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La protezione del clima non deve accrescere la fame

Keystone

I cambiamenti climatici colpiranno soprattutto le popolazioni più povere, che hanno minori responsabilità nel surriscaldamento del pianeta. Con una petizione, tre organizzazioni umanitarie chiedono al governo una politica climatica più incisiva contro le emissioni di CO2 e più solidale verso i paesi del Sud.

“La Dichiarazione universale dei diritti umani ha festeggiato recentemente il suo 60esimo anniversario. Eppure, ancora oggi, non vengono rispettati diversi diritti fondamentali, come quello dell’accesso al cibo: quasi un miliardo di persone patiscono la fame a livello mondiale e ogni anno 6 milioni di bambini sotto i cinque muoiono a causa della denutrizione”, ha ricordato Chiara Simoneschi-Cortesi, presidente del Consiglio nazionale, durante una conferenza stampa tenuta questa settimana a Berna.

“Tra le cause strutturali dei problemi legati alla fame vi sono sempre di più i cambiamenti climatici, le cui conseguenze rischiano di essere disastrose nei prossimi anni per intere popolazioni del Sud”, ha aggiunto la deputata ticinese, presentando la campagna “Proteggendo il clima garantiamo il cibo ovunque”, promossa da Sacrificio quaresimale, Pane per tutti e Essere solidali.

Con una petizione, le tre organizzazioni evangeliche e cattoliche invitano il governo a sostenere una politica climatica più efficace ed equa, in vista della Conferenza sul clima di Copenhagen del dicembre prossimo, in cui la comunità internazionale sarà chiamata a concordare un nuovo piano di azione contro il surriscaldamento del pianeta, dopo la scadenza del Protocollo di Koyto nel 2012.

Non a scapito della lotta alla povertà

La petizione, intitolata “Giustizia nei cambiamenti climatici”, sollecita le autorità ad adottare ulteriori misure per ridurre del 40% le emissioni di CO2 in Svizzera entro il 2020. La Confederazione dovrebbe inoltre favorire una diminuzione dei gas ad effetto serra anche all’estero, acquistando certificati di emissione sostenibili dal profilo ecologico e sociale.

Gli strumenti finanziari impiegati per gli interventi nei paesi del Sud non deve andare a detrimento dei fondi destinati ai programmi di aiuto allo sviluppo, chiedono le tre organizzazioni umanitarie. “La protezione del clima non può avvenire a scapito della lotta alla povertà”, ha dichiarato Beat Dietschy, segretario generale di Pane per tutti.

Senza dimenticare che i cambiamenti climatici colpiscono maggiormente le popolazione più povere, ossia proprio coloro che hanno poche responsabilità nel surriscaldamento del pianeta, ha sottolineato Dietschy. In media, ogni africano produce 8 volte meno emissioni di CO2 di un europeo e 18 volte meno di un abitante del Nordamerica.

Scenario apocalittico

Erwin Kräutler, vescovo di Xingu, in Brasile, ha sottolineato la necessità di conciliare protezione del clima e aiuto allo sviluppo, illustrando l’esempio dell’Amazzonia, dove la rapida distruzione della foresta tropicale minaccia non solo le popolazioni indigene, ma rischia di aggravare i problemi climatici mondiali.

“Il disboscamento completo dell’Amazzonia libererebbe più di 120 miliardi di tonnellate di CO2, pari alle emissioni prodotte in tutto il mondo sull’arco di 15 anni. Il rialzo delle temperature nel bacino amazzonico provocherebbe un riscaldamento dell’Atlantico, un aumento dei cicloni nell’America centrale e settentrionale, nonché una riduzione delle precipitazioni nei granai dell’India, dell’Australi e degli Stati uniti”, ha avvertito Erwin Kräutler.

Uno scenario apocalittico che rischia di concretizzarsi già tra pochi decenni: se lo sfruttamento incontrollato della superficie boschiva dovesse continuare di questo passo, la foresta tropicale scomparirà entro il 2050. Questo processo è stato addirittura accelerato negli ultimi anni, con l’incremento della produzione di etanolo, estratto dalla canna da zucchero e impiegato quale carburante, ha sottolineato il vescovo di Xingu.

Mettere ordine a casa propria

“Per lottare contro i cambiamenti climatici i paesi industrializzati devono innanzitutto mettere ordine a casa propria, riducendo le emissioni di gas ad effetto serra. E ognuno di noi può dare un contributo, cambiando il proprio modo di vivere e di consumare”, ha dichiarato Beat Dietschy. “Nel contempo dobbiamo concretizzare il diritto dei poveri allo sviluppo e aiutarli ad adattarsi alle conseguenze del riscaldamento climatico”.

Per fare questo le tre organizzazioni umanitarie cristiane hanno creato un fondo speciale per il clima, destinato a finanziare programmi di rimboschimento e di promozione delle energie rinnovabili nei paesi del Sud. Chiara Simoneschi-Cortesi ha inoltre invitato a sostenere l’iniziativa internazionale lanciata dal ministro svizzero dell’ambiente Moritz Leuenberger, che propone di creare un fondo mondiale per le misure di adattamento ai cambiamenti climatici.

“Questo progetto, che permetterebbe di raccogliere quasi 50 miliardi di franchi all’anno, figura tra le opzioni che saranno esaminate in dicembre a Copenhagen, nell’ambito dei negoziati sul futuro regime climatico”, ha ricordato la presidente del Consiglio nazionale.

swissinfo, Armando Mombelli

1992 – Al Vertice mondiale della Terra, tenuto a Rio de Janeiro, viene firmata la prima Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

1997 – L’11 dicembre viene adottato il protocollo di Kyoto, in Giappone, il primo accordo che contiene misure concrete per frenare i cambiamenti climatici tra il 2008 e il 2012.

2007 – Dal 3 al 14 dicembre, sull’isola indonesiana di Bali la 13esima conferenza dell’UNFCCC approva una tabella di marcia per raggiungere un accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, valido dopo il 2012.

2009 – Un nuovo accordo internazionale sul clima dovrebbe venir firmato alla conferenza dell’ONU in programma dal 7 al 18 dicembre a Copenhagen.

Con la firma del Protocollo di Kyoto, la Svizzera si è impegnata a ridurre dell’8% le emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012, rispetto ai valori registrati nel 1990.

Le autorità elvetiche intendono raggiungere questo obbiettivo con una serie di misure, tra cui:

– prelievo dal 2005 di 1,5 centesimi per ogni litro di benzina o diesel importato,

– introduzione dal 2008 di una tassa sul CO2 sui combustibili fossili,

– acquisto di certificati di emissione all’estero,

– agevolazioni fiscali per i carburanti bio,

– programmi di risparmio energetico e di sviluppo di energie rinnovabili.

Se questi provvedimenti non dovessero bastare, come previsto attualmente, una tassa sul CO2 potrebbe venir introdotta anche sui carburanti di origine fossile.

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