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L’interesse svizzero di avere alleati in Cina

Serge Fafalen è il primo avvocato svizzero che diventa socio di uno studio legale cinese SG Fafalen and Co

Presidente della Camera svizzera di commercio a Hong Kong, Serge Fafalen è il primo svizzero a diventare socio di uno studio legale cinese. Da aprile fa parte del gigante King & Wood a Hong Kong. Intervista.

Lo studio è uno dei più grandi della Cina. Possiede sedici uffici, di cui tredici nel Paese asiatico, e impiega 800 avvocati.

swissinfo.ch: Il suo sbarco allo studio King & Wood, con il suo team, era previsto per l’inizio del 2009. Perché questo differimento?

Serge Fafalen: Il trasferimento professionale era vincolato alla condizione che lo studio King & Wood integrasse un altro studio legale. Questa integrazione ha necessitato più tempo del previsto. Ciò ha ritardato il nostro trasferimento.

swissinfo.ch: Cosa implica questo tipo di negoziati fra avvocati svizzeri e cinesi?

S. F.: L’aspetto culturale è importante, per forza. Ma ciò vale anche per altri settori e per qualsiasi attività commerciale. Occorre trovare un terreno d’intesa. Poi tutto funziona allo stesso modo ovunque.

swissinfo.ch: Ma c’è una differenza rispetto a un negoziato che si svolge fra occidentali?

S. F.: La questione è difficile poiché gli avvocati sono strutturati in modo molto diverso a seconda dei paesi. Per esempio, un negoziato con dei francesi non ha nulla a che vedere con uno con avvocati tedeschi. La nostra professione è molto segmentata e strutturata.

Evidentemente, per un ginevrino, culturalmente i cinesi sono nettamente più diversi dei francesi. Ciò implica un adattamento che tenga conto del fatto che le persone che si hanno di fronte non hanno la stessa cultura.

Uno svizzero che s’installa in Cina ha bisogno di alleati. In questo tipo di attività, come in qualsiasi paese relativamente difficile e culturalmente molto diverso dalle realtà europee, c’è bisogno di persone che conoscono bene la cultura e il terreno. Persone che hanno esperienza locale.

L’idea per cui ho raggiunto questo studio è di completare la mia esperienza di Hong Kong con quella della Cina continentale, su tutto il territorio cinese.

Per un cliente che vuole investire in Cina, ci sono i grandi classici – Shanghai, Pechino, Guangzhu, Shenzen – e i meno classici. I “second-tier cities” come Chongqing, Chengdu, Hangzhu e altre città estremamente importanti che stanno emergendo.

Le problematiche commerciali, dall’angolo amministrativo, sono problematiche locali. Sono dunque necessarie persone che sanno trattare le problematiche locali. Un po’ come in Svizzera quando si passa da un cantone all’altro.

Ma su scala cinese, le differenze sono enormi. Non sono assolutamente più le stesse persone, gli stessi modi di procedere, sovente le stesse lingue. King & Wood ha sedici uffici, di cui tredici in Cina, proprio con specialisti attivi a livello locale.

swissinfo.ch: Nell’ambito della sua attività a Hong Kong ha constato un robusto interesse per la Cina da parte delle aziende svizzere?

S. F.: Sul piano geopolitico ed economico, la Cina tiene il timone degli affari. Per qualsiasi impresa, il mercato cinese, o meglio i mercati locali della Cina, sono importanti e non possono essere trascurati. Ogni impresa dotata di una visione strategica a medio o lungo termine dev’essere presente in Cina.

La realizzazione di questa visione dipende dalle dimensioni e dalla storia dell’impresa. Ma per strutturare le operazioni e i contratti, le aziende hanno spesso interesse a passare da Hong Kong, dove esiste, in particolare una sicurezza del diritto. Ciò non è invece sempre il caso altrove in Cina, soprattutto se si tratta con aziende statali.

swissinfo.ch: La nazionalità svizzera ha avuto un ruolo nel suo negoziato con King & Wood?

S. F.: Ad essere franco, non credo. Al contrario, di fronte a un insieme di persone di un’altra cultura, nella fattispecie cinese, resti uno straniero. Spetta a te gestire questa diversità culturale.

swissinfo.ch: In Svizzera molti temono per l’immagine internazionale della Confederazione a causa delle vicissitudini bancarie e delle tensioni con la Libia. A Hong Kong e in Cina si denota un degrado dell’immagine elvetica?

S. F.: Hong Kong è completamente estranea alla problematica geopolitica Europa-Svizzera-Libia. Pochissima gente qui ha sentito parlare del problema. Non c’è assolutamente alcuna conseguenza per l’immagine svizzera. E credo che sia lo stesso in Cina.

Circa la gestione del segreto bancario e del ‘dopo segreto bancario’, la maggior parte della gente qui non la segue affatto, nella misura in cui non sanno nemmeno cosa sia il segreto bancario.

A Hong Kong non esiste alcuna imposta sui depositi bancari. Vale a dire che nessuno è interessato dall’evoluzione del segreto bancario in Svizzera, poiché nessuno froda il fisco.

Non essendo direttamente coinvolte, anche le persone che hanno rapporti bancari con le istituzioni elvetiche non capiscono il problema e l’immagine della Svizzera non è per nulla scalfita.

Del resto, gli svizzeri qui godono di un’eccellente immagine, molto legata agli orologi svizzeri, estremamente ricercati e di ottima qualità nella gamma molto elevata.

Questa gamma di gran lusso è esattamente quello che interessa la nuova massa di ricconi in Cina e la massa, meno nuova, ma di straricchi a Hong Kong. Nessun dubbio: essere svizzero qui significa ancora essere ben visto.

Pierre-François Besson, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

Hong Kong approfitta attualmente di un afflusso enorme di denaro cinese. È la prima regione dove i cinesi fanno acquisti, investono, passano il loro tempo, osserva Serge Fafalen.

Una creazione di ricchezza che sfocia nella borsa e nell’immobiliare, settori che sono esplosi dall’autunno 2008.

A Hong Kong “non si vede molto la crisi”, riassume lo svizzero. La disoccupazione è peraltro limitata dall’insediamento di aziende che sostengono il mercato immobiliare.

Ma Hong Kong segue la crisi in Europa. “Tutti parlano di quel che sta accadendo in Grecia”. Per le aziende della regione, si tratta di trovare nuovi sbocchi, in particolare sul mercato interno cinese, per compensare gli affari andati persi.

A ciò si aggiunge un nuovo problema: la manodopera cinese diventa relativamente cara, soprattutto nel sud del paese. Un problema di strategia a medio termine per le imprese che erano abituate a produrre a basso costo.

Svizzero di 46 anni, Serge Fafalen è laureato in diritto all’università di Ginevra e avvocato, è iscritto all’ordine professionale di Ginevra, Hong Kong e Gran Bretagna. Ha pure conseguito dei master in finanza e in gestione della tecnologia.

Presiede la Camera di commercio svizzera a Hong Kong, è membro del comitato “servizi” della promozione economica di Hong Kong (HKTDC) e copre siede il comitato “Europa” della Camera generale di commercio della metropoli cinese (HKGCC)

È pure avvocato onorario dell’associazione degli esportatori di Hong Kong (HKEA) e il rappresentante delegato in Cina e Hong Kong del Greater Geneva Bern area (promozione economica unificata di sei cantoni). Non da ultimo, è membro del comitato consultivo della Camera di commercio francese.

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