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L’italiano nel nuovo millennio

Quale futuro per la terza lingua? La studiosa Franca Taddei insieme alla figlia swissinfo.ch

Un libro sulla salute, sulle sfide dell’italiano e sui rapporti tra le lingue nazionali.

Un’intervista con una delle autrici del libro, Franca Taddei, ci aiuta ad inquadrare la questione linguistica a Nord e a Sud delle Alpi. E ad analizzare l’impatto dell’inglese.

swissinfo: come sta l’italiano in Ticino, confrontato sempre più con nuove culture legate al fenomeno migratorio?

Franca Taddei: L’italiano in Ticino sta bene: gli ultimi dati del censimento federale della popolazione 2000 mostrano che, rispetto ai rilevamenti del 1990, l’italiano in Ticino ha guadagnato punti, o meglio, ha guadagnato parlanti.

L’aumento in valori percentuali non si manifestava dal 1880 e questo indica che nel 2000 c’è stata una significativa inversione di tendenza. Riguardo al peso e all’importanza del fenomeno migratorio, esso può essere del tutto relativizzato per ciò che riguarda l’italiano e l’italianità: in un’analisi approfondita dei dati relativi alle domande linguistiche contenute nel censimento 2000, Sandro Bianconi afferma che il ruolo dell’italiano come modello di riferimento appare egemone, “è uno degli aspetti forti del processo di assimilazione che coinvolge tutti i diversi, e gli alloglotti in particolare, non solo in Ticino ma anche in tutta la Confederazione”.

Le migrazioni costituiscono eventualmente un problema per la scuola, ma questo fa parte delle regole del gioco e lavorando bene gli esiti sono buoni. L’italiano, semmai, mostra segni preoccupanti al di fuori dei confini cantonali, in particolare nella Svizzera tedesca e francese.

swissinfo: E’ possibile quantificare e qualificare la capacità di resistenza dell’italiano – in Ticino, nei Grigioni e nel resto della Svizzera – di fronte allo spazio crescente occupato, per esempio, dall’inglese nell’insegnamento?

F.T.: È possibile quantificarlo grazie ai rilevamenti statistici che avvengono ogni dieci anni ed è possibile anche qualificarlo grazie a studi mirati sui diversi aspetti della realtà sociolinguistica della Svizzera italiana.

Le ricerche dell’Osservatorio linguistico sono intese proprio in questo senso: gli studi che possiamo definire ‘a carattere statistico’ (quelli che propongono un’analisi dei dati del censimento federale della popolazione) sono affiancati da altri, a carattere ‘qualitativo’, che approfondiscono tematiche attuali (il bilinguismo in famiglia, per esempio).

L’ultimo lavoro dell’Osservatorio – “La terza lingua” appunto – è previsto in due volumi (il secondo verrà pubblicato nei primi mesi del 2005) e propone proprio un’analisi sullo ‘stato di salute dell’italiano’, non solo in Ticino (da parte di parlanti ticinesi e alloglotti) ma anche nella Svizzera tedesca, dove fra l’altro sono disponibili i primi dati sull’italiano parlato dalla terza generazione di immigrati italiani.

Lo spazio crescente occupato dall’inglese nell’insegnamento non minaccia lo stato di salute dell’italiano in Svizzera, non comunque dal punto di vista qualitativo, minaccia però la comprensione fra le diverse comunità linguistiche, il rispetto e la tolleranza nei confronti delle lingue minoritarie. L’idea che in Ticino si abbandoni l’italiano per l’inglese è assurda o quanto meno del tutto irrealistica.

swissinfo: In una recente intervista lei ha usato un’espressione efficace: new global Switzerland. Parleremo forse tutti in inglese per capirci?

F.T.: Chi lo sa, questo dipende in buona parte da decisioni che vengono prese a livello politico. In qualità di linguisti e ricercatori noi non possiamo far altro che segnalare delle tendenze, in parte anche preoccupanti, in atto nella nostra società, ma non spetta a noi decidere in che modo agire per arginarle o per evitare il peggio.

Non possiamo obbligare i politici ad ascoltarci, possiamo al massimo alzare il volume della voce.

Il Ticino, forse anche per necessità, mostra maggiore tolleranza e rispetto nei confronti delle due più importanti lingue nazionali, il tedesco e il francese, e se in un futuro uno svizzero tedesco ci chiederà in inglese se è disponibile una camera in albergo per passare qualche giorno di vacanza in Ticino, noi potremo rispondergli in tutta tranquillità: “Natürlich, Sie sind herzlich willkommen”. In questo senso potremmo dire che il Ticino e il Grigioni italiano rispettano maggiormente il principio federalista.

swissinfo: Le ragioni dell’economia quanto pesano sulle ragioni dell’identità di un paese, costruita anche sulle lingue?

F.T.: In una scala che va dai milligrammi alle tonnellate direi che pesa quintali, ma è difficile quantificarne l’importanza. Dipende anche dal punto di vista di chi parla, da quanto si è disposti a rinunciare in nome di ideali che non hanno riscontri economici.

Pesa molto in ogni caso e le decisioni che stanno prendendo i vari cantoni in materia di politica linguistica scolastica sono sintomatiche del peso che viene attribuito all’economia (ma non solo), a scapito dell’identità plurilingue del nostro paese. Va comunque tenuto presente che la maggior parte degli scambi commerciali si hanno ancora con paesi non di lingua inglese, ma tedesca, italiana e francese.

swissinfo, Françoise Gehring

L’italiano si presenta come una lingua con un serbatoio di utenti limitato: il 6,5% della popolazione (secondo il censimento 2000).
Il tedesco raggiunge il 63,7% della popolazione.
Il francese raggiunge il 20,4% della popolazione.
Nel 1970 la percentuale delle persone che hanno dichiarato l’italiano come lingua principale era l’11,9%.

Curato da Bruno Moretti, dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana, “La terza lingua” raccoglie due saggi sulla situazione linguistica ticinese.

È un importante contributo alla comprensione della questione linguistica in Svizzera, dove i rapporti tra le lingue nazionali rischiano di essere modificati da decisioni politiche.

Il volume – 212 pagine – è stato pubblicato dall’editore Armando Dadò (Locarno) nella collana “Il cannocchiale”.

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