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L’Italia legittima le ambizioni geopolitiche cinesi

La scritta in caratteri occidentali di China
Nella foto d'archivio del 2017, un particolare della mostra allestita a Pechino per i cinque anni di potere del presidente Xi Jinping . Copyright 2017 The Associated Press. All Rights Reserved.

Sulla Belt and Road Initiative (la cosiddetta Nuova Via della Seta) il presidente cinese Xi Jinping si gioca buona parte della sua credibilità politica, interna ed esterna. A venirgli incontro l’Italia che dovrebbe firmare un Memorandum d’intesa che sigla la sua adesione ufficiale al progetto lanciato nel 2013 dal presidente cinese. E non a caso Xi Jinping è atteso a Roma per una visita ufficiale.

LaNuova Via della Setache prende spunto dal nome attribuito alle rotte commerciali che nell’antichità facilitavano gli scambi tra l’impero romano e quello cinese è un progetto che riflette la dimensione e l’interesse crescente della Cina verso i mercati stranieri. 

Quest’iniziativa, promossa dal governo cinese per incentivare lo sviluppo di infrastrutture di trasporto e logistica, ha l’obiettivo dichiarato di migliorare i collegamenti e la cooperazione tra i paesi nell’Eurasia e, oltre a essere un’iniziativa diplomatica improntata sulla globalizzazione, è un progetto economico senza precedenti con importanti conseguenze geopolitiche.

Cerchiamo di capire meglio le implicazioni geopolitiche di questo progetto cinese con Lucrezia Poggetti, ricercatrice al Merics Collegamento esternodi Berlino (Mercator Institute for China Studies).

tvsvizzera.it: Lucrezia Poggetti, perché si dà tanta enfasi alla firma del Memorandum d’intesa con la Cina che sigla l’adesione ufficiale dell’Italia alla Belt and Road Initiative (Bri), la Nuova Via della Seta?

Lucrezia Poggetti: Si dà una certa enfasi all’avvenimento perché, nonostante i promotori italiani – e penso al Ministero per lo sviluppo economico e alla sua Task Force CinaCollegamento esterno – facciano di tutto per far credere che la firma del Memorandum comporti l’apertura di importanti opportunità economiche per l’Italia, si tratta invece di una firma politica.

Per la Cina è molto importante perché ottiene così il riconoscimento ufficiale dell’iniziativa da parte di un membro del G7 nonché paese fondatore dell’Unione europea e terza economia dell’Eurozona. Questo è un riconoscimento importantissimo per il presidente Xi Jinping: verso l’interno per dimostrare al proprio pubblico che la sua iniziativa è molto ben vista all’estero, mentre sappiamo che non è necessariamente così. E anche a livello internazionale dove il sostegno italiano aumenta certamente la reputazione dell’iniziativa.

Un primo piano di Letizia Poggetti
Lucrezia Poggetti Marco Urban / Www.marco-urban.de

La firma del Memorandum sembra dunque non essere quella strategia win-win portata avanti dal governo Conte. L’Italia non guadagnerebbe molto…

I contenuti del Memorandum d’intesa sono trapelati, via stampa, negli scorsi giorni. Come previsto, tutti i testi sono decisamente vaghi. Dicono tutto e niente. Di base non ci sono rassicurazioni concrete come quelle chieste ad esempio dalla Lega, ovvero che l’Italia non diventi semplicemente un terminal dove smerciare i prodotti cinesi, ma che invece la firma d’intesa possa offrire delle opportunità concrete alle aziende italiane, come partecipare alla realizzazione di progetti infrastrutturali. Francamente tutto questo è poco realistico: il documento è molto vago, a livello legale non è vincolante e le rassicurazioni richieste non ci sono.

Va aggiunto che per l’Italia ci sono effettivamente delle opportunità economiche, rappresentate non tanto dal Memorandum d’intesa quanto dagli accordi commerciali che verranno firmati durante la visita di Xi Jinping a Roma. Naturalmente – e Pechino lo ha fatto notare – solo e unicamente se l’Italia firmerà il Memorandum. I vantaggi degli accordi commerciali sono evidenti ma non si tratta di una strategia economica sostenibile a lungo termine.

Lei ha scritto che l’appoggio italiano alla Cina potrebbe mettere in crisi la politica estera dell’Europa nei confronti di Pechino. Si spieghi.

Nel documento strategico del 12 marzo (EU-China, Strategic OutlookCollegamento esterno) sul crescente potere economico e dell’influenza politica della Cina, discusso dai ministri degli affari esteri europei e che dovrebbe essere approvato dal Consiglio europeo in questi giorni, si pone l’accento su un punto preciso: per affrontare le sfide economiche e politiche poste dalla Cina occorre essere uniti: i singoli paesi europei non hanno il potere negoziale per affrontare la Cina da soli. Ora l’Italia ha deciso di muoversi da sola, oltretutto difendendo gli interessi di Pechino a Bruxelles. 

“L’Italia sta difendendo gli interessi cinesi a Bruxelles”

E non è poca cosa se consideriamo il peso dell’Italia in Europa: si tratta pur sempre della terza economia dell’Eurozona e di una delle fondatrice dell’Ue. Un assaggio di questi rischi l’Ue l’ha già avuto durante i negoziati per la creazione di un meccanismo di screening degli investimenti stranieri, che il governo italiano precedente aveva patrocinato insieme a Francia e Germania per difendersi da investimenti predatori cinesi. Nel voto finale per l’entrata in vigore del meccanismo, sostenuto da tutti i Paesi Ue, solo Italia e Regno Unito si sono astenute. Un cambio di direzione dell’Italia che è già evidente. L’Ue dovrà aspettarsi altri episodi di questo tipo ora che l’Italia ha promosso questa linea politica amichevole nei confronti della Cina.

Secondo lei la Cina vuole imporre la sua presenza strategica nel Mediterraneo?

La questione degli investimenti nei porti è molto delicata. È vero, l’Italia ha un suo meccanismo di screening degli investimenti stranieri. Perciò per i promotori della firma del Memorandum d’intesa la sicurezza nazionale non è messa in pericolo. Bisogna però ricordarsi che attraverso la Belt and Road Initiative , la Cina sta cercando accessi ai porti a livello globale e non solo in Europa.

“L’Italia dovrebbe coordinare gli investimenti cinesi con USA e Nato, ne va della sicurezza di tutti”

L’Italia dovrebbe coordinare questo tipo di investimenti in modo trasparente con gli Stati Uniti e la Nato Collegamento esternoperché sappiamo che a lungo termine la Cina ha un piano di integrazione militare civile per cui una volta avuto accesso ai porti, europei e non solo, Pechino svolgerà le sue attività. Non sono contraria a priori agli investimenti cinesi però è necessario valutare i rischi e coordinarsi con gli altri paesi dell’Ue, con gli Stati Uniti e la Nato visto che ne va anche della loro sicurezza.

Possiamo affermare che l’Italia ha un’ottica economica e non geopolitica sugli investimenti cinesi?

Penso proprio di sì. C’è voluto un articolo del Financial Times, che ha riportato le critiche degli Stati Uniti – in particolare ha reso attenti sulle implicazioni (geo-)politiche dell’adesione alla Belt and Road Initiative – per aprire gli occhi agli italiani e lanciare finalmente un dibattito politico sul tema. Nel frattempo è vero, tutte le forze politiche si sono espresse, a favore o contro il Memorandum d’intesa. Il premier Giuseppe Conte ha comunque confermato che l’Italia lo firmerà.

Purtroppo, la discussione sugli investimenti cinesi è stata condotta in zona Cesarini. Negli anni passati non c’è mai stata una vera discussione politica su questo tema. Questa è una realtà che l’Italia condivide con tanti altri paesi europei i quali, come l’Italia, hanno sempre pensato alla Cina come a un attore economico, certo importante, senza però pensare che il suo peso economico si fa sentire anche a livello politico.

Cosa vuole la Cina?

Con “Made in China 2025”, Pechino punta a rinnovare radicalmente la produzione cinese, cambiandone completamente l’immagine. E questo avrà effetti sull’economia di tutto il mondo. L’obiettivo in questo caso è “rubare” la tecnologia occidentale e portarla in Cina. È vero l’Italia, sotto il precedente governo, nel 2012, si è dotata di strumenti (golden powerCollegamento esterno) per difendersi dai paesi stranieri che investono in maniera predatoria nei settori tecnologici. Strumenti rafforzati nel 2017.

Non le sembra che la Cina sia diventato il nemico dell’Occidente come un tempo fu la Russia?

Secondo me no. Però ci sono dei rischi concreti. Se guardiamo la legislazione cinese sulla sicurezza e sull’intelligence nazionale, questa dice che le aziende cinesi, se richiesto dal partito comunista, devono rilasciare informazioni per contribuire alla sicurezza del paese. Quindi i rischi esistono. 

Il governo italiano è credibile agli occhi di Pechino? Oppure Xi Jinping utilizza l’Italia come cavallo di Troia per entrare in Europa?

Per il presidente cinese Xi Jinping, questo governo italiano è facilmente manovrabile. Ma è anche vero che è il governo italiano stesso (grazie soprattutto alle spinte del sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci alla testa della Task Force Cina) ha promosso una linea amichevole con la Cina. Ovviamente a Pechino tutto questo fa sicuramente molto comodo. 

“Per Xi Jinping questo governo italiano è facilmente manovrabile”

C’è però una generale mancanza di informazione. In Italia, come detto, si considera la Cina solo da un punto di vista economico, non la si pensa mai come a un attore geopolitico, con conseguenze anche strategiche. La Cina può tranquillamente volgere a proprio favore questa situazione: Pechino sa tutto di noi mentre noi sappiamo ben poco del suo sistema politico, di come funziona, quali sono le intenzioni che si nascondono, per esempio, dietro alla Belt and Road Initiative…

Quindi io non so come Xi Jinping veda Di Maio o in generale cosa pensi del governo italiano. Sicuramente è molto contento che l’Italia abbia adottato questa linea amichevole nei suoi confronti e che sia pronta anche ad andare contro gli interessi europei e transatlantici per avere rapporti più stretti con Pechino. 

Sotto il governo Berlusconi l’Italia faceva arrabbiare l’Ue per i suoi buoni rapporti con la Russia di Putin, ora per i buoni rapporti con la Cina…

Io mi preoccupo piuttosto dell’aspettativa non realistica di ottenere delle grandi opportunità economiche in cambio della firma del Memorandum, con forti conseguenze geopolitiche. Occorre invece preparare una strategia a lungo termine, sofisticata, che punti per esempio a rafforzare la competitività italiana, la sua industria, avere i giusti meccanismi di difesa e avere il giusto livello di informazioni. Essere in gradi di fare delle scelte ben pensate. Non si deve guardare agli interessi economici di domani ma guardare con lungimiranza alle opportunità e ai rischi che la Cina offre a livello economico e politico.

La Cina da tempo ormai è una potenza mondiale. Non le sembra che le riflessioni e le contromisure giungano un po’ tardi?

In verità l’Europa si è resa conto da tempo che la forza economica cinese porta con sé anche conseguenze politiche. Negli ultimi anni economie in difficoltà come la Grecia, o Paesi vicini politicamente a Pechino come l’Ungheria, hanno talvolta bloccato azioni unitarie Ue verso la Cina su violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale per non irritare il governo di Pechino. Ora l’Italia con la sua strategia, che non è una strategia ma un semplice cercare di farsi amica la Cina per ottenere qualcosa nel breve termine senza però guardare avanti con lungimiranza, rischia di indebolire ulteriormente le politiche europee sulla Cina.

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