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La Quinta Svizzera per il passaporto biometrico

Keystone

Il passaporto biometrico è stato al centro dei dibattiti del Consiglio degli svizzeri all'estero (CSE), riunito sabato a Berna. Il parlamento della Quinta Svizzera ha deciso di sostenere questo oggetto, in votazione federale il 17 maggio. Il CSE si è inoltre indignato per il taglio finanziario per la Schweizer Revue.

Al termine di un animato dibattito, i delegati del CSE hanno deciso di raccomandare il sì all’introduzione di dati biometrici registrati elettronicamente sul passaporto, con 43 voti contro 16. Un esito tutt’altro che scontato durante la lunga e controversa discussione sull’argomento. Le voci critiche che si sono levate durante il dibattito, infatti, erano in netta maggioranza.

Secondo alcuni delegati, le condizioni imposte per l’entrata negli Stati Uniti sono “un pozzo senza fondo” e rappresentano semplicemente una fase intermedia verso “la sorveglianza totale degli stranieri che viaggiano negli USA”.

“Chi dice ancora che i passaporti biometrici sono sicuri contro le contraffazioni, vive in un altro mondo”, ha affermato un delegato, ricordando come degli hacker siano riusciti a penetrare in banche di dati provviste sistemi di sicurezza di alto livello.

“Avete tutti telefonini e carte di credito. Il vostro supermercato sa cosa comperate, quando fate una dieta. Veniamo schedati in permanenza. Perciò non mi disturba se tramite il mio passaporto si può sapere immediatamente come mi chiamo e quando sono nata”, ha osservato una delegata.

Banca dati contestata

Il dibattito fra i delegati è stato preceduto dall’intervento di due deputati alla Camera del popolo che hanno esposto le loro opposte posizioni sull’argomento. Il socialista ginevrino Carlo Sommaruga ha stigamatizzato la registrazione dei dati biometrici (impronte digitali, immagine del volto) in una banca di dati. Quest’ultima non è parte integrante dell’accordo di Schengen, ha sottolineato il parlamentare. Perciò Sommaruga ha esortato a mettere un no nelle urne il 17 maggio, affinché governo e parlamento svizzeri siano poi costretti a elaborare un’altra legge, senza banca dati.

Sul fronte opposto, la democristiana friburghese Thérèse Meyer-Kaelin, che ha messo in guardia contro le conseguenze di un rifiuto popolare. Se nella votazione federale fosse respinto il progetto del governo e del parlamento, verrebbe a cadere l’accordo di Schengen con l’Unione europea, ha affermato la deputata. Ciò avrebbe gravi ripercussioni sulla libertà di movimento dei cittadini elvetici fuori dai confini nazionali e sul turismo in Svizzera, secondo la Meyer-Kaelin.

Anche nelle ambasciate

Alla fine, per la maggioranza del CSE sono prevalsi gli argomenti a favore del passaporto biometrico. Oltre a pronunciarsi a favore di questo oggetto, i delegati hanno anche approvato a larga maggioranza una risoluzione all’attenzione del governo federale. Nel testo, il CSE chiede che le autorità svizzere prendano i provvedimenti necessari affinché le rappresentanze elvetiche all’estero siano attrezzate per poter rilasciare i passaporti biometrici.

“Contiamo sul fatto che i passaporti biometrici siano ottenibili in tutte le ambasciate e i consolati”, ha sottolineato il membro del comitato del CSE Roberto Engeler.

Rovescio per gli espatriati

Il CSE ha quindi affrontato la spinosa questione della decurtazione di mezzo milione di franchi del credito per la Schweizer Revue, ossia l’organo ufficiale d’informazione della diaspora, proposta dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e avallata dal parlamento lo scorso dicembre. “Ciò rappresenta un duro contraccolpo per la politica degli svizzeri dell’estero”, ha lamentato il presidente del CSE Jacques-Simon Eggly. “Ma non solo: ciò fa torto al Paese”.

L’ex deputato liberale ginevrino si è detto amareggiato soprattutto per le argomentazioni con cui il DFAE ha presentato ai parlamentari il taglio, in modo da renderlo accettabile. “Al parlamento è stato detto che la riduzione non avrebbe comportato alcuno smantellamento delle prestazioni. Non è semplicemente vero”.

In seguito alla restrizione finanziaria, la Rivista Svizzera viene ora pubblicata solo quattro volte all’anno invece di sei. D’altra parte seimila svizzeri all’estero hanno rinunciato a farsi recapitare il periodico, accontentandosi della versione elettronica disponibile su Internet.

“Così risparmiamo l’1,5% della tiratura”, ha spiegato Eggly. “Per poter compensare i 500mila franchi di cui siamo stati privati, circa un terzo” degli espatriati immatricolati in una rappresentanza elvetica all’estero dovrebbe rinunciare all’organo d’informazione che lo lega alla patria.

swissinfo, Andreas Keiser
(Traduzione dal tedesco e adattamento di Sonia Fenazzi)

Alla fine del 2008 c’erano 676’176 svizzeri residenti fuori dalla Confederazione immatricolati nelle ambasciate elvetiche, ossia l’1,2% in più di un anno prima.

Il paese che ospita la comunità elvetica più numerosa (compresi i frontalieri) resta la Francia, con 177’598 svizzeri. Seguono Stati Uniti (74’862), Germania (75’439), Italia (48’147) e Canada (38’200).

Il Consiglio degli svizzeri all’estero (CSE) costituisce una sorta di parlamento della diaspora. È l’interlocutore riconosciuto dalle autorità e rappresenta in patria gli interessi degli svizzeri dell’estero.

Il CSE si riunisce due volte all’anno – in primavera e in estate – nella Confederazione per esaminare i temi politici che riguardano la Quinta Svizzera e far conoscere la posizione di quest’ultima.

È composto di 130 rappresentanti delle comunità svizzere sparse in tutto il mondo e di 40 membri residenti nella Confederazione.

La prossima sessione del CSE è in calendario per l’87° Congresso degli svizzeri, che si svolgerà dal 7 al 9 agosto a Lucerna.

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