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La passione delle cime

Una cinquantina di appassionati ha potuto coronare un sogno: avere come guide due leggende viventi dell'alpinismo

Myrtha e Roland Forrer sono partiti da Thal, nel canton San Gallo, per coronare un sogno. Quello di avere come guide alpine due leggende viventi dell'alpinismo estremo elvetico: Roger Schäli e Stephan Siegrist, che hanno accompagnato un gruppo di appassionati sulle cime delle Odle.

Bressanone è ancora la cittadina con sede vescovile che nel XVI secolo fungeva da ponte tra l’Italia del Nord e la Germania. Tutto è rimasto intatto: i suoi antichi portici, il Duomo, la bellissima abbazia di Novacella. Insomma, una bomboniera che lascia i turisti a bocca aperta. Per non parlare delle grandi piazze comunicanti che incantano, mentre lo speck la fa da padrone in ogni bancarella. Alle spalle, la Valle Isarco e una ghiottissima cucina tradizionale.

È con questo spirito che i signori Forrer stanno vivendo il preludio del loro incontro con Stephan Siegrist e Roger Schäli. Si lasciano coinvolgere dall’atmosfera dell’International Mountain Summit e non possono credere ai loro occhi quando appaiono Reinhold Messner, mentre passeggia con un libro in mano nella piazza del mercato, o Christoph Hainz che conversa amabilmente con Stephan Siegrist e Roger Schäli sulla preparazione delle escursioni previste nei giorni successivi.

Noi abbiamo appuntamento con i signori Forrer per l’indomani, il giorno dell’escursione. Vogliamo vivere con loro l’emozione di essere tra i cinquanta fortunati che sono riusciti a procurarsi i biglietti per avere come guide i due alpinisti svizzeri.

Roger, ammirato tante volte nei documentari, quando affronta le scalate su ghiaccio nell’Oberland bernese, nonché le salite sulla parete nord dell’Eiger; Stephan, quando supera i passaggi più insidiosi dell’Eiger, senza contare il tris di prime in Antartide insieme ai fratelli Huber.

Sono le 8. Il gruppo è già davanti al Forum di Bressanone. Messi da parte gli sbadigli, si sale sul bus che ci condurrà, tra manti di neve e i colori sgargianti dell’autunno, verso il punto di partenza della nostra camminata: la piccola località di Lazfons a 1’160 metri di altezza. In autobus Siegrist racconta al microfono la sua passione per l’alpinismo, le conquiste di quelle pareti isolate che tanto fanno sognare ad occhi aperti.

Condividere le emozioni

Arriviamo nel piazzale. La neve è già alta 30 centimetri. Myrtha Forrer è subito dietro a Siegrist. Alle loro spalle, Roland Forrer e un gruppo di 40 persone. «Siamo venuti con grande entusiasmo, – dicono i Forrer –, questa escursione ha un significato particolare per noi: 5 anni fa, nostra figlia, quando Siegrist era solo un astro nascente e non un big come adesso, aveva avuto l´occasione di vivere con lui una giornata indimenticabile sul Piz Palü, una cima svizzera che quasi tocca i 4’000 metri» .

«Stephan è un grande avventuriero – racconta Myrtha – e ha una capacità comunicativa fuori dal comune. Roger è più introverso. Abbiamo visto tutte le imprese delle scalate sull’Eiger in televisione. Si è ricordato di nostra figlia e ha ricambiato con i saluti e una lunga chiacchierata con noi» .

«La montagna è anche questo – dice Stephan Siegrist – quando riesci a condividere le emozioni con la gente, i ricordi, la fatica, lo stesso obiettivo comune, anche se si è allenati per resistere a certi dislivelli e a lunghe camminate».

Il valore del tempo

Nel frattempo, il paesaggio diventa sempre più selvaggio fino a sconfinare nei masi e nei pascoli alpini, per poi raggiungere la Croce di Lazfons, presso l’omonimo rifugio. Con il sole il panorama è limpido: il gruppo delle Odle, il gruppo Sella, il massiccio del Sassolungo e in fondo lo spettacolare gruppo del Catinaccio. Dall’altra parte si erge l’Ortles con i suoi 3905 metri.

«È uno spettacolo, quando si riesce a comprendere il valore del tempo per un alpinista, racconta Christoph Hainz, l´altro grande alpinista amico di Siegrist e di Schäli che si è unito al gruppo. Possiamo avere 40 minuti per una arrampicata estrema, ma anche 40 giorni per una spedizione. Tuttavia resta il tempo. Il tempo di ognuno. È con la gestione del proprio tempo che si controlla la paura e si aumenta lo spirito di concentrazione. Non potrebbe essere diversamente se tutte le nostre energie dipendono dal nostro corpo e si riducono a pochi centimetri. A volte, una, due o tre dita, fanno la differenza perché non sono congelate».

Qualcuno arranca, ci si ferma. Si aspetta. Si parte e si arriva tutti insieme. Si condividono le stesse cose. È questo lo spirito di chi vive la natura. È pur vero che tra gli alpinisti provetti c’è stato qualcuno che ha sognato le spedizioni o le grandi imprese che vengono raccontate nei libri, quando il ghiaccio si condensa sulla barba.

Centimetro dopo centimetro

«Ancora oggi, come quarant’anni fa, vado in montagna. Ho anche arrampicato con una certa frequenza prima di sposarmi – ci racconta Roland, mentre conquista centimetri su centimetri nella neve con le due racchette – e oggi come un tempo, vado sull’Alpstein e faccio il percorso classico fino al Säntis. Da almeno 20 anni con Myrtha ho condiviso tutto: la famiglia e la montagna. E per venire a fare l’escursione con Stephan e Roger ci siamo allenati tutta l’estate, sia nella resistenza, che nella camminata. Non posso dimenticare che le grandi decisioni della nostra vita le abbiamo prese sui sentieri, guardando le vette».

Manca poco all’arrivo, dopo 12 chilometri di camminata sulla neve. Spunta, improvvisamente, come un bocciolo nascosto, la cima. La fatica svanisce in attimo. Roger Schäli guarda il panorama estasiato.

«Per me è una giornata bellissima ed è molto stimolante il confronto con la gente. Le domande sono sempre costruttive. Arricchiscono la nostra percezione della vita, aumentano la nostra autostima. È bello condividere la gioia di conquistare qualcosa tutti insieme senza che nessuno si conosca. La montagna rompe gli indugi e si finisce sempre con un bicchiere di vino e il formaggio al rifugio».

Nel frattempo Christoph Hainz, è salito sulla croce di Lazfons. Una nuvola nasconde la sua arrampicata. Sembra un segno del destino. Ci allunghiamo per cercare di vedere un piede, lo scarpone di Hainz. Nulla. A un certo punto sentiamo solo la sua voce. È irradiata di energia che conduce dritti all’ascensione. Ecco qual è la valvola che alimenta il DNA di un alpinista estremo. Centimetro dopo centimetro. È bello pensare che Hainz ha toccato il cielo con un dito dalla croce, mentre noi eravamo ad aspettarlo sulla cima.

Ambra Craighero, Bressanone, swissinfo.ch

Nato il 17 dicembre 1972 a Berna, Stephan Siegrist ha fatto le sue prime esperienze in montagna all’età di 11 anni. A 16 anni ha iniziato a scalare le prime pareti rocciose e a 23 ha ottenuto il diploma di guida di montagna.

La sua prima grande ascensione l’ha compiuta a 20 anni, scalando la parete nord dell’Eiger, montagna sulla quale è salito in seguito ancora 26 volte. Per questo Siegrist è anche soprannominato il “custode dell’Eiger”.

Oltre alle montagne del suo Oberland bernese, Siegrist ha però scalato diverse vette anche nell’Himalaya, in Patagonia e in America del nord.

Nato l’otto agosto 1978 a Sörenberg, nel canton Lucerna, Roger Schäli ha superato a 23 anni l’esame di guida alpina.

Da allora si è concentrato completamente sull’arrampicata e sulle scalate. Nel suo palmarès vanta ad esempio la famosa trilogia della Patagonia, composta da Cerro Torres, Cerro Stanhare e Torre Egger, un traguardo raggiunto da pochi alpinisti al mondo.

Nel 2008, nelle prime sei settimane dell’anno, ha superato le sei grandi pareti nord dell’arco alpino (Eiger, Cervino, Grandes Jorasses, Cima Grande, Pizzo Badile e Petit Dru).

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