasciato la Svizzera nel 1954 non avevo il diritto di voto. Dall’introduzione del suffragio femminile nel 1971, non ho quindi mai perso una sola votazione», ci dice la ‘californiana’ Marianne Richardson.

Al pari della loro connazionale, i delegati dell’Organizzazione degli svizzeri dell’estero (OSE) incontrati a fine agosto a Lugano seguono da vicino la politica nella loro madre patria. Votano per corrispondenza, malgrado condizioni a volte difficili, aspettando la generalizzazione dell’e-voting, promessa per le prossime elezioni del 2015.

Peter Jordi (a New York dal 1963) rimpiange un po’ la sua «Heidiland» e si dice inquieto soprattutto per i problemi causati dal franco forte: «Se la Banca nazionale svizzera non fa nulla, l’economia svizzera rischia di naufragare…».

Libera circolazione

I problemi finanziari possono cambiare la vita degli espatriati – o addirittura i loro rapporti con la Svizzera –, ma soprattutto le relazioni della Confederazione con gli altri Stati europei, osserva Gian Franco Definti (a Milano da 50 anni). «Ho l’impressione che Berna sia alquanto titubante, se non timida, nelle sue relazioni con l’estero, soprattutto con l’Italia, aggiunge questo assicuratore in pensione. Deve trovare un modo adeguato per coabitare con l’Unione Europea e non vedo altre alternative agli accordi bilaterali».

Il tema dei bilaterali fa spesso capolino, anche perché la maggioranza degli espatriati vive in paesi dell’UE. «In qualità di direttore della camera di commercio Svizzera-Polonia, sono felice di constatare che siamo messi su un piede d’uguaglianza. Non sono favorevole all’adesione all’Unione, ma sono molto soddisfatto degli accordi bilaterali», commenta Ulrich Schwendimann.

L’iniziativa contro la libera circolazione lanciata dall’Unione democratica di centro (destra) lo inquieta: «Trovo strana questa inversione di rotta da parte di coloro che sono proprio i più ostili all’UE; mi soprattutto la clausola ‘ghigliottina’, che annullerebbe tutti gli accordi bilaterali».

Daniel Tornare (nato a Lione da genitori emigrati negli anni ‘30) è della stessa opinione: «È vero che Ginevra ha un tasso di criminalità mai visto prima e che non ci sono abbastanza controlli, ma d’altro canto gli svizzeri che vivono nell’UE hanno una grande libertà. Cosa succederà loro se dovessero venirne privati?».

La californiana Marianne Richardson invece ha un avviso diverso: «La mia famiglia vive nella valle di Joux e ogni giorno vede arrivare dei convogli di frontalieri francesi che lavorano nel Giura. È una situazione che mi preoccupa».

«Buoni» e «cattivi» stranieri

Karl Frei (Messico) si scaglia contro «coloro che propongono soluzioni troppo estreme, sapendo che non hanno nessuna probabilità di essere accettate ma che possono per contro attirare i voti di chi ha paura dell’immigrazione». L’immigrazione, appunto, un tema al centro della campagna elettorale dell’UDC, come hanno ben capito gli svizzeri dell’estero.

«La Svizzera è a volte troppo generosa con persone che si dicono perseguitate in patria e certi eccessi hanno suscitato troppa polvere, dando luogo a delle generalizzazioni, prosegue Karl Frei. Bisogna però fare molta attenzione alla propaganda estremista. È vero che la criminalità aumenta ma non bisogna per questo cambiare politica, basterebbe applicarla meglio».

Jean-Rodolphe Lüthi (in California da 32 anni) condivide in parte questo punto di vista. «Vedo i cambiamenti in atto, i graffiti, gli stranieri che ripartono con i tasca le rendite dell’AVS o dell’AI, tutti questi rifugiati che cambiano quel bel quadro che era la Svizzera. Il governo trova che questa situazione sia normale, ma vedo anche svizzeri che non sono ricchi e hanno dei problemi. Vivo negli Stati Uniti e sono contro la discriminazione, ma bisogna pur sempre mantenere l’ordine».

Il gioco dei pronostici

Daniel Tornare si rammarica per i cambiamenti degli ultimi anni, con «l’ascesa folgorante della destra in Austria o in Francia. Fa paura e non bisogna cadere nell’eccesso».

Gian Franco Definti ritiene invece positivi i cambiamenti. «Il dibattito è molto più acceso, e così si possono trovare più soluzioni attraverso la concertazione in parlamento. In precedenza alcuni problemi non venivano nemmeno toccati, mentre ora sono affrontati e risolti. In passato partiti tradizionali di centro – quello liberale radicale (PLR) e quello popolare democratico (PPD) – avevano troppo potere, mentre adesso la politica si è allargata ad altri partiti».

Pierino Lardi (in Venezuela da 8 anni) trova dal canto suo che questi cambiamenti facciano parte della democrazia diretta. «Secondo me, l’evoluzione degli ultimi anni è temporanea, poiché influenzata dagli avvenimenti. L’UDC ne ha tratto profitto per alimentare il suo populismo, ma dubito che riuscirà a continuare a progredire in ottobre».

Johann Dähler (che vive in Costa Rica, dove ha creato una sezione dell’UDC) reputa invece che il suo partito guadagnerà ancora terreno. «Non perché è migliore, ma perché è l’unico ad aver capito cosa vuole il popolo».

Gian Franco Definti prevede da parte sua un leggero calo del PLR e del PPD, una stagnazione della sinistra e una piccola progressione dell’UDC. «In ogni caso non prevedo grandi sconvolgimenti. Vi saranno sempre due Camere che funzionano abbastanza bene, con – ne sono certo – personalità all’altezza», conclude.

La speranza di Pierino Lardi è che «i partiti tradizionali di centro riescano a recuperare un po’ del terreno perso quattro anni fa». Un auspicio espresso anche da Ulrich Schwedimann, che si rammarica per l’erosione del centro. «Per fortuna, in Svizzera le conseguenze di questa evoluzione non sono così radicali, poiché si continua a ricercare il consenso. Detto ciò, non mi aspetto proprio una rivoluzione», conclude ridendo.

Gli svizzeri dell’estero possono prendere parte dal 1977 a votazioni ed elezioni federali.
 
Dal 1992 la Confederazione concede ai cittadini svizzeri residenti all’estero il diritto di voto per corrispondenza a livello federale.
 
Per poter partecipare alle votazioni e alle elezioni federali, gli svizzeri all’estero devono essere immatricolati nella rappresentanza elvetica nel paese di residenza e iscriversi in un registro elettorale di un comune della Confederazione.
 
Dal 1992 ad oggi la partecipazione politica della Quinta Svizzera è aumentata costantemente. Alla fine del 2010, nei registri elettorali erano iscritti 135’877 svizzeri dell’estero. 

Alle ultime elezioni federali del 2007, si erano candidati per l’elezione alla Camera del popolo 44 connazionali dell’estero. Nessuno di loro è però riuscito a farsi eleggere.

Per le elezioni federali di ottobre vi sono in lizza numerosi svizzeri dell’estero.

L’Unione democratica di centro presenta 50 candidati su 8 liste elettorali nei cantoni di Argovia, Basilea Città, Ginevra, Grigioni, Sciaffusa, Soletta, Svitto e Zurigo.

Il Partito socialista 14 candidati su tre liste nei cantoni di Ginevra, Sciaffusa e Zurigo.

Il Partito ecologista sei candidati su una lista speciale nel canton Ginevra.

Il Partito popolare democratico quattro candidati nel canton Ginevra.

Il Partito liberale radicale tre candidati, inseriti nelle normali liste del partito, a Basilea Città, Berna e Zurigo.

Traduzione di Daniele Mariani

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