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La guerra in Ucraina alimenta l’insufficienza di fondi per altre crisi

persone rifugiate in etiopia
Persone in fuga dal conflitto nel Tigray, in Etiopia, aspettano di rifornirsi di acqua nel campo profughi di Umm Rakouba, in Sudan. Copyright 2020 The Associated Press. All Rights Reserved.

Il 1° dicembre l’ONU ha lanciato il suo Appello umanitario per il 2023. Quest'anno, gran parte delle agenzie delle Nazioni Unite ha visto crescere il divario tra bisogni e finanziamenti ricevuti. La guerra in Ucraina è uno dei fattori che alimentano l'insufficienza di fondi, ma non l'unico.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha detto di essersi trovato ad affrontare una mancanza di fondi fuori dal comune per l’anno in corso, in particolare nelle situazioni di crisi prolungata che interessano una parte significativa della popolazione dei/delle richiedenti asilo, e di aver già dovuto ridurre i servizi a disposizione di rifugiati, rifugiate e sfollati e sfollate interni. Nel suo Underfunded ReportCollegamento esterno [Report sui sottofinanziamenti], pubblicato a settembre, ha evidenziato 12 Paesi in cui le sue operazioni non sono finanziate nemmeno al 50%. A fine ottobre ha lanciato un altro appello, affermando di aver bisogno di almeno 700 milioni di dollari (693 milioni di franchi) entro la fine dell’anno, o “la prossima serie di tagli potrebbe rivelarsi catastrofica per le persone bisognose”.

La mancanza di fondi è un problema anche per altre organizzazioni umanitarie dell’ONU.  Un portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) afferma che al 22 di novembre, con l’anno ormai quasi terminato, gli appelli umanitari coordinati dall’ONU hanno ricevuto solo il 46,7% dei fondi necessari per l’intera annata, rispetto a una media del 55% nei tre anni precedenti.

“Chiaramente si tratta di un dato molto allarmante, perché sembra che ci stiamo avviando verso un record di sottofinanziamenti rispetto all’importo globale di cui abbiamo bisogno”, dichiara a SWI swissinfo.ch il portavoce dell’OCHA Jens Laerke. Il problema è che, mentre il divario tra bisogni e fondi cresce, l’ammontare in dollari delle donazioni effettivamente ricevute in realtà è cresciuto. “Il guaio è che i fondi che ci arrivano sono aumentati, ma così anche le richieste di aiuto e non alla stessa velocità. Per cui il divario tra i due continua ad allargarsi”, spiega.

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Al 4 di novembre, gli appelli dell’OCHA finanziati per meno del 50% includevano, tra gli altri, richieste di aiuti umanitari per Siria, Yemen, Somalia, Ciad, Repubblica Democratica del Congo e Sudan, nonché piani di risposta alla crisi delle persone rifugiate per Siria, Venezuela e per la popolazione Rohingya fuggita dal Myanmar in Bangladesh. Gli appelli urgenti vengono lanciati più volte l’anno, a seconda delle necessità. L’OCHA si occupa di coordinare le richieste di aiuti delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni umanitarie, ma segnatamente non del Comitato internazionale della Croce Rossa. I donatori sono perlopiù Governi occidentali, ma sempre più spesso anche donatori e donatrici privati.

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Tagli che vanno a colpire rifugiati e rifugiate

Di fronte alla carenza di fondi, l’UNHCR ha già dovuto effettuare tagli al bilancio. L’Uganda, ad esempio, è uno dei Paesi africani più generosi nell’accogliere persone rifugiate, in particolare quelle provenienti da Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. Oggi si trova ad affrontare un’epidemia di Ebola, malattia spesso fatale, ma l’UNHCR dice di non avere abbastanza denaro per fornirle sapone e kit igienici che aiutino a proteggere rifugiati e rifugiate dal virus.

In Ciad, che ospita rifugiati e rifugiate dal Sudan e dalla Repubblica Centrafricana oltre ai propri sfollati e sfollate interni, l’UNHCR afferma di aver dovuto interrompere le forniture d’acqua ai campi per persone sfollate a causa della mancanza di carburante. In Libano, che ospita soprattutto rifugiati e rifugiate provenienti dalla Siria, l’agenzia ONU afferma che “70’000 famiglie vulnerabili non hanno più accesso ai sussidi dell’UNHCR”. L’Alto Commissariato teme che, se quest’inverno l’assistenza in denaro ai rifugiati e alle rifugiate in Medio Oriente dovesse interrompersi, le famiglie vulnerabili potrebbero congelare o addirittura essere sfrattate dai loro alloggi per non essere riuscite a pagare l’affitto.

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“Sappiamo che è praticamente impossibile ricevere l’intero budget, manca sempre qualcosa”, spiega Olga Sarrado, portavoce dell’UNHCR a Ginevra. “Il problema, quest’anno, è che i 700 milioni di dollari [di cui abbiamo bisogno entro fine dicembre] sono davvero il minimo indispensabile per coprire le esigenze di base”.

Il fattore Ucraina

Tale insufficienza di fondi è dovuta a diverse cause, tra cui gli effetti del Covid-19 e del cambiamento climatico, nonché agli attuali problemi economici di alcuni Paesi occidentali. Secondo gli esperti e le esperte delle Nazioni Unite, però, l’Ucraina è un altro fattore rilevante.

La guerra scatenata dalla Russia ha fatto aumentare il numero di persone costrette a migrazione forzata in tutto il mondo, con milioni di ucraini e ucraine fuggiti in altri Paesi e altri milioni di sfollati e sfollate interni. A ottobre, secondo le Nazioni Unite, i rifugiati e rifugiate ucraini in Europa erano 7,6 milioni, di cui 1,5 milioni soltanto in Polonia. Le necessità, tuttavia, sono aumentate anche altrove, afferma Sarrado dell’UNHCR, mentre la fornitura di aiuti è diventata più costosa a causa dell'”effetto domino” della guerra in Ucraina, che ha fatto salire i prezzi di cibo e carburante. Il FMI prevede che nel 2023 l’inflazione globale aumenterà del 6,6% nelle economie avanzate e del 9,5% nei Paesi in via di sviluppo.

Secondo le stime dell’UNHCR, a metà anno le persone costrette a migrazione forzata in tutto il mondo raggiungeranno i 103 milioniCollegamento esterno, dato che comprende rifugiati e rifugiate, richiedenti asilo e sfollati e sfollate interni. La cifra è aumentata di 13,6 milioni (15%) rispetto alla fine del 2021, in quello che è “il più grande aumento mai registrato tra un anno e l’altro secondo le statistiche dell’UNHCR sulle migrazioni forzate”. Mentre nei primi sei mesi del 2022 la prima fonte di migrazioni forzate è stata l’Ucraina, si è registrato anche un aumento del 21% nel numero di rifugiati e rifugiate dal Venezuela, per lo più in fuga verso la Colombia e altri Paesi dell’America Latina. Ma le migrazioni forzate sono aumentate anche in altre parti del mondo, in particolare in Africa e in Asia.

A fronte di bisogni sempre crescenti, l’UNHCR ha lanciato diversi appelli. “Abbiamo ricevuto più finanziamenti che mai, ma non riusciamo a soddisfare le esigenze del momento”, spiega Sarrado a SWI.

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Crisi prolungate

L’Underfunded Report dell’UNHCR si concentra su 12 Paesi soggetti a “insufficienza di fondi cronica”: Bangladesh, Ciad, Colombia, Etiopia, Iraq, Giordania, Libano, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan, Sudan, Uganda e Yemen.

Sarrado riconosce che spesso l’interesse di donatori e donatrici cala di fronte a crisi prolungate di rifugiati, rifugiate e sfollati e sfollate interni. Tuttavia, aggiunge che in questi 12 Paesi ci sono circa 40 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto, proprio come le cittadine e i cittadini ucraini. “Oltre a loro, anche le comunità dei Paesi che li ospitano hanno bisogno di supporto”, spiega a SWI. “È quindi importante che lo stesso impegno, la stessa compassione e l’empatia che il mondo ha dimostrato nei confronti della popolazione ucraina vengano estesi anche a tutti i rifugiati e rifugiate e alle altre persone che in tutto il mondo hanno dovuto abbandonare la propria casa per sfuggire a conflitti e situazioni di insicurezza”.

“Sembra che ci stiamo avviando verso un record di sottofinanziamenti rispetto all’importo globale di cui abbiamo bisogno.”

Jens Laerke, OCHA

Inoltre, sottolinea che il maggior numero di persone rifugiate che hanno bisogno di protezione internazionale, nel mondo, sono quelle provenienti da Siria, Venezuela e Ucraina, seguiti da Afghanistan, Sudan del Sud e Myanmar. “Quindi, sì, i numeri dell’Ucraina sono notevoli, ma ci sono anche nazionalità più numerose”, afferma.

Secondo lei, solo alcuni piccoli donatori e donatrici hanno legato i loro finanziamenti specificamente alla crisi ucraina. La maggior parte dei Paesi donatori “comprende l’importanza di un finanziamento flessibile”, per cui l’UNHCR può utilizzare circa il 40% dei fondi ricevuti per qualsiasi esigenza ritenuta prioritaria.

La crisi in Ucraina ha portato all’UNHCR dei nuovi donatori e donatrici, in particolare privati, aziende e fondazioni. “[Queste persone] hanno deciso di dare il loro sostegno a rifugiati e rifugiate perché hanno visto cosa stava accadendo in Ucraina”, afferma Sarrado, la quale spera che il loro sostegno prosegua anche nei prossimi anni e che venga esteso ad altre nazionalità o situazioni.

Contabilità creativa

Un altro fattore che incide sulle donazioni è il fatto che alcuni Paesi stanno dirottando parte dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) – cioè aiuti governativi destinati a promuovere lo sviluppo economico e il benessere dei Paesi in via di sviluppo – per coprire i costi interni di accoglienza dei rifugiati e delle rifugiate, in particolare quelli arrivati dall’Ucraina nel 2022. Sebbene siano effettivamente autorizzati a farlo in base alle norme concordate a livello internazionale, sembra che alcuni Paesi siano al limite dello sfruttare questa possibilità oltre il consentito.

Laerke dice che si tratta di una pratica difficile da monitorare, ma che l’OCHA è a conoscenza del fatto che alcuni Paesi, anche scandinavi, utilizzano parte dell’APS per i rifugiati e le rifugiate interni. “Li etichettano come aiuti umanitari ma poi li attribuiscono a sé stessi per accogliere i rifugiati e le rifugiate in arrivo. Noi non siamo d’accordo con questa denominazione di aiuti umanitari, ma è solo la nostra opinione”.

Secondo un recente articolo del GuardianCollegamento esterno, gli esperti e le esperte di sviluppo affermano che il Regno Unito, ad esempio, oggi spende il suo budget per lo sviluppo internazionale più in patria che nei Paesi poveri in via di sviluppo. L’articolo, che cita una ricerca del Centre for Global Development, spiega che una buona parte viene spesa per ospitare i rifugiati e le rifugiate, soprattutto se provenienti dall’Ucraina, e che il Regno Unito è “uno dei pochi Paesi (nonché l’unico del G7) a finanziare tutti i costi dei rifugiati e delle rifugiate ucraini con il suo budget per gli aiuti attuale”.

Quanto alla Svizzera, si prevede che quest’anno la percentuale del suo budget APS utilizzata internamente aumenterà. “In conformità con le regole di rendicontazione del CAS [Comitato di aiuto allo sviluppo dell’OCSE], la Svizzera dichiara come APS anche i costi dell’accoglienza dei richiedenti asilo, delle persone ammesse temporaneamente e dei rifugiati e rifugiate provenienti da Paesi in via di sviluppo durante i primi 12 mesi di permanenza in Svizzera”, si legge sul sito del Governo elveticoCollegamento esterno. Secondo lo stesso sito, nel 2021 questi costi ammontavano al 9% dell’APS svizzero.

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Alla domanda se la Svizzera abbia aumentato i suoi aiuti allo sviluppo nel 2022 in risposta agli appelli per maggiori finanziamenti, il Dipartimento federale degli affari esteri indica che i dati per il 2022 non sono ancora disponibili, “ma prevediamo un aumento dell’APS dovuto alla previsione di aumento dei costi per l’accoglienza dei rifugiati e delle rifugiate in Svizzera (costi dei rifugiati e rifugiate interni al Paese donatore, che sono parzialmente idonei per l’APS)”. Inoltre, ha aggiunto che “il livello dell’APS senza i costi dei rifugiati e rifugiate interni al Paese donatore dovrebbe essere più basso per il 2022, nonostante le risorse finanziarie aggiuntive concesse per affrontare le conseguenze della guerra in Ucraina”.

A cura di Virginie Mangin

Traduzione dall’inglese di Camilla Pieretti

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