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La primavera araba riacciuffa 4 banche svizzere

Quattro banche in Svizzera sono sospettate di avere aiutato ex potentati del Nordafrica a nascondere soldi Keystone

Quattro banche svizzere sono sotto inchiesta: l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari sospetta che abbiano trasgredito le norme di diligenza in relazione a conti di potentati del Nordafrica. Ma alcuni esperti e ONG criticano anche l'operato della stessa FINMA.

La decisione della FINMA di avviare procedimenti amministrativi vincolanti nei confronti di quattro banche interviene al termine delle indagini preliminari su relazioni d’affari con cosiddette persone politicamente esposte (PEP) di Egitto, Tunisia e Libia. Le “verifiche straordinarie” sono state condotte su venti banche per un totale di 29 rapporti di clientela, ha comunicato la FINMA il 10 novembre.

Nei confronti degli ex potentati dei tre paesi, il governo svizzero la scorsa primavera aveva disposto il blocco dei conti bancari. La misura cautelare mirava a garantire il rispetto del diritto internazionale e agevolare eventuali richieste di assistenza giudiziaria dei paesi in questione. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) aveva precisato in maggio che complessivamente erano stati bloccati 830 milioni di franchi.

Nel resoconto delle indagini preliminari, la FINMA precisa che sui 29 rapporti bancari esaminati, 22 sono risultati effettivamente con clienti riconosciuti come PEP. Per 19 di essi “le banche hanno rispettato integralmente le procedure PEP prescritte”.

In quattro casi, invece, sono stati riscontrate “gravi inadempienze” agli obblighi di diligenza. La FINMA ritiene che occorra effettuare approfondimenti ed ha dunque avviato i relativi procedimenti nei confronti dei quattro istituti.

Buoni voti per la maggioranza

L’organo di vigilanza non divulga tuttavia il nome delle banche in questione. Nel comunicato sottolinea inoltre che “la maggior parte delle 20 banche esaminate conosce e adempie in modo corretto ed efficiente i propri obblighi di diligenza in relazione alle PEP. Ciò vale per l’identificazione delle relazioni con le PEP come pure per le ulteriori misure che si impongono per il rispetto degli obblighi di diligenza”.

La FINMA conclude quindi che “non ritiene necessario intervenire a livello della regolamentazione del riciclaggio di denaro”, rilevando anche che “le prescrizioni del diritto svizzero in materia soddisfano e addirittura superano gli standard del Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali (GAFI)”.

 

Il parere dell’organo di vigilanza è ampiamente condiviso dall’Associazione svizzera dei banchieri (ASB), la quale, in una dichiarazione scritta a swissinfo.ch, giudica che il rapporto della FINMA abbia dimostrato che le regole per trattare con le PEP sono in ampiamente rispettate dalle banche.

L’ASB si rallegra che la FINMA consideri sufficienti le disposizioni vigenti. “In singoli casi in cui sono state violate delle regole, le banche dovranno lavorare a stretto contatto con la FINMA per migliorare le loro rispettive procedure”.

La FINMA nel mirino delle critiche

Di avviso completamente diverso è invece l’esperto in materia di restituzione di averi e presidente del consiglio di fondazione del Basel Institute on Governance Mark Pieth. Per le banche che hanno deliberatamente nascosto rapporti con PEP non deve esserci “perdono”, ha detto a swissinfo.ch il professore di diritto penale.

La FINMA afferma che in due casi “sembrerebbe che i rapporti con la clientela non siano stati trattati come relazioni con PEP intenzionalmente, benché fossero state identificate come tali”. Dunque avrebbero “aiutato a nascondere il denaro. E se ciò è il caso devono rispondere di reato penale”, osserva Pieth.

Quanto alle conclusioni dell’organo di vigilanza in merito alla validità delle normative vigenti, lo specialista obietta che “non è una questione di revisione della legge (antiriciclaggio), è una questione di applicazione”. Pieth considera “che sia un po’ strano che la FINMA abbia cominciato le indagini a quel momento. Dovrebbe essere normalmente molto più proattiva. Non può semplicemente stare ad aspettare che scoppi lo scandalo prima di agire”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, una coalizione di sette organizzazioni non governative (ONG) svizzere denuncia in un comunicato il fatto che la FINMA si sia “limitata a esaminare il comportamento delle banche che hanno bloccato e segnalato i fondi sospetti dopo l’ordinanza governativa sul blocco”. Secondo la coalizione, le indagini dell’organo di sorveglianza presenta “gravi lacune”.

Le ONG giudicano inoltre “incomprensibili” le conclusioni della FINMA secondo cui non sono necessarie modifiche delle norme antiriciclaggio e chiedono che invece siano rafforzate.

Ribadendo critiche analoghe, dalle pagine del quotidiano ginevrino Le Courrier, il sociologo Jean Ziegler, autore del celebre libro “La Svizzera lava più bianco”, venerdì ha esortato la FINMA a realmente sanzionare le banche che hanno infranto le norme. “Per esempio revocando loro la licenza o infliggendo loro multe dell’ordine di milioni di franchi”.

L’ex professore dell’università di Ginevra sottolinea le ripercussioni negative delle attività di tali banche sulla piazza finanziaria svizzera. “Berna non si rende assolutamente conto del torto terribile che il riciclaggio del denaro dei dittatori fa all’immagine della Svizzera”.

E per proprio per non recare danno alle banche e agli istituti finanziari che si comportano correttamente, alcuni commentatori della stampa elvetica reclamano i nomi delle quattro “pecore nere”.

In Svizzera dal 1998 per le banche vigono norme di diligenza in relazione ai valori patrimoniali delle persone politicamente esposte (PEP).

Esse state costantemente aggiornate e ora sono parte integrante dell’Ordinanza della FINMA sul riciclaggio di denaro.

Le relazioni d’affari con le PEP non sono vietate, ma in questi casi gli intermediari finanziari sono soggetti a severi obblighi di diligenza ai sensi della Legge sul riciclaggio di denaro (LRD). Essi sono inoltre tenuti a notificare e bloccare i valori patrimoniali in caso di fondato sospetto di provenienza illecita.

La FINMA verifica ogni anno l’ottemperanza di questi obblighi di diligenza da parte delle banche, perlopiù servendosi di società di audit. In caso di violazione degli obblighi di diligenza, la FINMA interviene per assicurare che gli istituti interessati intraprendano tutti gli sforzi necessari per il futuro rispetto delle disposizioni. Nei casi più gravi la FINMA ha la facoltà di applicare delle sanzioni.

Fonte: Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari FINMA.

(contributi di Sophie Douez e Samuel Jaberg)

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