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La carne di pollo come esempio di un dilemma globale tra Nord e Sud

Persone si servono di carne di pollo
Keystone / Mustafa Quraishi

Dopo decenni di allevamento intensivo, in Europa molte persone cercano alternative sostenibili alla carne. Nei Paesi emergenti proprio la produzione in batteria dà la possibilità a molta gente di cambiare dieta. In materia di alimentazione, le sensibilità e i bisogni non potrebbero essere più diversi tra Nord e Sud.

La carne di pollo fornisce importanti proteine di cui l’India ha tanta fame. Dopo appena 18 giorni, il pulcino esce dall’uovo, il giorno dopo riceve una vaccinazione e spesso una dose di antibiotici. In seguito, finisce in una batteria d’allevamento che lascia dopo appena tre mesi per essere ucciso. In Svizzera, il peso di macellazione di un pollo è raddoppiato rispetto a 70 anni fa, un peso che viene raggiunto in metà del tempo.

Suguna
Il fondatore di Suguna, Bangaruswami Soundararajan

“In India, la carne non era una priorità”

La ditta indiana Suguna Chicken produce sette milioni di polli alla settimana. È la numero uno in India, mentre a livello mondiale si piazza al decimo posto. In un film documentarioCollegamento esterno dell’autore Valenti Thurn, il fondatore della Suguna ricorda gli albori della sua azienda.  “All’inizio era difficile vendere dieci o venti polli al giorno”, dice Bangaruswami Soundararajan. “Nella tradizione indiana, la carne non era una priorità”. Era così almeno fino alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso.

Dopo gli inizi piuttosto titubanti, la richiesta ha registrato una costante crescita, favorita da una nuova tecnologia di allevamento intensivo importata dall’estero, da una campagna pubblicitaria molto aggressiva e da un’idea geniale. Nel 1990, Suguna Chicken ha iniziato a coinvolgere le famiglie di piccoli contadini nell’allevamento di polli. L’azienda mette loro a disposizione tutto il necessario: dal foraggio ai farmaci. In cambio, gli agricoltori forniscono il pollame a Suguna Chicken.

Negli anni Novanta, la ditta ha registrato una rapida diffusione in vari Stati dell’India. Tale espansione è stata favorita dal sostegno del governo che in cambio ha chiesto a Suguna Chicken di portare l’elettricità nelle regioni rurali del Paese. Si parlava di un “programma di sviluppo agricolo”. Nel frattempo, sono oltre 200mila gli allevatori che vendono i loro polli a Suguna.

Ecco un video (in inglese) in cui il gruppo si presenta:

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In media, l’azienda ha segnato una crescita media annua del 20 per cento, fatta eccezione in questo periodo di crisi causata dalla pandemia. “Il consumo di carne in India è ancora molto basso”, dice Soundarajan. Mediamente ne vengono mangiati 4,5 chilogrammi all’anno, in America sono oltre 65. C’è quindi ancora margine di crescita per l’azienda. “Mi auguro che questa evoluzione positiva per noi continui”, spiega Soundarajan nel film documentario “10 Milliarden – wie werden wir alle satt” (10 miliardi – come saziarli tutti”).

La carne diventa uno status symbol

Per il momento, l’India ha il tasso di vegetariani più alto al mondo. Il 38 per cento della popolazione non mangia carne. Stando alle previsioni, tale percentuale diminuirà visto che nei prossimi anni il Paese diventerà il più popoloso al mondo. A livello globale è già oggi il terzo produttore di uova e carne di pollo.

In molte parti dell’India, “Non-Veg” è diventato uno status symbol, scrive la Fondazione Heinrich Böll nel suo “Fleischatlas” (Atlante sul consumo della carne). Al momento, l’80 per cento della richiesta di carne proviene dalle città. Secondo le analisi di mercato, l’appetito di pollo aumenterà anche nelle regioni rurali.

Mercato in crescita

Tale evoluzione è favorita dall’aumento del reddito, dallo sviluppo demografico e dall’accresciuta consapevolezza nei confronti della propria salute. L’India non fa eccezione. Secondo “Fleischatlas”, l’urbanizzazione è accompagnata da un movimento “Non-veg”, soprattutto nei Paesi emergenti, i cosiddetti Stati BRIC.

L’offerta stuzzica la richiesta. Ma l’elemento centrale è il prezzo. Negli ultimi anni, la carne è alla portata del borsellino di un numero sempre maggiore di consumatori e consumatrici, soprattutto di quelli che appartengono alla classe media. Suguna Chicken produce un chilogrammo di pollo per 80 rupie, un prezzo che corrisponde a una nona parte del salario medio giornaliero in India.  

A Nord, la carne è sempre meno di moda

La voglia di carne in India si contrappone alla tendenza attuale in molti Paesi occidentali dove si registra un aumento dei vegetariani. Stando a un sondaggio di SwissvegCollegamento esterno, in Svizzera sono oltre il 5 per cento, mentre il 20 per cento dice di mangiare meno carne. L’Ufficio federale di statistica indica che dal 1980 al 2020, il consumo di carne è diminuito di circa il 20 per cento. Solo la carne di pollo registra un leggero aumento.

Le svizzere e gli svizzeri sono sempre più sensibili riguardo al tema, grazie anche a campagne di incoraggiamento, ad esempio nelle università, e ai vari influencer. Il celebre cuoco Daniel Humm del ristorante EMP a New York ha cambiato completamente la sua carta dei menu, proponendo da maggio solo pietanze vegetariane. Il suo obiettivo è quello di essere il precursore tra i locali fregiati con tre stelle Michelin. Al “Washington Post”, Humm ha spiegato così la sua decisione: “Il nostro sistema di allevamento, ciò che stiamo facendo agli oceani, la quantità di carne che consumiamo, tutto ciò non è sostenibile”.

Daniel Humm
Il celebre chef svizzero Daniel Humm. elevenmadisonpark.com

La contrapposizione tra Nord e Sud è particolarmente evidente: da una parte, la rinuncia alla carne è uno status symbol, dall’altra è il suo consumo che fa tendenza. E così, la voglia di carne nei Paesi emergenti sta minando gli sforzi promossi in Europa volti a promuovere un’alimentazione sostenibile e rispettosa dell’ambiente.

La rinuncia dettata dal Nord?

L’organizzazione per la protezione degli animali Peta è già attiva in India. Vuole impedire gli allevamenti intensivi di pollame. In generale, per il momento nessuno a Nord intende chiedere al Sud di rinunciare alla carne. Una richiesta che verrebbe considerata paternale, arrogante e retaggio del periodo coloniale, almeno fintanto che a Nord quasi nessuno Stato può essere preso come modello.

Nei Paesi del Nord, molte consumatrici e molti consumatori sono particolarmente attenti a ciò che mettono nel piatto: le derrate alimentari devono essere sostenibili, sane ed ecologiche. I più sanno che il pollame viene foraggiato con soia, pianta che viene coltivata in monoculture, su superfici enormi ottenute distruggendo le foreste. Ed è noto a tutti che l’allevamento di bovini concorre al riscaldamento terreste a causa dell’emissioni di gas a effetto serra quali il metano e il protossido di azoto.

A Nord, il prezzo non è rilevante

Un numero sempre maggiore di svizzere e svizzeri è disposto ad allargare i cordoni della borsa per comperare prodotti locali e sostenibili. E se lo possono anche permettere visto che un’economia domestica spende solo il 7 per cento del suo reddito per acquistare da mangiare. A dipendenza della sensibilità ecologica o del salario, il consumatore è disposto a pagare da 6 a 23 franchi per un chilogrammo di pollo. Il prezzo di un pollo bio corrisponde a una nona parte del salario medio al giorno, come in India.

Se in Svizzera la lista della spesa viene dettata da criteri etici, in altre parti del mondo la scelta è definita dal prezzo. Per questo motivo, la produzione globale di carne di volatili è un meccanismo perfettamente rodato e ottimizzato che immette sul mercato prodotti sempre nuovi.

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Ormai non concorrenziali: venditori locali di pollo ad Abidjan, Costa d’Avorio Keystone / Str

Ecco un esempio su come funziona questo sistema: le galline ovaiole allevate negli Stati baltici vengono foraggiate con soia proveniente dal Mozambico. Dopo 12-15 mesi, la loro produzione di uova diminuisce, tuttavia continuano a mangiare mediamente 120 grammi di soia al giorno. A questo punto, il produttore si chiede se la produzione di uova sia ancora redditizia. Molte galline vengono quindi uccise o dalla Lettonia vengono trasportare in Olanda dove vengono macellate, come viene mostrato nel documentario “Armes Huhn – armes MenschCollegamento esterno” prodotto dalla televisione tedesca ARD.

Riutilizzazione degli scarti in Africa

In Olanda, le galline vengono sminuzzate, confezionate e congelate. Questa carne, che in Europa rimarrebbe invenduta nelle celle frigorifere dei supermercati, viene inviata via mare in Africa occidentale, dove viene spacciata come prodotto a buon mercato. La carne di pollo proveniente dall’Europa è talmente economica che ha fatto fallire gli allevamenti di pollame in Ghana visto che non riuscivano ad essere concorrenziali.

Il pollo globalizzato sfruttato fino all’osso getta un’ombra sull’attuale produzione di carne. Questi esseri viventi vengono ridotti a mera merce e privati di ogni dignità. Di fronte a questa situazione, una classe di consumatori a Nord è alla ricerca di alternative.

Nuovi rapporti con l’animale

L’iniziativa popolare “No all’allevamento intensivo” su cui si voterà il prossimo anno in Svizzera è figlia anche di questo trattamento non dignitoso degli animali. Oggi c’è chi salva le ovaiole destinate al macello, regalando loro un’esistenza dignitosa in allevamenti all’aperto. Inoltre, negli ultimi anni molte persone hanno costruito un pollaio in giardino. Lì, le galline possono razzolare liberamente e hanno un nome. Tutto ciò evidenzia il desiderio della gente di stabilire un rapporto diverso con l’animale che non vuole più essere visto soltanto come un pezzo di carne nel piatto.

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