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Frontaliers Disaster, oltre le Alpi e (forse) ancora più in là

Bernasconi Bussenghi
Bernasconi e Bussenghi, interpretati da Paolo Guglielmoni e Flavio Sala. DR

"Frontaliers Disaster" da quasi un mese sta sbancando i botteghini in Ticino. In occasione dell'uscita del film nella Svizzera tedesca e francese, abbiamo fatto una chiacchierata con il regista, Alberto Meroni.

Roberto Bussenghi, frontaliere di Usmate Carate che tutti giorni “va a Lugan a lavurà” e Loris J. Bernasconi, doganiere svizzero alla dogana di Bizzarone-Novazzano. Un ticinese deve aver vissuto degli anni sotto un sasso non aver almeno sentito parlare di loro. Nati come personaggi di sketch, radiofonici poi televisivi, sono oggi anche protagonisti di un lungometraggio prodotto da Inmagine SA, casa di produzione di Alberto Meroni che ne ha anche curato la regia in coproduzione con RSI Radiotelevisione svizzera italiana.

tvsvizzera.it: Alberto Meroni, Frontaliers disasters ha avuto un successo eccezionale nella Svizzera italiana, ci può dare qualche cifra? 

Alberto Meroni: Siamo a 25’000 spettatori in 4 settimane in Ticino. Star Wars, che era fra i film più attesi, ne ha avuti 11’000. Il pubblico ha apprezzato la nostra commedia. Ieri è uscita nella Svizzera francese e da oggi nella Svizzera tedesca.

Alberto Meroni
Alberto Meroni lavora come regista e produttore di film, pubblicità, documentari, video clip e format televisivi. Diverse sue produzioni hanno ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali. Fra queste ricordiamo la webserie diretta da Nick Rusconi “Arthur” che è stata nominata nel 2016 migliore web serie del mondo. Inmagine.ch

tvsvizzera.it: Se lo aspettava?

A.M.: No, ma lo si spera sempre. Nel mio “business plan” avevo tre cifre: minima, realistica e ottimale. Siamo decisamente all’ottimale. Non mi aspettavo che il film fosse accolto così positivamente dal pubblico. La gente esce dalla sala entusiasta, allegra, alimenta il passaparola e il film va avanti grazie a questo. 

tvsvizzera.it: A cosa pensa sia dovuto?

A.M.: A tanti piccoli ingredienti. Alla semplicità e all’autoironia. Il film è un po’ un gioco di specchi. Lo spettatore svizzero riconosce in Bernasconi i suoi pregiudizi sugli italiani, ma si immedesima anche nel frontaliere, che i pregiudizi li subisce.

Ci si riconosce nei personaggi da una parte e dall’altra della barricata, ma anche nelle semplici situazioni. Tutti noi abbiamo paura di perdere il lavoro, tutti abbiamo una mamma o una fidanzata, tutti non vogliamo raccontare bugie. 

Il film ha questi elementi che fanno sì che ci si immedesimi dall’inizio alla fine. Poi è leggero, pieno di colpi di scena e tante battute divertenti. Sono tanti piccoli ingredienti che l’hanno fatto funzionare. 

tvsvizzera.it: La decisione di portarlo anche nel resto della Svizzera era già programmata? 

A.M.: Si tenta sempre, ma dopo il produttore e il regista ci sono i distributori e i gestori di sala. Sono loro che tastano il polso del pubblico. Quando hanno visto l’enorme successo che ha avuto in Ticino, e dopo aver guardato il film, hanno ritenuto che c’era la possibilità di dargli una grande diffusione, non solo una o due proiezioni in piccole sale. In totale usciremo in 32 città svizzere.  

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tvsvizzera.it: Dopo proiezioni in anteprima nella svizzera francese e tedesca che impressione ha avuto? L’humor ticinese piace anche oltralpe?

A.M.: La sfida più grande è proprio questa. Il pubblico alle anteprime a Ginevra è a Zurigo era principalmente italofono. Il prossimo weekend sarà la prova del nove.

Il film sarà sottotitolato perché non avremmo fatto in tempo a doppiarlo. Comunque in Svizzera tedesca e francese c’è più abitudine a guardare pellicole in lingua originale e questo fa mantenere a Frontaliers Disaster quell’identità ticinese che lo caratterizza. 

Da regista “commerciale”, che sta in piedi grazie al riscontro del pubblico, il primo weekend non dormi, perché aspetti i numeri. In Ticino ero più tranquillo. Adesso mi chiedo: la gente apprezzerà il nostro humor ticinese? Dovremo infrangere tante barriere quindi davvero non lo so e nemmeno il distributore lo sa. Non siamo Aldo, Giovanni e Giacomo o Checco Zalone. Noi arriviamo con qualcosa di nuovo, di ticinese. È questa la barriera da infrangere. 

Per ora ho avuto solo delle reazioni della stampa francofona e germanofona. Non ho avuto riscontri negativi. Non mi hanno detto, ad esempio, che era troppo “locale”. Penso che la difficoltà principale sarà quella linguistica. 
 
Certe battute ticinesi però sono state adattate (nei sottotitoli ndr.) e sono diventate un po’ più “svizzere”. 

tvsvizzera.it: Lo si potrà vedere anche nelle sale italiane?

A.M.: Ci stiamo lavorando. L’interesse dall’Italia c’è stato fin da subito. Stiamo decidendo la strategia, dovremo poi oltrepassare qualche scoglio burocratico. Usciremo in Italia, ma quando, non lo sappiamo ancora.

“Il pubblico italiano vuole vedere il film. Sui social media ci chiedono continuamente quando esce in Italia”.

Abbiamo comunque notato che il pubblico italiano vuole vedere il film. Sui social ci chiedono continuamente quando esce in Italia. E parecchi “frontalieri della risata” sono venuti a vederlo in Ticino. 

tvsvizzera.it: Il tema dei frontalieri, per lo meno in Ticino, è molto delicato. In questo senso, ci sono state anche critiche negative? 

A.M.: No. Il film parla di un frontaliere e di un doganiere, ma non c’è nessuna presa di posizione politica e ideologica. Non è un documentario e non è realismo. È la storia di un’amicizia tra vicini di casa divisi da un confine. Non è uno scontro ma un confronto tra due mentalità. I cliché dello svizzero per cui le regole sono regole e dell’italiano per cui ci sono solo eccezioni. E i due capiranno che forse la via giusta sta nel mezzo. 

tvsvizzera.it: Nel cinema svizzero si ha l’impressione che non ci sia molto spazio per le commedie leggere. Lei sembra un’eccezione… 

A.M.: In Svizzera “interna” le commedie ci sono, anche perché c’è più pubblico. Qui da noi in Ticino sembra ci sia la paura che, in un certo senso, la commedia non sia seria. Questa è la mia terza commedia per il cinema e per la terza volta non ho avuto il sostegno della commissione della cultura cantonale. 

Comunque è vero, sono un’eccezione. Io non parto dall’idea di un film ma dalla domanda del pubblico. Con il distributore, Luca Morandini, abbiamo discusso fin da prima che il film fosse girato.

Molti fanno un film, ci spendono anni e poi il distributore gli dice che non funzionerà bene. Non perché sia brutto, ma perché sanno che un certo genere di film lo vanno a vedere meno persone, e si parla di poche centinaia.

Bisogna chiedersi se si vuole trasmettere la nostra cultura a un pubblico ridotto o “maintstream”. Frontaliers Disaster non può essere definito come “non culturale”. È pieno di elementi della nostra identità, della mentalità, di luoghi comuni. Anche questo fa parte della cultura. 

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