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La grande unità tedesca e la piccola Svizzera

Un milione di tedeschi sono scesi in piazza il 3 ottobre 1990 per celebrare la riunificazione della Germania. Keystone

Il 3 ottobre 1990, un anno dopo la caduta del muro di Berlino, il mondo intero assisteva alla riunificazione della Germania. Le conseguenze di questi avvenimenti si sono fatte sentire anche in Svizzera.

«Dal gennaio 1991 vivo nella parte est della Germania: penso di poter essere in grado di stabilire se la gente viva meglio oggi oppure ieri», dice a swissinfo.ch Peter S. Kaul, console onorario svizzero a Dresda.

«Per ciò che riguarda le infrastrutture, gli alloggi e la qualità di vita la situazione attuale è decisamente migliore», afferma con convinzione.

Ciononostante, l’euforia iniziale suscitata dalla riunificazione della Germania ha lasciato il posto a una certa disillusione. Secondo un sondaggio rappresentativo realizzato dall’Istituto Emnid su mandato del governo tedesco, diversi intervistati non hanno notato alcun miglioramento delle condizioni di vita negli ultimi vent’anni.

Inoltre, un tedesco dell’est su quattro è convinto che gli abitanti dell’ex DDR (Repubblica democratica tedesca) se la passavano meglio di oggi.

Per quale motivo l’opinione dei tedeschi dell’est è così negativa? Peter S. Kaul ha una sua spiegazione: «Secondo me rimpiangono la dimensione umana. La società dell’ex DDR era molto più unita, solidale, in risposta anche a una situazione di emergenza. Spesso mancava quasi tutto ed era consuetudine scambiarsi la merce. Oggi, questa vicinanza emotiva tra le persone non c’è più. Nella società moderna bisogna farsi spazio a gomitate, anche se non siamo ai livelli che abbiamo conosciuto nei vecchi Länder tedeschi».

Non sono mai stato un ammiratore dell’ex DDR, confida il deputato socialista al Parlamento svizzero Andreas Gross. «Non era uno Stato di diritto e sono felice che sia caduto».

Secondo Gross, esperto in materia per aver dato lezioni sulla democrazia diretta all’Università di Jena, la riunificazione doveva e poteva essere interpretata come un processo d’integrazione. «Invece, la Germania dell’est è stata annessa da quella dell’ovest, ciò che molti tedeschi dell’est hanno vissuto come un’immeritata umiliazione. Non hanno avuto la possibilità di portare nella nuova Germania le loro conquiste più importanti».

Conseguenze in Svizzera

«La grande Germania sembra spaventare gli svizzeri più della vecchia Repubblica federale tedesca», constata Andreas Gross, facendo riferimento al “grande cantone”, termine con il quale numerosi svizzeri definiscono la Germania.

«La Svizzera ha potuto constatare a sue spese quanto il governo tedesco sia estremamente consapevole delle sue capacità, ad esempio nella questione dell’aeroporto [di Zurigo-Kloten, ndr] e in ambito fiscale».

Negli ultimi due anni, i rapporti tra Berna e Berlino sono stati contrassegnati da profonde divergenze sul tema della fiscalità. Nel mirino del governo tedesco sono in particolare finiti il segreto bancario elvetico e gli attraenti modelli di tassazione applicati da alcuni cantoni nei confronti di cittadini e aziende straniere. Tensioni che si sono poi recentemente appianate.

Timori uguali, mentalità simile

«Molti svizzeri – prosegue Gross – non si sono resi conto che anche i tedeschi dell’est mal digerivano, come loro, l’arroganza di una parte dell’elite della Germania dell’ovest». Un sentimento condiviso che spiega la buona immagine di cui godono gli svizzeri nelle regioni orientali della Germania.

Anche Peter S. Kaul è dell’idea che gli abitanti della Sassonia siano, per molti aspetti, simili agli svizzeri. «Non sono così sicuri di sé come molta gente nella vecchia Germania dell’ovest. Guardano le cose con distacco e agiscono con pragmatismo».

A contribuire alla buona reputazione della Svizzera in questa zona della Germania, aggiunge il console onorario, sono poi gli imprenditori elvetici, che grazie ai loro investimenti hanno creato posti di lavoro. «Questo ha contribuito al rilancio dell’economia».

Da parte loro, gli imprenditori svizzeri che si sono installati nelle regioni orientali dopo la riunificazione hanno potuto approfittare della chiusura di diverse aziende statali: reclutare manodopera altamente qualificata non è stato difficile.

Pure gli svizzeri, prosegue Karl, potrebbero a loro volta beneficiare degli imprenditori tedeschi dell’est, abituati a lavorare in situazioni di crisi. «Qui si lavora duramente e la gente è consapevole che non si può avere successo senza offrire delle prestazioni. La capacità di innovazione è incredibile».

Porta sul mercato dell’est

Ma non è tutto. «La Germania dell’est – rileva Karl – rappresenta oggi una porta d’accesso al mercato orientale dell’Unione europea».

Agli investitori svizzeri intenzionati ad operare in Russia, Polonia o Ucraina, il diplomatico svizzero sconsiglia di recarsi direttamente sul posto. Meglio investire prima nella Germania orientale e valutare in seguito un ampliamento delle attività ad est sulla base del know-how della gente locale.

«Oltre ad avere un buon grado di formazione, la gente locale conosce la mentalità degli europei dell’est e sanno come trattare. Per gli svizzeri è invece spesso un mercato sconosciuto».

La Riunificazione tedesca indica il processo di riconquista dell’unità nazionale da parte della Germania, divisa in due Stati dalle forze alleate alla fine della Seconda guerra mondiale.

Il 3 ottobre 1990, i territori dell’ex Repubblica democratica tedesca (Brandeburgo, Meclenburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia) si sono costituiti in Länder, accedendo alla Repubblica Federale di Germania.

Il 3 ottobre 1990 segna inoltre la fine della Guerra fredda.

Dopo aver separato i due Stati per 28 anni, il muro di Berlino è crollato nella notte del 10 novembre 1989. Migliaia di abitanti di Berlino est si sono riversati nella parte occidentale della città, fino a quel giorno vietata.

La riunificazione della Germania ha dato il via all’avvicinamento dell’Est e dell’Ovest dell’Europa. Risultato: l’Unione europea è passata da 12 a 27 Paesi membri.

Traduzione e adattamento di Luigi Jorio

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