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La Chiesa “ospedale da campo” di Papa Bergoglio

Intervista a Massimo Franco, autore di "Il Vaticano secondo Francesco"

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La sera del 13 marzo 2013, quando apparve sulla Loggia di San Pietro, i gesti lenti, lo sguardo un po’ perso sull’immensa folla, non so perché pensai all’ “Habemus Papam”, il film di Nanni Moretti. Poi bastò quel “Buona sera!” – sereno e vigoroso allo stesso tempo – per portarmi invece alla mente Giovanni XXIII, il “papa buono”. Ognuno di noi, credente o no, avrà il proprio ricordo di quei momenti. E di quelli immediatamente successivi. Quando si capì subito – dalle sue parole – che scegliendo l’argentino Jorge Mario Bergoglio il Conclave aveva consegnato la guida della Chiesa cattolica a un uomo scelto per trascinarla fuori da uno dei momenti più critici della sua storia. Già il fatto di scegliere il nome di Francesco – nessun altro pontefice aveva…osato tanto – segnalava la volontà e la direzione di una svolta.

Accadeva un anno fa. Sono stati 365 giorni che, attraverso il papa venuto “dai confini del mondo” hanno già cambiato il volto della Chiesa cattolica. Molti ne hanno scritto in questo primo anniversario. Spunto per la pubblicazione di altri libri sul successore di Ratzinger, il primo pontefice dimissionario dopo 700 anni. Tra i volumi più interessanti, quello di Massimo Franco, noto editorialista del Corriere della Sera, che alla crisi, all’involuzione della Curia romana, aveva già dedicato altri due volumi.

Quello che Massimo Franco porta ora il libreria si intitola “Il Vaticano secondo Francesco”. Ha due particolarità. La prima sta nel fatto che l’autore dedica molto spazio alla scelta di Bergoglio di non vivere negli appartamenti papali, bensì nella frugalità di Santa Chiara, il semplice convitto che, ci rivela l’autore, nel 1884 Leone XIII aveva fatto erigere per ospitarvi i malati di colera. Scelta decisamente simbolica, evocativa, per un papa che ha chiesto ai suoi vescovi di guardare alla Chiesa come a “un ospedale da campo dopo la battaglia”.

Poi, e soprattutto, Massimo Franco racconta lo stile di questo pontificato tornando in Argentina, e scoprendo che lì, nella megalopoli di Buenos Aires e nelle sue realtà più misere, nell’America Latina dove la Chiesa cattolica fu “conquistatrice” ma dove ora deve confrontarsi con l’avanzare delle realtà comunitarie statunitensi, lì sta la radice dello stile, delle convinzioni, delle innovazioni e anche del conservatorismo del primo pontefice extra-europeo della storia.

Solo un anno. Il “cantiere” di Francesco é soltanto all’inizio. Ancora tante – segnala l’autore – le resistenze all’interno della Curia romana. Ancora lontano quel sogno dichiarato da Francesco, di una “Chiesa povera al servizio dei poveri”. Conquistare i fedeli, e persino molti non credenti, non significa ancora cambiare nella sostanza la Chiesa.

Aldo Sofia

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