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Nucleare: lacune nella protezione a lungo termine

Operatori della Croce rossa sottoposti a controlli sulle radiazioni nei dintorni di Fukushima. Keystone

In caso di catastrofe in una centrale nucleare svizzera, le autorità sono pronte a intervenire immediatamente. Ma la Svizzera è attrezzata anche per affrontare una contaminazione di lunga durata? Gli esperti sono concordi nel dire che c'è ancora molto da fare.

Fukushima è stato una specie di campanello d’allarme. Dopo l’incidente nucleare in Giappone molti paesi hanno rivisto i loro piani per le emergenze. In Svizzera è stato creato il gruppo di lavoro IDA NOMEX, composto da numerosi esperti di vari rami dell’amministrazione.

La Svizzera è però nove volte più piccola del Giappone. Le piccole dimensioni sono in questo caso un  problema, dice Daniel Storch, collaboratore scientifico della sezione “rischi radiologici” dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).

Il trasferimento di una città, per esempio, non sarebbe tanto facile. “Dovremmo pensare a come decontaminare un’area, piuttosto che dichiararla inaccessibile per anni o decenni”.

Un problema particolare è dato dal fatto che la capitale Berna si trova a soli 13 chilometri dalla centrale atomica di Mühleberg. Tutta la città si trova quindi nella cosiddetta zona 2, dove in caso di incidente grave sono necessarie misure di protezione.

“Per il Consiglio federale e lo stato maggiore di crisi esistono strutture di comando al di fuori di questa zona”, dice Storch. L’evacuazione della popolazione e dell’amministrazione federale avverrebbe invece in base alla situazione concreta al momento dell’incidente.

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Assenza di concetti

Daniel Storch ha fatto parte di IDA NOMEX. Il gruppo di lavoro ha consegnato il suo rapporto finale a metà dell’anno scorso e ha trasferito i suoi compiti di sorveglianza allo stato maggiore di crisi della Confederazione (stato maggiore per gli eventi NBCN).

“Già in precedenza c’era stata una riflessione su molti compiti e attività. Si sapeva che era necessario elaborare un concetto per le misure a medio e lungo termine. Fukushima ha senza dubbio accelerato questo processo”, dice. In Svizzera ci si era preparati molto dettagliatamente a misure a breve termine, ma ancora mancava un concetto per le misure successive, afferma Storch.

Per quel che riguarda l’UFSP, responsabile degli effetti sanitari di una catastrofe naturale, Storch spiega che ci si è interrogati su questioni come il risanamento di aree contaminate, le conseguenze economiche della catastrofe e la protezione della popolazione.

“Prima di tutto bisognerebbe ordinare alla popolazione di rimanere in casa”, afferma Storch. “A dipendenza dell’entità della fuga radioattiva andrebbero prese le pastiglie di iodio. E se ci fosse il tempo si prenderebbe in considerazione anche un’evacuazione”.

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Ritardi nell’attuazione

Per gli ambientalisti di Greenpeace questi piani non sono sufficienti. “Se in Svizzera ci fosse un incidente, probabilmente andrebbe distrutta l’infrastruttura centrale”, dice Stefan Füglister. In nessun altro paese del mondo l’amministrazione centrale si trova nella zona 2 (è il caso di Berna) e il centro economico più importante (Zurigo) ai margini della zona 2.

L’esperto di energia atomica di Greenpeace ha presentato di recente un rapporto dal titolo “Due anni dopo Fukushima: molte nozioni poche azioni”. Füglister ha analizzato con attenzione il lavoro di IDA NOMEX e delle autorità elvetiche.

“La prima reazione della Svizzera al disastro di Fukushima è stata corretta”, sostiene. “Il Consiglio federale ha deciso l’uscita dal nucleare e il parlamento l’ha confermata”. Anche l’Ispettorato federale della sicurezza nucleare ha reagito “abbastanza rapidamente”, individuando le lacune nella sicurezza delle centrali elvetiche.

Dopo la conclusione dei lavori di IDA NOMEX ci si sarebbe però limitati a constatare la necessità di miglioramento, senza predisporre i necessari interventi. “Il dispositivo di protezione in caso di catastrofe nucleare in Svizzera è allo stesso livello di quello giapponese di due anni fa, prima che Fukushima si trasformasse in un incubo”.

Secondo Füglister, la protezione della popolazione non è tra le priorità delle autorità e dei gestori delle centrali. “In Svizzera bisogna ancora imparare la lezione di Fukushima, in modo da poter uscire dal nucleare in sicurezza e con dignità”, si legge in conclusione al suo rapporto.

Zona 1: 3-5 km

La zona 1 comprende la regione intorno all’impianto nucleare nel cui perimetro un’avaria grave può cagionare, per la popolazione, un pericolo che renda necessari provvedimenti di protezione immediati.

Zona 2: fino a 20 km

La zona 2 è contigua alla zona 1 e comprende la regione nel cui perimetro un’avaria grave può cagionare, per la popolazione, un pericolo che renda necessari provvedimenti di protezione.

 

Zona 3: resto della Svizzera

(Fonte: Ordinanza sulla protezione d’emergenza)

“Stiamo lavorando”

“Non siamo impreparati”, risponde Daniel Storch. “Sono già stati elaborati alcuni concetti. Ora bisogna colmare le lacune”. Il gruppo di lavoro ha indicato 56 misure concrete. “Il problema è che non tutte possono esse attuate singolarmente e in parallelo”.

Un tema è per esempio quello dei cosiddetti scenari di riferimento per le prime misure dopo un incidente atomico. Il gruppo di lavoro ha constatato che a Fukushima sono fuoriuscite quantità di materiali radioattivi superiori a quelle considerate in precedenza negli scenari.

Vari uffici della Confederazione stanno attualmente lavorando a un’attualizzazione della legislazione in materia, sottolinea Storch. La maggior parte delle misure riguarda tre ordinanze: l’ordinanza sugli interventi NBCN, l’ordinanza sulla radioprotezione e l’ordinanza sulla protezione d’emergenza.

Per farlo ci vuole del tempo, ammette Storch. “Ma la Confederazione non è inattiva. Si sta lavorando su tutte le misure. Si è formato lo stato maggiore federale NBCN e i vari gruppi di lavoro operano per quanto possibile in parallelo. Si cerca anche di far circolare le informazioni nel miglior modo possibile, affinché le misure individuate da IDA NOMEX siano attuate il più presto possibile”.

Lo Stato maggiore federale NBCN entra in azione in caso di un evento di portata nazionale. Valuta la situazione generale e i possibili sviluppi. Dirige le misure adottate dalla Confederazione per gestire eventi che comportano un aumento della radioattività nonché eventi biologici, chimici e naturali (eventi NBCN). Provvede affinché i provvedimenti dei diversi organi federali e cantonali siano coordinati e, in caso di necessità, prepara le richieste da inoltrare al Consiglio federale.

(Fonte: Centrale nazionale d’allarme)

(Traduzione dal tedesco: Andrea Tognina)

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