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L’Eiger, l’orco che divora chi vi si avvicina troppo

La terrificante scalata della parete nord dell'Eiger al centro del film "Nordwand", di Philipp Stölzl

Basato su un fatto realmente accaduto, il film "Nordwand" porta sul grande schermo una leggendaria e tragica scalata della parete nord dell'Eiger. Girato in parte sul luogo della tragedia, nelle Alpi bernesi, il lungometraggio è coprodotto dalla Svizzera.

Opera seconda del regista tedesco Philipp Stölz, “Nordwand” si inserisce nel solco del cinema spettacolare e d’avventura, che combina in modo avvincente diversi livelli di lettura: politico e storico.

In questo lungometraggio palpitante e coinvolgente nei momenti più drammatici, sentimenti, passioni, brividi e sofferenza si intrecciano e si sviluppano sullo sfondo di un paesaggio mozzafiato, a tratti spettrale, pieno di misteri e leggende scolpiti nella roccia.

La parete Nord dell’Eiger è considerata la scalata che ha maggiormente impegnato alpinisti di tutto il mondo e che nella storia dell’alpinismo ha pure preteso il maggior tributo in vite umane. Sull’Eiger sono state scritte montagne di libri, realizzati diversi documentari e film, tra cui “Assassinio sull’Eiger” (1975), diretto ed interpretato da Clint Eastwood, o il recente “Il risveglio del silenzio”, tratto dall’omonimo libro del famoso alpinista inglese Joe Simpson.

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Ricordi del primo salvataggio sull’Eiger

Questo contenuto è stato pubblicato al Daniel Anker e Rainer Rettner ripercorrono le tappe salienti del drammatico evento nel libro “La tragedia di Corti”, pubblicato nel 2007 e accompagnato dalle fotografie di Albert Winklers.

Di più Ricordi del primo salvataggio sull’Eiger

Una delle epiche tragedie dell’alpinismo

“Nordwand”, una co-produzione tedesca, austriaca e svizzera, rievoca il destino di due alpinisti bavaresi – Toni Kurz e Andi Hinterstoisser – che nell’estate del 1936 decidono di affrontare la parete nord dell’Eiger. Considerata una delle scalate più difficili e piena di imprevisti del massiccio alpino, questa leggendaria e tragica ascensione sarà seguita da diversi giornalisti tra cui Luise – la donna amata da Toni – che lavora per una rivista tedesca.

Toni e Andi sono alpinisti fortissimi e sperimentati, hanno tutto per riuscire. Si mettono in cammino quando il chiaro di luna illumina ancora per poco il cielo, svelando qualche nuvola. Partono pieni di speranze, ma vengono poi stroncati da vicende che non riescono a dominare. La montagna si trasforma in una trappola mortale, sulle cui pareti si infrangono i loro destini. Eppure l’ascesa di Kurz era iniziata bene. Ma dopo la morte dei compagni, era rimasto solo, appeso all’estremità di una corda a lottare per la vita in una delle più orribili circostanze.

Nonostante né Toni Kurz, né Andi Hinterstoisser fossero membri del partito nazionalsocialista, il gerarca nazista Goebbels non esiterà a trasformare i due alpinisti in eroi del Terzo Reich, sfruttando a fini propagandistici la retorica ideologica legata ai miti della montagna.

“Questa montagna è una sfinge”

Noto per avere realizzato numerosi filmati pubblicitari e per essere un appassionato d’opera, Philipp Stölzl non avrebbe mai immaginato di girare un film sull’Eiger se non fosse stato per Boris Schoenfelder, uno dei produttori, che gli ha fatto pervenire la sceneggiatura.

La risposta non si è fatta attendere. “Mi sono subito lasciato prendere dalla storia, dall’intensità drammaturgia, e dall’asprezza che caratterizza la vita degli alpinisti. Ma – sottolinea il regista – c’è un altro aspetto che mi ha interessato moltissimo: lo sfruttamento della dimensione ideologica della montagna”. Il mito del sacrificio, l’idea del fatalismo nelle morti eroiche, erano infatti valori esaltati dal Terzo Reich.

Si sa, nessun film è facile a priori. Non bastano scalette, materiale, efficienza ed organizzazione. Le sorprese, girando un film, ci sono sempre. Anche per Philipp Stölzl che, confrontato con l’Eiger – l’orco delle Alpi bernesi – ha dichiarato: “Questa montagna e come una sfinge” (Sphinx è anche il nome dell’osservatorio utilizzato anche a fini turistici). Simbolo di enigma e misteri, di iniziazione, simbolo connesso alla morte, l’immagine della sfinge si addice bene all’Eiger.

Un film realizzato in condizioni difficili

Talvolta assalito da dubbi del tipo “ma che cosa ci faccio io qui?”, il regista tedesco ha sottolineato come le condizioni meteo hanno influito sulla realizzazione del lungometraggio, costringendo a forzate pause fuori programma. “Per una persona impaziente come me – ha confessato – è semplicemente orribile”.

La temutissima parete nord dell’Eiger – nota per la caduta di sassi e massi e per gli improvvisi e rapidi cambiamenti delle condizioni meteorologiche – si è dunque mostrata al realizzatore in tutta la sua forza. “Bisogna tener presente – ammette Philipp Stölzl – che ogni film ha la sua storia e che la fortuna ha un’importanza maggiore di quanto non si voglia riconoscere. E quando si gira un film in montagna, questa dipendenza è ancora più accentuata”.

La mitica, terrificante, parete nord dell’Eiger, ha fatto tremare e sognare generazioni di alpinisti; ha suscitato speranze, trasformate – purtroppo molte volte – in incubo, in una vera ossessione manifestata nell’immedesimazione del rischio estremo. Questo strano e al tempo stesso viscerale rapporto con la montagna, emerge nello spettacolare film di Stölzl in modo drammatico.

La parete nord dell’Eiger – incantata e stregata al tempo stesso – e la storia di Toni Kurz, quest’anno sono al centro di un altro film, presentato in un altro festival: “Il risveglio del silenzio” (titolo originale “The beckoning silence”). Proiettato lo scorso mese di aprile al Filmfestival di Trento, il film diretto da Louise Osmond si basa sui ricordi dell’alpinista Joe Simpson.

L’alpinista propone una riflessione sull’irresistibile attrazione esercitata dalla parte nord dell’Eiger: “Perennemente ghiacciata, mai toccata dal sole, perfettamente liscia e scivolosa in lunghi tratti, attrae giovani sani, vitali, innamorati della vita e consapevoli del fatto che basta un piccolo errore o uno scherzo del caso a togliergliela”.

Nato in Germania nel 1967, Philipp Stölzl inizia la sua carriera come scenografo teatrale per poi passare alla realizzazione di videoclip (Old Habits Die Hard per Mick Jagger e Rod Stewart, American Pie di Madonna, The World is not Enough per i Garbage, Il Canto di Pavarotti). Prallelamente dirige numerosi film pubblicitari per clienti quali BMW, Sony, The New Yorker e Nokia.

Nel 2000 realizza il suo primo cortometraggio, Morituri Te Salutant, seguito da Baby (2002), lungometraggio drammatico che narra di Alice, un’adolescente tedesca cresciuta col padre che rimane incinta al suo primo rapporto; fuori di sé, il padre ammazza il responsabile, mentre Alice fugge nei Paesi Bassi.

Philipp Stölzl torna poi al suo primo amore firmando allestimenti teatrali e operistici, tra cui il Faust e Benvenuto Cellini. Nordwand è il suo secondo lungometraggio.

Con i suoi 3970 metri, l’Eiger non è una delle cime più alte delle Alpi bernesi, ma di certo la più famosa per la sua parete nord, alta 1800 m. Fu al centro dell’attenzione pubblica in seguito ai drammatici tentativi di scalata della temuta parete nord, nota per la caduta di sassi e per i repentini cambiamenti delle condizioni meteorologiche. L’Eiger, ovvero l’orco, continua ad essere un simbolo nella storia dell’alpinismo.

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