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La Cina, il boom economico e i diritti umani

Condizioni di lavoro umane: anche i lavoratori cinesi ne hanno diritto Keystone

Uno sviluppo economico avanzato, ma ancora tanto da fare per i diritti umani: è la fotografia «cinese» della ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey.

Ad un incontro delle piccole e medie imprese a Zurigo, Calmy-Rey ha comunque sottolineato i notevoli progressi compiuti dalla Cina negli ultimi anni.

«Vi sono ancora molte sfide da raccogliere, in particolare riguardo alla protezione delle minoranze, la libertà religiosa e quella d’espressione. E su temi come la tortura e la pena di morte» ha detto la ministra al termine di un seminario dedicato alle opportunità del mercato cinese.

Alle sfide di cui ha parlato Calmy-Rey sono confrontati soprattutto tutti coloro che si impegnano per le riforme nel grande paese asiatico: «Cerchiamo di aiutarli, dialogando con la Cina sui diritti umani», ha detto la ministra.

Ma di queste sfide dovrebbero preoccuparsi anche tutti coloro che vanno in Cina per fare affari. Alla riunione del forum di scambio commerciale internazionale (Swiss International Business Forum) erano presenti soprattutto i rappresentanti di piccole e medie imprese svizzere.

Conseguenze pesanti

«I cinesi diventano sempre più consapevoli del fatto che l’enorme crescita economica ha un impatto ecologico e sociale pesante e che ha senso solo se viene accompagnata anche dal miglioramento della situazione dei diritti umani».

In particolare Calmy-Rey ha citato il diritto alla salute e all’educazione, a condizioni di lavoro umane, e il divieto del lavoro coatto e minorile.

«Migliorando queste aree si otterrebbe una maggiore stabilità, più coesione e una maggiore armonia – valori che sono importanti per i cinesi». Sono molte le aziende cinesi, come pure il governo, che vorrebbero fare dei progressi in questi campi, ha sottolineato Calmy-Rey.

«Continueremo a lavorare sulle nostre priorità riguardo ai diritti umani in stretta collaborazione con le ditte svizzere in Cina».

Stabilità regionale

«Si potrebbero scrivere libri interi» sulla situazione dei diritti umani in Cina, ha detto Calmy-Rey. Si tratta di un paese in cui sono forti i contrasti tra le regioni orientali, che conoscono uno sviluppo rapido, e le regioni dell’interno, ancora sottosviluppate.

La Cina non è solo un Eden economico: con la sua una posizione strategica e la sua forza militare, e soprattutto con un 1 miliardo e 300 milioni di abitanti, è una potenza mondiale.

Una destabilizzazione della Cina avrebbe dunque conseguenze politiche ed economiche drammatiche per il mondo intero.

La Svizzera, ha ricordato la ministra, è interessata a rinforzare i rapporti bilaterali con la Cina, nonostante restino alcune differenze di vedute.

Ad esempio, Calmy-Rey ha citato il ruolo della Cina come membro permanente delle Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e la sua posizione rispetto al Sudan: «Alcune compagnie cinesi hanno licenze petrolifere molto importanti in Sudan. E ciò influenza il comportamento della Cina in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu».

«La posizione della Cina ha limitato il margine di manovra della comunità internazionale in Darfur, con alcune conseguenze per la stabilità della regione».

Meno ostacoli burocratici

Calmy-Rey ha messo in guardia le aziende svizzere interessate alle opportunità economiche offerte dalla Cina, perché non sono esenti da rischi. Ad esempio va meglio protetta la proprietà intellettuale, un «problema centrale» ha sottolineato la ministra.

Al momento in Cina le piccole e medie imprese svizzere trovano meno ostacoli agli investimenti, che debbono tuttavia essere valutati molto attentamente. Una qualità richiesta agli investitori: molta pazienza.

swissinfo, Robert Brookes, Zurigo
traduzione, Raffaella Rossello

La Cina è il 12° partner commerciale della Svizzera, in termini di import-export.
Le esportazioni svizzere sono cresciute da 415 milioni di franchi nel 1990 a 3 miliardi nel 2004.
Le importazioni dalla Cina sono salite da 412 milioni nel 1990 a 2,8 miliardi nel 2004.

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