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La cavia da laboratorio per soldi

L'attività di "cavia umana" può essere dolorosa, ma è ben ricompensata Keystone

Numerosi italiani giungono periodicamente nelle cliniche ticinesi. Non per farsi curare, ma per vendere il proprio corpo alle sperimentazioni mediche.

Sono infatti i soldi ad attirare le cavie, più che la voglia di contribuire allo sviluppo della medicina.

Li chiamano i «professionisti». Sono circa 200 persone, in maggioranza provenienti dalla Lombardia (Nord Italia), che regolarmente si sottopongono in Ticino ai test biomedici.

Delle cavie umane insomma, che per soldi si fanno rinchiudere in una clinica per alcuni giorni, offrendo il loro corpo alla scienza.

Nonostante si tratti di sperimentazioni dai rischi limitati, in Ticino è stato istituito, nel 2000, un comitato etico che veglia sulla sicurezza e il buon svolgimento dei test.

Ditte straniere

Nel cantone a sud delle Alpi, sono almeno 3 le cliniche specializzate nei test su vecchi e nuovi farmaci. Le sperimentazioni, una cinquantina ogni anno, rappresentano un ghiotto mercato: mediamente, ogni test frutta 100’000 franchi.

«Molte ditte farmaceutiche, anche estere, si rivolgono al Ticino», ci dice Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale e presidente del comitato bioetico.

«In Italia, ad esempio, questo tipo di sperimentazione è reso difficile dalle lunghe procedure burocratiche», aggiunge.

In clinica per soldi

Tra le cavie incontriamo Dario, 25 anni, studente e artista.

Dario non è il suo vero nome, ma uno pseudonimo. Pare che funzioni così tra i volontari: «E’ una questione di privacy» indica a swissinfo.

Il giovane, proveniente da Milano, si è fatto arruolare tramite il classico passa-parola. Da 5 anni, ogni tre mesi, si mette a disposizione dei ricercatori ticinesi. Sebbene non ci siano mai stati problemi, l’esperienza non è affatto piacevole.

«Sono costretto a farlo. Ho bisogno di soldi e tutto sommato una media di 600 franchi a test, non è poca cosa», racconta.

«E’ chiaro che se potessi ne farei a meno», prosegue, spiegando che solitamente trascorre un intero fine settimana dentro la clinica, dove è proibito uscire e fumare.

«Alla fine non ne posso più. Eppure ho conosciuto gente che si ferma in clinica anche per 10 giorni di fila».

Severi controlli

Negli ultimi tre anni, sono stati oltre 1400 i volontari in Ticino. Di questi, quasi 200 si potrebbero definire dei veri professionisti. Persone cioè che regolarmente si sottopongono ai test.

Le direttive del comitato etico – afferma Zanini – prevedono una pausa di almeno 3 mesi fra un test biomedico e l’altro.

«Da una parte per tutelare la salute dei volontari, dall’altra per ripulire l’organismo, garantendo così la qualità della ricerca».

C’è tuttavia da chiedersi, visto il grande numero di persone coinvolte (i minorenni e i disoccupati sono esclusi), se le regole vengono sempre rispettate.

Una recente inchiesta, apparsa sul settimanale Panorama, denunciava il fatto che alcuni volontari non avevano rispettato l’intervallo previsto, e questo addirittura con la compiacenza dei medici.

«Qualche sbavatura è sempre possibile. Tuttavia ogni esperimento è valutato e autorizzato dal nostro ufficio. E’ difficile che ci sfugga qualcosa», dichiara il presidente del comitato bioetico.

Inoltre – continua – ogni violazione del codice comporta, sia per la clinica sia per il volontario, l’impossibilità di proseguire i test. Il nostro codice, introdotto nel 2000, è fra i più severi d’Europa e sta facendo scuola.

Lombardia, terra di cavie

Chiediamo a Dario di tracciare un profilo delle persone che si sottopongono ai test: «Nelle sale d’accettazione delle cliniche c’è un po’ di tutto: studenti, extracomunitari regolari, madri che si portano pure i figli, l’omosessuale cinquantenne, il bancario, colui che si spaccia per attore… tutti provenienti dall’Italia».

La maggior parte dei volontari, come ci conferma anche Giovan Maria Zanini, proviene dalla Lombardia, regione in cui c’è una forte disponibilità di cavie (idealmente studenti in medicina e biologia).

«Tuttavia vegliamo a che il bacino di volontari non si estenda oltre Milano. Ciò per garantire al paziente la massima sicurezza in caso di bisogno», sottolinea il farmacista.

Solo per denaro

Non è assolutamente piacevole sottoporsi a questi test, ammette Dario, che cerca di evitare di porsi troppe domande sulla sicurezza, la paura, e sull’etica di ciò che sto facendo.

«Questo vale per tutti noi, forzati a partecipare agli esperimenti. Lo facciamo solo e unicamente per denaro e non certo per la buona causa della ricerca», conclude.

swissinfo, Paolo Bertossa

1’400 i volontari che negli ultimi 3 anni si sono presentati nelle cliniche ticinesi.
200 di loro si sottopongono regolarmente a test medici.
600 franchi il compenso medio per test.

La burocrazia italiana è uno spauracchio per le ditte farmaceutiche che vogliono sperimentare nuovi farmaci.

Alcune ditte di questo ramo attive in Lombardia hanno trovato una scappatoia: organizzano i test clinici in territorio svizzero, nel vicino Ticino.

Nel 2000, per sorvegliare questi test, in Ticino è stato costituito un comitato etico, che ha diramato una serie di direttive per contenere i rischi.

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