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La libera circolazione delle persone dà i numeri

In Ticino la libera circolazione delle persone non ha causato particolari problemi swissinfo.ch

Le cifre parlano chiaro: in Ticino la libera circolazione delle persone non ha inciso in modo negativo sul mercato del lavoro. La temuta pressione sui salari è rimasta circoscritta, ma il Ticino resta comunque una delle realtà più esposte ai problemi.

Dati, commenti e valutazioni sono contenuti nel rapporto “Le trasformazioni nel mercato del lavoro ticinese”, che fa il punto della situazione a sei anni dall’entrata in vigore dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone sottoscritto tra la Svizzera e l’Unione europea.

Le cifre del documento smentiscono le Cassandre a più livelli, a cominciare da un dato incontrovertibile: non c’è stata nessuna invasione di lavoratori esteri (la quota degli stranieri sul totale della popolazione residente è rimasta stabile al 25%).

Il temuto dumping salariale, inoltre, non si è diffuso (risulta anzi positiva la crescita dei salari per il personale meno qualificato) e l’ indiscusso aumento (+ 8,5% nel 2007) dei frontalieri impiegati nelle aziende ticinesi – 40 mila 202 nel 2007 – è piuttosto legato alla crescita economica e non è direttamente imputabile alla libera circolazione delle persone.

Il ruolo delle misure di accompagnamento

Unanime il commento globale dei membri della Commissione Tripartita cantonale (CTC, che riunisce rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici, dei datori e delle datrici di lavoro e dello Stato): le misure di accompagnamento previste dagli accordi bilaterali non solo hanno permesso di intervenire in caso di abusi, ma hanno consentito di portare alla luce situazioni che altrimenti sarebbero rimaste sommerse.

Se sindacati e aziende tracciano un bilancio positivo della libera circolazione, non misconoscono tuttavia l’esistenza di problemi, costantemente monitorati e controllati dalla CTC. Non si possono, in particolare, negare: la diffusione delle agenzie di collocamento che offrono salari particolarmente bassi ai frontalieri e soprattutto alle donne; il fenomeno dei lavoratori temporanei (che lavorano meno di 90 giorni) e le forme di lavoro a cottimo che si credevano scomparse. Tutte realtà concrete, ma isolate a livello di azienda e quindi non settoriali.

“Le misure di accompagnamento, che non esistevano prima della libera circolazione delle persone – ha sottolineato Saverio Lurati, segretario cantonale di UNIA – ci hanno permesso di correggere delle distorsioni del mercato precedenti agli accordi bilaterali. È chiaro, occorre essere sempre più vigili e aumentare i controlli. Ma questo strumento è proprio frutto dell’apertura”.

Aumenta la flessibilità

“Dobbiamo comunque tenere presente che la libera circolazione delle persone – ha precisato Siegfried Alberton, co-autore dello studio e vice direttore dell’Istituto di ricerche economiche – è stata introdotta in una fase di crescita economica, per cui bisognerà capire come reagirà il mercato in una fase economica meno favorevole”. E con la recessione alle porte, si moltiplicheranno inevitabilmente anche le paure.

Dal 1990 al 2006 il Ticino è stato contrassegnato da una dinamica economica – simile a quella nazionale e generalmente in linea con quella della Lombardia – che ha alternato fasi di crescita a fasi di stagnazione. Ma dal 1997 al 2006 il Prodotto interno loro (PIL) del cantone è cresciuto del 2% grazie ad aumento dell’occupazione e della produttività.

Negli ultimi decenni la struttura economica del Ticino non si è sostanzialmente modificata e, a parte qualche eccezione, sono cresciuti tutti i comparti economici come il commercio, l’industria e il settore bancario. Continua però ad aumentare la flessibilità del mercato del lavoro in termini di tempi parziali ed impiego delle donne (sempre però al di sotto delle medie nazionali). Il 41% di tutte le nuove domande di frontalieri sono concesse a donne e oltre il 45% delle donne frontaliere lavora a tempo parziale.

Concorrenza e nuovi bisogni

Il continuo aumento dei lavoratori frontalieri, come spesso conferma il rapporto, non è dunque da imputare direttamente alla liberalizzazione del mercato. Si tratta di un fenomeno di lungo periodo legato alla crescita economica. “La maggior presenza di lavoratori d’oltre confine – evidenziano gli autori – implica tuttavia una maggiore sorveglianza del mercato, soprattutto in quelle attività in cui i lavoratori indigeni sono sempre più esposti alla concorrenza dei frontalieri, come ad esempio il commercio”.

Uno degli effetti più evidenti della libera circolazione delle persone è rappresentato dal continuo aumento dei lavoratori temporanei che esercitano un’attività lucrativa di durata inferiore ai 90 giorni (un terzo di essi opera in Ticino per meno di 40 giorni), il cui accesso al mercato era in precedenza molto limitato. Se nel 2004 in Ticino erano 4’052, nel 2007 hanno raggiunto le 10’408 unità.

Il rapporto ha pure messo in evidenza come il processo di liberalizzazione del mercato del lavoro abbia aperto nuove prospettive di sviluppo, in particolare sul fronte del reperimento di risorse e manodopera in grado di far fronte ai nuovi bisogni scaturiti dall’invecchiamento della popolazione. La libera circolazione potrebbe contribuire, almeno parzialmente, a colmare tali lacune, incrementando l’offerta di lavoro e fornendo nuove figure professionali necessarie a soddisfare tali bisogni.

Se il documento presentato giovedì ha voluto essere rassicurante, è stato anche ricordato che il Ticino rimane uno dei cantoni più esposti alla pressione sui salari e alla concorrenza tra lavoratori indigeni e stranieri. Proprio per questo è stato uno dei primi cantoni in Svizzera a dotarsi di strutture preposte alla sorveglianza del mercato del lavoro. Perché le cifre non sempre dicono tutto.

swissinfo, Françoise Gehring, Bellinzona

La forza lavoro di origine straniera in Ticino rappresenta ora il 44.6% dell’occupazione totale (era il 42.5% nel 2002).

Frontalieri e domiciliati costituiscono il grosso della manodopera estera, rispettivamente con quote del 20% e del 16% nel 2007. Risultano decisamente inferiori le quote dei dimoranti di lungo periodo (6%) e di breve periodo (2%).

Negli ultimi 5 anni gli effettivi degli svizzeri occupati sono aumentati nei rami dell’industria, dei servizi alle imprese, dell’istruzione e della sanità. Hanno invece perso occupati il commercio, i trasporti, le attività finanziarie e l’amministrazione pubblica.

Per quanto concerne i lavoratori stranieri residenti, guadagnano occupati i rami delle costruzioni, dei servizi alle imprese e della sanità, mentre ne perdono l’industria e soprattutto, l’lalberghiero.

Sono soprattutto italiani, seguiti da portoghesi e tedeschi, gli stranieri che scelgono il Ticino quale luogo di residenza e/o lavoro.

La Commissione tripartita del Canton Ticino è stata istituita nel 2000, nel quadro delle misure d’accompagnamento della libera circolazione delle persone. Ha il compito di osservare l’evoluzione del mercato del lavoro, di individuare eventuali abusi e, se necessario, di proporre al Consiglio di Stato o Consiglio federale, l’adozione di determinati provvedimenti.

A sei anni dall’entrata in vigore dell’accordo sulla libera circolazione delle persone, il Centro di osservazione delle dinamiche economiche (CODE) fa il punto della situazione con la pubblicazione “Le trasformazioni nel mercato del lavoro ticinese”. Il documento, che comprende cinque capitoli ed è ricco di grafici e tabelle, è curato da Siegfried Alberton (vicedirettore IRE), Giuliano Guerra e Oscar Gonzalez (collaboratori scientifici IRE).

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