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La guerra sblocca i parchi eolici ma le zone ventose sono sature

pala eolica
L'Italia ha compiuto grandi passi in avanti nello sviluppo dell'eolico, ma è ancora lontana da Paesi come la Germania o la Svezia. tvsvizzera

Al pari di altri Paesi europei, l'Italia punta sull'energia eolica per ridurre la sua dipendenza energetica e per favorire la svolta verde. Ma le aree favorevoli per sfruttare il vento cominciano a mancare e le opposizioni crescono.

La cittadina di Troia, immersa nel Tavoliere delle Puglie, in una delle zone più ventose d’Italia, si appresta a ospitare 33 aerogeneratori di grandi dimensioni per la produzione di 122 MW di elettricità. Il Comune, con una lunga tradizione nella coltivazione del grano, ha già sul territorio un tasso molto alto di rinnovabili, con una potenza installata per metro quadro di dieci volte superiore alla media regionale, di 40 volte rispetto la media nazionale. Vaste aree di terreno agricolo sono state convertite in parchi fotovoltaici e il paesaggio, da ogni lato si volga lo sguardo, è circondato da selve di pale eoliche.

L’amministrazione comunale ha fatto ricorso contro il nuovo impianto ma un decreto del Governo del 18 febbraio scorso ha disposto che l’approvvigionamento energetico deve considerarsi prioritario per l’interesse nazionale, sbloccando gli ostacoli burocratici alla sua realizzazione. Italia Nostra, associazione di difesa del paesaggio, ha opposto resistenza per anni al progetto. Il presidente dell’associazione per la sezione di Troia, Leonardo Altobelli, medico in pensione, da decenni combatte per difendere il territorio dal consumo di suolo. L’intera provincia di Troia è ormai satura d’infrastrutture per la produzione di energia, tra pannelli solari e ventole di ogni dimensione.

Fondi europei

Dalla fine del 2021, in previsione di investire i fondi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza, istituito in seguito alla pandemia, il Governo ha sbloccato impianti di energia rinnovabile per una potenza totale di circa 1’400 MW (1,4 GigaWatt). A causa della guerra russa in Ucraina che ha svelato le fragilità della penisola nel settore energetico, l’esecutivo ha accelerato ulteriormente, sbloccando la realizzazione di sei parchi eolici per una potenza di circa 500 MW, derogando a tutti gli ostacoli burocratici dovuti alle opposizioni degli enti locali, delle Soprintendenze, delle associazioni di tutela del paesaggio e, paradossalmente, anche di una parte del mondo ambientalista.

L’Italia si è posta l’obiettivo di raggiungere l’indipendenza energetica da Mosca entro il 2030, un ruolo importante lo avranno le fonti rinnovabili. Annualmente, il Paese importa circa 30 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia, metà di cui saranno sostituiti con il gas proveniente da altri Paesi. I restanti 15 miliardi di metri cubi dovranno essere risparmiati aumentando la produzione energetica nazionale, incrementando tutte le fonti, incluso i combustibili fossili, purché non provengano dalla Russia.

Seppur in ritardo, nell’ultimo decennio l’energia prodotta da fonti rinnovabili è in costante aumento. Il solare fotovoltaico, il biogas e l’eolico, hanno fatto registrare i maggiori tassi di crescita – dati Eurostat – e stanno riducendo il distacco, in termini di quantità di energia prodotta, dalle fonti rinnovabili primarie: i biocombustibili solidi, il geotermico e l’idroelettrico.

Necessari otto GW in più ogni anno

L’eolico, in particolare, registra un incremento sensibile ogni anno, a differenza del fotovoltaico che, salito vertiginosamente dopo il 2010, sta rallentando negli ultimi anni.

Tuttavia, nonostante lo snellimento della burocrazia e lo stanziamento di 80 miliardi di euro, l’obiettivo del Governo di raggiungere l’indipendenza energetica da Mosca entro il 2030 resta un’impresa difficile. Le energie rinnovabili dovrebbero incrementare la potenza installata di otto GW ogni anno.

L’energia eolica è considerata un’opportunità su cui concentrare gli sforzi, vista anche la scarsa produzione italiana rispetto ai Paesi più virtuosi in UE. Nel 2020, i parchi eolici hanno prodotto poco meno di 19 TWh (terawattora), il 30% in meno della Svezia che ha un sesto della popolazione; circa la metà della Francia e un settimo rispetto alla Germania, leader in Europa, che nello stesso anno ha generato 132 TWh di energia elettrica dal vento.

Il divario con la Germania è difficile da colmare per l’Italia, con le zone ventose sature d’impianti in tutto il Paese, se si fa eccezione del mare.

Nella Confederazione la produzione di energia eolica è tra le più basse di tutto il continente europeo. Solo Slovenia e Slovacchia fanno peggio, secondo le statistiche dell’Agenzia internazionale dell’energia.

In Svizzera sono installate una quarantina di turbine eoliche, che producono 140 GWh (0,14 TWh) di elettricità all’anno. Ciò rappresenta il consumo di circa 40’000 economie domestiche. La parte dell’eolico nella produzione totale di energia è di appena lo 0,2%.

A titolo di paragone, in Austria alla fine del 2020 si contavano oltre 1’300 turbine, che permettono di coprire il fabbisogno energetico di 2 milioni di persone.

Recentemente, a Taranto, si è varato il primo parco eolico off-shore del Mediterraneo, ma nonostante sia una soluzione promettente, non tutte le zone costiere sono disposte ad accogliere gli aerogeneratori, nonostante l’impatto visivo sia minimo al confronto delle infrastrutture sulla terra ferma. Nella Riviera romagnola, cittadini, comitati ed enti locali sono insorti contro un secondo progetto che dovrebbe sorgere a una distanza di venti chilometri dalla costa a largo di Rimini.

L’ostacolo dei Nimby, Not In My Back Yard (Non nel mio cortile) che si presenta puntualmente in Italia, a quanto pare vale anche per il mare. Un fardello per lo sviluppo dell’eolico off-shore cui si aggiunge la questione dei maggiori costi di realizzazione.

Tenendo conto delle variabili in gioco, pace o guerra che sia, la strada per l’emancipazione dai combustibili fossili, inclusi quelli provenienti dalla Russia, è ancora lunga e impervia.

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