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La nuova legge contro il terrorismo minaccia l’attivismo in Svizzera

uomo con una bandiera
Bellinzona, 8 gennaio 2018: manifestazione a sostegno delle Tigri Tamil nel giorno di apertura del processo contro 13 presunti finanziatori del gruppo secessionista delle Tigri per la liberazione dell'Eelam tamil. Ti-press / Alessandro Crinari

Pericolosa, inefficace e poco professionale. La nuova legge svizzera contro il terrorismo è oggetto di dure critiche. Il testo prevede una definizione troppo ampia del terrorismo, che potrebbe mettere in pericolo alcuni attivisti politici, secondo diversi esperti. Si tratta di allarmismo o di timori fondati? Inchiesta.

“Temiamo che la nuova legge sul terrorismo prenda di mira gli attivisti tamil che vivono in Svizzera”, dice Nitharsan*. Nato e cresciuto in Svizzera, vive a Basilea e si batte per l’autodeterminazione della minoranza tamil nello Sri Lanka in seno all’organizzazione di giovani tamil in Svizzera “Phoenix – the Next Generation”.

“Il governo dello Sri Lanka ci considera dei terroristi a causa delle nostre attività politiche”, afferma Nitharsan. L’attivista preferisce non recarsi nel suo Paese d’origine, dove potrebbe essere arrestato in virtù della legge nazionale sulla prevenzione del terrorismo. Questa base giuridica è stata ampliata dopo gli attentati nel giorno della Pasqua cristiana nel 2019, che hanno ucciso quasi 280 persone a Colombo. Le disposizioni sono state criticate dagli attivisti per i diritti umani, i quali temono che possano essere usate per reprimere il dissenso politico.

Da quando sono state adottate le misure di polizia per la lotta al terrorismo (MPT) in votazione popolare, lo scorso 13 giugno, Nitharsan ha il timore che il suo attivismo lo porti ad essere inserito dalla Svizzera in una lista di “potenziali terroristi”. Se queste informazioni venissero condivise con i servizi segreti stranieri, gli attivisti tamil e i loro familiari si ritroverebbero in pericolo. “Le persone che vanno in vacanza nello Sri Lanka, oppure in India o in Malaysia, potrebbero essere arrestate, semplicemente perché hanno dei legami con noi. E in questi Paesi potrebbero essere torturati. Non è come in Svizzera”, dice Nitharsan.

Una legge pericolosa

A prima vista, lo scenario sembra allarmistico. La Svizzera è uno Stato di diritto che si pone come modello in materia di democrazia. È difficile immaginare che un individuo che non ha commesso alcun reato possa essere classificato come potenziale terrorista.

Ma i timori degli attivisti tamil sono condivisi dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer. “Mi occupo di questi casi tutti i giorni”, dice. “Periodicamente, delle persone spariscono in Paesi poco rispettosi dei diritti umani, semplicemente perché figuravano su una lista di potenziali terroristi di cui non si conosce nemmeno l’origine”. Melzer cita l’esempio del Pakistan, dove “in media due persone al giorno scompaiono per mano dei servizi di sicurezza”.

È inoltre difficile immaginare che la Confederazione tenga per sé queste informazioni. Il relatore speciale ne è convinto: “Oggigiorno, non si può combattere il terrorismo senza collaborare con altri servizi di sicurezza. Questo tipo di liste viene scambiato. La pratica è persino prevista dalla legge sulle attività informative”.

Una legge poco professionale

Concretamente, la nuova legge consente all’Ufficio federale di polizia (fedpol) di adottare una serie di misure nei confronti di una persona sospettata di rappresentare una minaccia. Permette ad esempio di costringerla a partecipare a dei colloqui, a presentarsi a un’autorità o di essere messa agli arresti domiciliari. L’obiettivo di prevenire attacchi terroristici è senza dubbio lodevole. “Io stesso ho perso dei conoscenti a causa del terrorismo. Non dico che non dobbiamo agire, ma dobbiamo farlo in modo professionale”, afferma Nils Melzer.

Il problema principale è la definizione di terrorismo contenuta nella nuova legge, ovvero le “azioni tendenti a influenzare o a modificare l’ordinamento dello Stato, che si intendono attuare o favorire commettendo o minacciando di commettere gravi reati o propagando paura e timore”.

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In ogni altro Paese del mondo, un terrorista deve avere l’intenzione di commettere un crimine violento per propagare paura per ragioni politiche, spiega Nils Melzer. “In Svizzera, ora si può essere considerati dei “potenziali terroristi” senza avere l’intenzione di commettere alcun crimine. La Confederazione svizzera dispone di una definizione del terrorismo più ampia e più vaga di qualsiasi altro Stato democratico”, deplora il relatore svizzero dell’ONU. Melzer teme persino che dei Paesi dittatoriali si ispirino alla legislazione elvetica. “Stiamo dando un esempio spaventoso”, dice.

Di conseguenza, questa definizione potrebbe inquietare gli attivisti di ogni genere, secondo il relatore speciale. Melzer cita in particolare gli attivisti tamil, curdi, tibetani o ancora le comunità musulmane e i militanti ecologisti.

Le promesse della Confederazione

Durante la campagna che ha preceduto la votazione sulle MPT, la ministra di giustizia e polizia Karin Keller-Sutter aveva assicurato che le misure non sarebbero state applicate agli attivisti. “Per essere un potenziale terrorista, bisogna rappresentare un vero pericolo”, aveva detto in un’intervista al quotidiano Le Temps.

Anche la fedpol vuole essere rassicurante. “Delle opinioni radicali non sono sufficienti per ordinare delle misure di polizia di lotta al terrorismo”, indica il suo portavoce Florian Näf in una risposta scritta a SWI swissinfo.ch. La fedpol garantisce anche che la nuova legge non prevede la compilazione di liste di potenziali terroristi. “È sempre una valutazione caso per caso basata su fatti osservabili”, puntualizza Näf.

Si può infatti presumere che, in quanto Stato democratico, la Svizzera applichi la sua legge antiterrorismo in modo non discriminatorio. Ora esistono però le basi legali per colpire gli attivisti scomodi. Le promesse del governo non convincono Nils Melzer. “All’inizio, la legge sarà certamente applicata in modo ragionevole, ma le autorità cominceranno a sfruttare il margine di manovra di cui dispongono”.

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Il relatore dell’ONU rammenta che l’apparato di repressione è già stato utilizzato dalla Confederazione ancor prima dell’entrata in vigore della legge, con le perquisizioni effettuate alla fine di maggio presso i domicili di alcuni attivisti per clima che avevano incitato alla violazione degli obblighi militari. L’emergenza di una crisi può cambiare la situazione politica e portare ad una più ampia applicazione di questo tipo di legge, ritiene Melzer. “Potremmo immaginare uno scenario in cui la pandemia è all’origine di tensioni e dove gli scettici del coronavirus cominciano a essere considerati dei terroristi”, osserva.

In questo momento, è difficile introdurre delle salvaguardie per prevenire gli abusi. “È estremamente importante introdurre ordinanze che chiariscano e limitino la legge”, dice Melzer, il quale è tuttavia scettico sulla capacità del Consiglio federale di farlo. Il relatore speciale ricorda lo scandalo delle schedature scoppiato nel 1989. La Svizzera aveva scoperto che 900’000 cittadini erano stati messi sotto sorveglianza. Oppure c’è anche il caso più recente di spionaggio globale Crypto. “Questi scandali hanno dimostrato che il governo non sempre sa cosa fanno i servizi segreti e, in passato, non è stato in grado di controllarli come si dovrebbe fare in uno Stato di diritto”, dice Melzer.

L’esempio francese

Anche Frédéric Bernard, professore di diritto pubblico all’Università di Ginevra, crede che la nuova legge rappresenti una minaccia per l’attivismo politico. Il fenomeno è già stato osservato in Francia, sottolinea. “I poteri speciali accordati al governo dopo gli attentati del 2015 a Parigi sono stati utilizzati per mettere agli arresti domiciliari degli attivisti per il clima”, ricorda il professore. È in particolare il caso del militante ambientale Joël Domenjoud, la cui testimonianza è riportata sul sito Internet dell’organizzazione a difesa dei diritti umani Amnesty International.

Amnesty International ritiene inoltre che la legge antiterrorismo svizzera apra la porta all’arbitrarietà. “Le persone rischiano di essere arrestate sulla base di criteri discriminatori”, deplora Nadia Boehlen, portavoce della sezione svizzera dell’ong. La Francia lo ha sperimentato, rammenta: “Sono state soprattutto le comunità arabe e musulmane ad essere prese di mira dalle misure adottate nel quadro dello stato d’emergenza”.

Misure inefficaci

Anche se la legge sembra scendere a compromessi con lo Stato di diritto, c’è qualche speranza che serva a prevenire attacchi terroristici sul territorio svizzero?

Non secondo Nils Melzer, che reputa la legislazione inefficace. Le misure preventive proposte non sono fondamentalmente sbagliate agli occhi del relatore speciale, ma intervengono troppo tardi nel processo di radicalizzazione, poiché il testo stabilisce che possono essere prese unicamente “sulla base di indizi concreti e attuali che una persona costituisce una minaccia terroristica”.

“Non spaventeremmo un terrorista pronto ad agire minacciandolo di metterlo agli arresti domiciliari. Le persone radicalizzate sono pronte a sacrificare la propria vita”, dice Nils Melzer.

*nome noto alla redazione

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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