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La biodiversità minacciata dai monopoli

SWISSAID e i rappresentanti delle organizzazioni partner attive nella salvaguardia della biodiversità delle semenze hanno lanciato a Ginevra la "Carovana delle semenze". Keystone

La diversità delle semenze utilizzate nell'agricoltura mondiale è in diminuzione, ciò che compromette la sicurezza alimentare. L'allarme è lanciato dall'organizzazione SWISSAID, che punta il dito contro le multinazionali della chimica e l'ingegneria genetica.

Le semenze sono alla base dell’alimentazione quotidiana. Nel corso dei secoli, contadini e allevatori hanno sfruttato oltre 10’000 specie di piante e animali.

Una varietà biologica che si è però drasticamente ridotta. Oggi, rileva SWISSAID, il 90% dell’alimentazione mondiale si basa sulla coltivazione di una quindicina di specie. Riso, grano e mais coprono, da soli, la metà dei nostri bisogni nutritivi.

Un’evoluzione che da tempo preoccupa l’organizzazione non governativa di aiuto allo sviluppo. «La diversità biologica è in effetti fondamentale nella lotta contro la fame», sottolinea la direttrice di SWISSAID, Caroline Morel.

Colonialismo agrario

«La diversità biologica delle semenze – prosegue Morel – è oramai minacciata dall’agricoltura industriale e da quella geneticamente modificata».

SWISSAID – che dal 25 maggio al 4 giugno 2010 è impegnata nella “Carovana delle semenze”, una campagna di sensibilizzazione sulla sparizione di numerose varietà vegetali – denuncia in particolare l’appropriazione delle terre coltivabili da parte delle grandi multinazionali.

«Le comunità rurali africane sono private di migliaia di ettari di terreno», conferma Fanceni Baldé, animatrice del centro Spazio della Terra in Guinea Bissau, un progetto di salvaguardia delle semenze tradizionali sostenuto da SWISSAID.

Una sottrazione delle terre che John Dupraz, vicepresidente dell’Unione svizzera dei contadini, non esita a descrivere con termini forti. «L’appropriazione delle terre, come è successo di recente in Madagascar, è peggio del colonialismo».

Al governo della Guinea Bissau, racconta Fanceni Baldé, invitata in Svizzera da SWISSAID in occasione del lancio della “Carovana delle semenze”, sono sottoposti ogni anno numerosi progetti per lo sfruttamento delle risorse minerarie oppure per la produzione di biocarburanti e di monoculture da reddito, quali la noce di acagiù.

La conseguenza, denuncia la rappresentante africana, è «l’espulsione dei contadini dagli spazi dedicati alle colture alimentari», ciò che si ripercuote negativamente sulla loro capacità di conservare le semenze e di nutrire la popolazione.

L’alternativa? Il suicidio

Altro aspetto inquietante agli occhi di SWISSAID è la concentrazione della produzione delle semenze nelle mani di poche multinazionali.

Una decina di gruppi agroalimentari, spiega Caroline Morel, controllano i due terzi della produzione mondiale di semenze, privilegiando le varietà più produttive e redditizie. «Queste varietà necessitano però d’irrigazione, di fertilizzanti chimici e di pesticidi».

In India, rileva Gangula Ramanjaneyulu, direttore del Centro per l’agricoltura sostenibile di Hyderabad (nello Stato dell’Andhra Pradesh), il 90% della produzione di cotone dipende dalle semenze vendute da due multinazionali.

Per molti contadini, spinti ad adottare le tecniche di coltivazione intensiva della “Rivoluzione verde” [approccio che prevede la selezione delle varietà vegetali, l’utilizzo di sufficienti dosi di fertilizzanti, acqua e altri prodotti agrochimici in vista di un incremento della produzione agricola, ndr], la situazione è diventata insostenibile.

Per far fronte all’aumento dei prezzi delle semenze, un numero crescente di contadini è costretto ad indebitarsi o a vendere la propria fattoria. «In dieci anni, nel mio paese si sono suicidati 200’000 contadini. È un problema serio!», afferma l’agronomo indiano.

Sfruttare la biotecnologia

Le grandi aziende non sono le uniche responsabili della perdita di biodiversità, puntualizza la direttrice di SWISSAID. «Il loro ruolo è tuttavia cruciale, siccome favoriscono le semenze che generano profitti, a scapito di quelle importanti per l’approvvigionamento alimentare».

Le semenze geneticamente modificate, aggiunge Caroline Morel, non fanno altro che «peggiorare la situazione».

Pur riconoscendo che «la biotecnologia non è l’unica soluzione per l’agricoltura», il gruppo chimico basilese Syngenta sostiene che i prodotti geneticamente modificati possono aumentare la produttività, assicurare e migliorare le rese e produrre un raccolto di qualità migliore.

«Se la produzione alimentare deve aumentare per soddisfare una popolazione in crescita, senza per questo estendere la superficie delle terre coltivate, tutte le tecnologie a disposizione vanno adottate, inclusa la biotecnologia», afferma a swissinfo.ch Elouisa Dalli, portavoce di Syngenta.

L’insegnamento di Gandhi

Per contrastare la riduzione della biodiversità in agricoltura, SWISSAID e le organizzazioni partner sparse nel mondo puntano sull’utilizzo di un ampio ventaglio di varietà vegetali. «Così riduciamo anche i rischi di perdere i raccolti, ad esempio quando una coltivazione è attaccata da organismi dannosi o quando la scarsità di precipitazioni indebolisce le piante», spiega Caroline Morel.

In Guinea Bissau, indica Fanceni Baldé, c’è ad esempio una varietà di riso locale che possiede delle spine, capaci di ferire gli uccelli e quindi di tenerli lontano dai campi.

L’aspetto più importante nella conservazione della biodiversità, sottolinea la direttrice di SWISSAID, è il lavoro dei contadini, che conservano, sviluppano e si scambiano le semenze. «Necessitano però dell’appoggio di autorità e istituzioni: per questa ragione tentiamo di sensibilizzare i governi».

«Non si può giocare con la vita delle persone», sbotta Ashoka Kumar Pradhan, coordinatore dell’associazione contadina di Sambalpur (Orissa), parlando del predominio delle multinazionali e della resistenza degli agricoltori.

«Siamo tuttavia fiduciosi – conclude – e crediamo nelle parole di Gandhi: “Se credi nella verità, e se stai dalla parte della verità, non perderai».

Luigi Jorio, swissinfo.ch, Ginevra

SWISSAID è una delle organizzazioni non governative più importanti della Svizzera.

Creata nel 1948, è attiva in nove paesi in via di sviluppo dove sostiene gli sforzi delle popolazioni e organizzazioni locali secondo il principio dello sviluppo autonomo (non invia sul posto esperti occidentali).

Ha un budget di 19 milioni di franchi (2008). Un terzo di questa cifra è fornito dalla Confederazione attraverso la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione.

La campagna di SWISSAID intende promuovere e incoraggiare l’utilizzo di varietà di semenze locali in America latina, Africa e Asia.

Creando delle alleanze, i sostenitori della campagna vogliono opporsi alla crescente pressione in favore di semi geneticamente modificati.

In Nicaragua, dove il movimento coinvolge oltre 20’000 famiglie, sono state ad esempio costituite più di 160 banche dei semi comunitarie, nelle quali gli agricoltori hanno accesso a 250 varietà di fagioli e mais.

In Ecuador è stata realizzata una banca dati contenente informazioni su 111 varietà vegetali tradizionali.

In Colombia, SWISSAID promuove lo scambio di semenze locali tra le comunità di agricoltori e organizza diverse attività focalizzate sulla salvaguardia del patrimonio genetico nazionale.

Azioni simili avvengono anche in Guinea Bissau, Niger, India e Myanmar.

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