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La lotta svizzera non ha più segreti per le donne

Ursual Ruch dinnanzi ad alcuni dei suoi trofei swissinfo.ch

Dopo gli uomini, che si sono esibiti in agosto, adesso è il turno delle donne: a Winterthur, nel canton Zurigo, è in programma questa fine settimana il concorso nazionale femminile di lotta svizzera.

Le esibizioni delle donne in questo sport suscitano finora più che altro dei sorrisi da parte dei colleghi maschili. Ma questo atteggiamento non sembra turbare le lottatrici, come spiega la campionessa Ursula Ruch.

Dal cinque anni ai vertici della lotta svizzera, versione femminile, la trentenne Ursula Ruch ha già collezionato numerosi trofei: una buona dozzina di campane, un torello e un maiale. Sono questi i premi tradizionalmente attribuiti ai vincitori e alle vincitrici dei tornei della specialità sportiva elvetica.

Ursula Ruch è cresciuta a Krauchthal, nella regione bernese dell’Emmental, dove lavora attualmente come contadina. Tra qualche anno spera di prendere in mano le redini dell’azienda agricola famigliare.

La campionessa non proviene da una famiglia di lottatori. Fino a pochi anni fa non sapeva neppure che anche le donne potessero competere in uno sport, come questo, considerato tipicamente maschile. Ma, nel 2002, dopo aver visto il suo primo concorso di lotta femminile, è stata immediatamente affascinata da questa disciplina.

Finora, Ursula Ruch è l’unica lottatrice di Krauchthal. “La roccaforte di questo sport si trova nella Svizzera centrale: è lì che risiedono le migliori lottatrici”.

Oltre ad esibirsi nell’arena, la campionessa bernese è diventata presidente della neonata Associazione femminile di lotta svizzera. Tra le sue passioni vi sono inoltre le canzoni folcloristiche, a cominciare dallo yodel. “Sono particolarmente attirata dalle tradizioni svizzere”, confida a swissinfo.

Uno sport per donne robuste

Come per gli uomini, veri e propri armadi in carne e ossa, anche in campo femminile la lotta svizzera non è di certo dominata da figure gracili.

“Le lottatrici sono tutte piuttosto robuste, perfino le ragazze alle prime armi non sono proprio sottopeso. È uno sport alquanto duro, in cui si misurano le proprie forze”, spiega Ursula Ruch.

La volontà delle donne di concorrere anche in questa disciplina sportiva non solleva grande comprensione da parte di molti colleghi maschili. Ai loro occhi, le donne non dovrebbero esibirsi in tal modo. Recentemente, la stessa Ursula Ruch ha ricevuto una lettera di un uomo che definiva le lottatrici delle “vere e proprie oche”, che razzolano per terra.

“Queste reazioni non mi offendono, mi divertono piuttosto”, dichiara la lottatrice di Krauchthal, che non perde un’occasione per invitare i suoi detrattori a seguire dal vivo un torneo femminile.

“Ancora oggi gli uomini cercano spesso di prenderci in giro. Ma si rendono sempre più conto che stiamo compiendo grandi progressi e che disponiamo ormai di buone strutture. E, in fin dei conti, non vogliamo togliere nulla alle loro capacità”, afferma Ursula Ruch.

In ogni caso, la lottatrice non si lascia intimidire dalle osservazioni dei colleghi maschili. Non capisce però perché alcuni di loro vogliano continuamente denigrare le donne, accusandole di “rovinare le tradizioni o di distruggere qualcosa d’altro”.

Tecnica e rispetto

Per Ursula Ruch è evidente che le donne non possano competere fisicamente con gli uomini. “Siamo meno rapide e meno esplosive. Siamo addirittura accusate di lottare al rallentatore”.

La lotta svizzera non è soltanto una questione di muscoli. La tecnica e l’agilità svolgono pure un ruolo molto importante. E poi, non da ultimo, conta anche lo spirito cameratesco, la volontà di duellare senza animosità.

“Alla fine di ogni gara, la vincitrice toglie la segatura di legno e la polvere dalle spalle della contendente sconfitta. È gesto ‘sacro’, che dimostra il rispetto nei confronti dell’avversaria”.

La lotta svizzera viene praticata soprattutto da donne e ragazze di campagna, molto attaccate alle tradizioni e ai costumi nazionali. Da alcuni anni, però, questo sport non appassiona più soltanto le contadine. Ai tornei partecipano sempre più spesso anche impiegate, poliziotte, cameriere o fioraie.

Imparare dagli uomini

Le lottatrici sono ancora dipendenti dagli uomini. I colleghi maschili occupano alcune funzioni nella loro associazione nazionale e fungono spesso da arbitri e allenatori. Lottatrici e lottatori non intendono comunque fondere le loro associazioni.

E non si parla neppure di organizzare tornei misti. “Non ha nessun senso far gareggiare gli uomini contro le donne. Non possiamo concorrere dal profilo fisico”, afferma Ursula Ruch.

Tra gli uomini non mancano infatti alcuni esemplari di lottatori di oltre 2 metri di altezza e di un peso superiore a 100 chilogrammi.

swissinfo, Gaby Ochsenbein, Krauchthal
(traduzione Armando Mombelli)

Il primo torneo di lotta svizzera femminile si è svolto nel 1980 a Aeschi, presso Spiez, nel canton Berna. Vi hanno partecipato 80 donne.

Nel 1992 è stata fondata nella stessa località l’Associazione femminile di lotta svizzera (EFSV). Dal 2006 Ursula Ruch ne ha assunto la presidenza.

Di questa associazione fanno parte oggi 130 lottatrici attive, di cui la metà sono ancora ragazze.

In Svizzera si contano attualmente 7 club di lottatrici.

Un combattimento di lotta svizzera si svolge normalmente in uno solo round della durata di una decina di minuti.

I lottatori infilano sopra i loro abiti dei calzoncini, per facilitare la presa.

Il vincitore deve mettere l’avversario con la schiena a terra, in modo che entrambe le scapole tocchino il suolo, senza lasciare la presa dei pantaloni.

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