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La gemma cresce, gli agricoltori biologici fuggono

Biologico, un mercato in continua espansione. Keystone

La richiesta di prodotti biologici è aumentata ulteriormente nel 2010, compensata con maggiori importazioni. Infatti, il numero di aziende agricole contraddistinte dalla gemma verde è ancora in calo. Per il pioniere del biologico Urs Niggli, la Svizzera non sfrutta a sufficienza la sua esperienza.

Nel 2011, e per la prima volta dal 2004, le adesioni delle aziende agricole al marchio Bio sono state superiori agli abbandoni. Tuttavia, lamenta l’associazione mantello Bio Suisse, negli scorsi anni il numero di fattorie votate al biologico, così come la superficie coltivata secondo le direttive della gemma sono in costante diminuzione in Svizzera.

Nel 2010, le aziende biologiche nella Confederazione erano 5’913, in calo rispetto al 2009, quando erano ancora 5’935, ossia più dell’11% delle 53’561 fattorie presenti sul territorio elvetico. Anche negli anni precedenti, il numero di aziende biologiche era superiore ad oggi: nel 2008 erano 6’111, nel 2007, 6’249.

Per il direttore dell’Istituto di ricerca dell’agricoltura biologica (FiBL), Urs Niggli, questa tendenza al ribasso è da imputare all’ “eccessivo impegno degli agricoltori per produrre della merce di alta qualità”.

Incentivi insufficienti

A preoccuparlo maggiormente è tuttavia la perdita di potenziale produttivo in Svizzera, visto che alla crescente richiesta di prodotti biologici si risponde con una maggiore importazione.

«La Svizzera è concorrenziale nella produzione di prodotti di alta qualità come quelli bio, ma non di quelli che seguono le direttive della coltivazione integrata (PI) o convenzionale», afferma Niggli. Questo tipo di discorso vale per le mele, i rösti, il pane, il latte o il formaggio. Se un prodotto rispecchia inoltre il carattere di una regione, il valore aggiunto è ancora maggiore.

Le aziende agricole biologiche ottengono profitti maggiori del 15% rispetto a quelle tradizionali. Comunque è un incentivo insufficiente per compensare i rischi, rappresentati soprattutto dagli influssi ambientali, sottolinea Niggli. «Chi coltiva secondo le direttive della produzione integrata ha una vita meno stressata, se paragonata a quella dei contadini bio».

Invidiabile esperienza

L’associazione mantello dei coltivatori biologici, che certifica con la gemma il 90% delle aziende agricole biologiche in Svizzera, tenta di invertire questo trend negativo con una campagna di sensibilizzazione. L’obiettivo dichiarato è di convincere un numero maggiore di agricoltori ad abbracciare il marchio verde.

Il FiBL, che a livello internazionale è fra gli istituti all’avanguardia nel campo dei prodotti biologici, è una colonna portante dell’iniziativa pubblicitaria, così come le scuole agricole cantonali. «In nessun altra parte al mondo per le aziende biologiche vengono messe a disposizione tante conoscenze sui metodi di produzione e di coltivazione quante in Svizzera», afferma Niggli.

Se da una parte il direttore del FiBL accoglierebbe favorevolmente un «segnale chiaro da parte della politica agricola”, dall’altra egli punta piuttosto sul mercato. In Svizzera, la posizione di leader tra i giganti del commercio al dettaglio per quanto riguarda i prodotti biologici è detenuta dalla Coop. Tuttavia, anche Migros, Aldi e Lidl stanno puntando sempre più su questo tipo di merce.

Questo crescente interesse dei grandi distributori, potrebbe mettere a repentaglio l’esistenza di quelle piccole aziende storiche che da sempre investono nei prodotti biologici. Per esempio, il negozio “Vatterland” (madrepatria) a Berna, specializzato dal 1992 in merce biologica, chiuderà per sempre la sua saracinesca alla fine di marzo. La stessa sorte potrebbe toccare anche ad altre piccole botteghe fondate a cavallo tra gli anni Ottanta-Novanta, quando esplose l’interesse per il biologico.

Gemma significa salute?

«Bio non è più salutare», indicava uno studio pubblicato nel 2006 da scienziati britannici. Questa conclusione irritò particolarmente gli esperti e disorientò i consumatori. E nemmeno oggi è possibile affermare con certezza se i prodotti biologici sono più sani rispetto a quelli convenzionali, afferma Niggli. «Per poter giungere a una conclusione, sarebbe necessario interrogare per più anni migliaia di persone sulle loro abitudini alimentari».

I prodotti biologici sono altrettanto sani di quelli convenzionali, afferma infine in maniera lapidaria Niggli. Per i consumatori, la cosa più importante è che la merce biologica presenti pochi o nessun residuo di sostanze inquinanti quali pesticidi, nitrati o metalli pesanti e non sia modificata geneticamente (OGM).

Gli studi hanno mostrato che i prodotti biologici sono più ricchi di fibre grezze, vitamine e sostanze biologicamente attive, sostiene Niggli. Tuttavia è importante puntare «su un’alimentazione sana con tanta frutta e verdura e con poca carne. È meglio quindi scegliere l’insalata convenzionale, piuttosto che la pizza o la salsiccia bio», conclude Niggli.

Nel 2010, il fatturato dei prodotti biologici è cresciuto del 6,1% a 1’639 miliardi di franchi. La crescita del mercato bio ha interessato l’intera gamma di prodotti, ad eccezione di quelli surgelati. Oltre che per i prodotti freschi tradizionali, la domanda è aumentata quasi del 10% per i prodotti già pronti.

I prodotti bio sono apprezzati in tutta la Confederazione. Tuttavia a fare registrare la maggiore crescita è stata la Svizzera romanda con un aumento del 7,2%.

L’anno scorso è ancora stata la Coop a farla da padrone nella vendita dei prodotti biologici con una fetta di mercato pari al 48,8%. La percentuale della Migros si attesta al 25.4%.

Il fatturato della vendita diretta da parte dei produttori ha registrato un aumento pari al 10% nel 2010, ciò che corrisponde a un fetta di mercato del 5,4%.

L’agricoltura biologica è particolarmente sviluppata nel canton Grigioni, in cui si contano 1333 aziende, ossia il 54,2% del totale (in Svizzera sono l’11%). In Ticino tale tasso è del 13,7% (114 aziende).

(traduzione e adattamento dal tedesco, Luca Beti)

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