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La Nobel Shirin Ebadi biasima Calmy-Rey

Per Shirin Ebadi, la visita di Micheline Calmy-Rey in Iran era motivata esclusivamente da interessi commericali Keystone

La Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi stigmatizza il comportamento di Micheline Calmy-Rey nel suo viaggio in Iran. Un paese che viola sempre più i diritti umani, sottolinea.

Shirin Ebadi dirige il Circolo dei difensori dei diritti umani, un’organizzazione non governativa (Ong) illegale in Iran, affiliata alla Federazione internazionale dei diritti umani. L’Ong ha pubblicato il mese scorso un rapporto che denuncia il deterioramento della situazione dei diritti umani e le restrizioni imposte ai media nella Repubblica islamica degli ayatollah.

Di passaggio a Ginevra per l’ottava sessione del Consiglio dei diritti umani, a margine dei lavori dell’ente dell’Onu Shirin Ebadi critica la recente visita a Tehran della ministra svizzera degli affari esteri Micheline Calmy-Rey.

swissinfo: Micheline Calmy-Rey, come pure l’alta commissaria per i diritti umani Louise Arbour, hanno indossato il foulard islamico durante le loro visite in Iran, destando scalpore a livello internazionale. Qual è la sua posizione?

Shirin Ebadi: Per me è indifferente che si coprano il capo con il velo. Mi ha invece deluso l’atteggiamento di Micheline Calmy-Rey nel corso della visita. Lei conosceva la situazione dei diritti umani da noi. Avevo persino avuto l’occasione di discuterne con lei.

Ma sul posto non l’ho sentita una sola volta menzionare la situazione dei diritti umani. Inoltre, Micheline Calmy-Rey non ha voluto incontrare i difensori delle libertà, nemmeno me. L’unica cosa che le interessava erano gli accordi commerciali.

Louise Arbour si è comportata in modo completamente diverso. Sin dal primo giorno ha incontrato rappresentanti della società civile, ha visitato carceri femminili e ha dimostrato che la gente è importante.

swissinfo: Nel vostro primo rapporto avete parlato di degrado dei diritti umani in Iran.

S. E.: In Iran qualsiasi critica è assimilata a “un’azione contro la sicurezza nazionale”. Per questo motivo aumentano gli arresti di giornalisti, studenti, donne. Questa accusa vale anche per una donna che si oppone al fatto che suo marito prenda una seconda moglie.

Invocando “azioni contro la sicurezza nazionale”, sono stati chiusi giornali e sono stati arrestati dei leader bahai (una religione fondata in Persia nel 19° secolo, Ndr.).

L’Iran ha ratificato nel 1975 il patto sui diritti sociali, economici e culturali e quello sui diritti civili e politici che vietano, fra gli altri, le punizioni corporali e degradanti. Ma lo stato continua a praticare le frustate, le amputazioni e le lapidazioni.

Nel 2007, mentre in Cina il numero di esecuzioni capitali è calato del 70%, in Iran è aumentato del 60% rispetto all’anno precedente. Persino il linguaggio blasfemo è punito con la pena di morte.

In Iran l’esecuzione capitale di minorenni è legale. La legge fissa a nove anni per le femmine e a 15 anni per i maschi l’età di responsabilità penale. Attualmente oltre cento ragazzi di meno di 18 anni si trovano nei corridoi della morte.

swissinfo: In Iran, più del 65% degli studenti universitari sono donne. Ciò traduce un’evoluzione dell’insieme della società?

S. E.: In primo luogo ciò significa che da noi le donne sono più istruite degli uomini.
Ci sono state delle riforme del diritto di famiglia, ma sono insufficienti. Per l’affidamento dei figli, la legge è stata modificata a vantaggio della madre. Le mogli maltrattate possono chiedere il divorzio.

Ma le leggi ratificate all’indomani della rivoluzione del 1979, che sono contro la libertà della donna, sono sempre in vigore. Di conseguenza in Iran le donne valgono la metà degli uomini, ad esempio quando si fissano le indennità in caso di incidente oppure nei processi, dove la testimonianza di un uomo vale quella di due donne.

swissinfo: A suo avviso, la sharia – la legge coranica – può restare la base del diritto in Iran?

S. E.: È la volontà del popolo che deve essere la base del diritto. Ma se gli iraniani vogliono la sharia, questa deve essere compatibile con il rispetto delle libertà.

Una corretta lettura della sharia consente di porre fine alle discriminazioni fra uomini e donne, nel rispetto della nostra identità musulmana.

Come si ricorderà, all’inizio della rivoluzione iraniana, i mollah invocavano la legge islamica per rifiutare l’affidamento della tutela dei figli alle donne. Dopo vent’anni di lotte, le autorità hanno riformato questa legge.

Intervista swissinfo/Tribune des droits humains, Carole Vann
(Traduzione dal francese di Sonia Fenazzi)

Micheline Calmy-Rey è stata in visita in Iran il 16 e il 17 marzo. La ministra svizzera degli esteri ha incontrato l’omologo iraniano Manoucher Mottaki e il presidente della Repubblica islamica Mahmoud Ahmadinejad.

L’obiettivo dichiarato era triplice: evocare il dossier nucleare, affrontare la questione dei diritti umani e assistere alla firma di un importante contratto di fornitura di gas fra la società nazionale iraniana e l’Azienda elettrica di Laufenburg (EGL).

Nell’incontro con Mottaki, la responsabile della diplomazia elvetica ha parlato della situazione dei diritti umani. Entrambi hanno convenuto che il dialogo condotto da cinque anni su questa tematica dai due paesi dovrà affrontare questioni concrete. In tale prospettiva una commissione sarà incaricata di prepare il prossimo incontro bilaterale.

I due ministri hanno evocato la pena di morte, in particolare per i minorenni, e le punizioni corporali.

Calmy-Rey ha peraltro criticato la retorica di Tehran nei confronti di Israele. La ministra ha sottolineato che per la Svizzera è inaccettabile che un paese membro dell’Onu neghi il diritto all’esistenza di un altro stato.

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