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L’obbligatorietà al vaccino scalda gli animi in Svizzera

Un operatrice sanitaria prepara la dose di vaccino.
I contrari non mancano, intanto però a Neuchâtel c'è già un centro medico che ha imposto la misura ai propri dipendenti. Keystone / Peter Klaunzer

Obbligo di vaccinazione anti-Covid per chi opera nel settore sanitario e delle cure? Anche in Svizzera c'è chi comincia a seguire la strada tracciata da Italia, Francia e Grecia. Ma non mancano nemmeno le voci contrarie, sia a sinistra che a destra.

Una forte opposizione viene ad esempio espressa da Katharina Prelicz-Huber (Verdi/ZH). “Ci comportiamo come se il Covid-19 fosse la prima malattia potenzialmente mortale con cui infermieri e pazienti possono infettarsi a vicenda”, afferma la presidente del Sindacato dei servizi pubblici e sociosanitari (VPOD/SSP) in dichiarazioni riportate da 20 Minuten. “Eppure gli infermieri si confrontano con questa situazione ogni giorno e sanno come proteggere se stessi e i pazienti”. Il rischio di infezione ha sempre fatto parte della vita quotidiana nel comparto delle cure: introdurre la vaccinazione obbligatoria per il coronavirus “sarebbe assurdo”, dice.

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Un operatrice sanitaria prepara le siringhe per le vaccinazioni.

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La Svizzera contraria alla vaccinazione obbligatoria

Questo contenuto è stato pubblicato al Il consigliere federale Alain Berset ha ribadito di non pensare ad alcun obbligo vaccinale anche se l’invito è comunque a farsi vaccinare.

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Anche altri parlamentari sono scettici. “Costituirebbe un intervento troppo incisivo”, sostiene Regine Sauter (PLR/ZH), pure intervistata dalla testata giornalistica di Tamedia. La 55enne dice però anche di non capire le persone che lavorano nel settore in questione e che non si fanno immunizzare. Pure Ruth Humbel (Centro/AG), presidente della commissione sanità del Consiglio nazionale, è contraria all’obbligo. A suo avviso non deve però succedere che, nel caso gli ospedali siano di nuovo affollati, il trattamento dei pazienti sia rimandato a causa dei non vaccinati. “In un caso del genere il paziente Covid non vaccinato dovrebbe venire dopo”.

Il capogruppo socialista Roger Nordmann, a 20 Minuten, dice di aver comprensione per la decisione presa dal presidente francese Emmanuel Macron. “Non vuole vivere un altro incubo come l’inverno scorso. E con un tasso di vaccinazione vicino al 50% non si sta raggiungendo l’obiettivo dell’immunità di gregge”. Il politico vodese spera che in Svizzera la spunti la volontarietà, ma non sarebbe “categoricamente contro un obbligo” allo scopo di prevenire un nuovo lockdown. Da parte sua il presidente dei Verdi liberali Jürg Grossen esita riguardo all’imposizione. “Questo non è propriamente il modo di fare elvetico”, spiega ai cronisti di 20 Minuten.

In un sondaggio non rappresentativo a cui hanno partecipato alcuni giorni or sono i lettori di 20 Minuten il 66% si è detto contrario a un obbligo di vaccinazione, il 31% favorevole.

E il punto di vista dell’etica?

Imporre un obbligo del vaccino vorrebbe dire per la Svizzera imboccare una via sbagliata: ne è convinta Nikola Biller-Andorno, professoressa di etica della medicina all’Università di Zurigo. “La decisione di vaccinarsi è volontaria in Svizzera: non vorrei rinunciare a questo bene prezioso”, afferma la direttrice dell’istituto di etica biomedica e di storia della medicina (IBME) dell’ateneo in un’intervista pubblicata oggi dal portale Watson.

“Non credo sia bene costringere la gente a immunizzarsi contro le proprie convinzioni. È importante che tutti possano proteggersi, specialmente coloro che sono particolarmente a rischio. Il resto dipende dalla responsabilità individuale. Tutti hanno il diritto di correre dei rischi per la salute”. Ma cosa dire se così facendo si mettono in pericolo altri? “Chiunque lo voglia può proteggersi efficacemente con una vaccinazione. Perché dovremmo biasimare le persone che rinunciano a questa protezione? Se scopriremo che si sviluppano mutazioni pericolose anche per i vaccinati, allora dobbiamo riparlarne. Anche su una possibile vaccinazione obbligatoria. Ma al momento ci sono pochi indizi in tal senso”.

“Tutti hanno il diritto di correre dei rischi per la salute”

E se i posti all’ospedale dovessero tornare ad essere limitati, è giusto che vengano occupati da non vaccinati? “Trovo questa domanda molto immorale”, risponde l’intervistata. “Ci si potrebbe anche chiedere se una persona che pratica il parapendio e si schianta non debba essere semplicemente lasciata dove si trova, perché è stata colpa sua se stava volando. Naturalmente ognuno di noi ha diritto all’assistenza sanitaria”.

Secondo Biller-Andorno dagli studi si sa che la disponibilità del personale sanitario elvetico a farsi vaccinare non è scarsa: la percentuale di coloro che categoricamente si oppongono è limitata. “Inasprire il discorso e imporre qualcosa dall’alto porta a tensioni sociali. Ci guardiamo male a vicenda se qualcuno non indossa la mascherina correttamente. Oppure ci arrabbiamo se qualcuno non è vaccinato. Questo è pericoloso per il clima sociale e la coesione che è necessaria durante una crisi. Dovremmo anche pensare a lungo termine: meno restrittivi e autoritari diventiamo in questa pandemia, più possiamo contare sull’iniziativa individuale e la ragione, puntando sul convincere e sull’educare. A lungo termine, questo rafforza una società”.

Il caso di Neuchâtel

In Svizzera, insomma, sebbene il dibattito sia appena iniziato, già se ne parla molto e c’è anche chi ha già tracciato una linea netta. È il caso di un centro medico di Neuchâtel, dove potranno lavorare solo le persone immunizzate contro il Covid. Si tratta di una decisione senza precedenti in Svizzera e non è escluso che altre strutture private ora facciano lo stesso. Il servizio della RSI.

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