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L’iniziativa anti-minareti “fa il gioco degli estremisti”

Keystone

L'iniziativa popolare che vuole proibire i minareti in Svizzera infiamma i dibattiti. L'imam Sakib Halilovic evidenzia i pericoli insiti nella mentalità che si cela dietro l'iniziativa e i danni che può comportare per la Svizzera e i musulmani.

Il governo elvetico biasima la proposta e raccomanda di respingerla. La comunità musulmana in Svizzera mantiene la calma, pur essendo preoccupata. La valenza dell’iniziativa in realtà è molto complessa.

Essa gioca pericolosamente con le emozioni e gli estremismi, ma anche con valori fondamentali svizzeri, quali la libertà di credo, i diritti umani, l’immagine del paese e con i risultati conseguiti nell’integrazione, rileva Sakib Halilovic, imam della comunità islamica di lingue slave meridionali di Zurigo.

swissinfo: Riesce a capire che degli svizzeri temano una “islamizzazione della società” e firmino un simile testo?

Sakib Halilovic: In parte posso anche capire che vi sia questa paura, che però non è assolutamente giustificata.

È un dato di fatto che in Svizzera attualmente vivono oltre 350mila musulmani. I promotori dell’iniziativa ne sono coscienti. Tuttavia vogliono per così dire impedire che ciò diventi fisicamente visibile.

Da un lato tollerano la presenza di queste persone, ma dall’altro vogliono almeno che non si vedano.

swissinfo: A cosa è dovuta tale incongruenza?

S.H.: In questo campo si risvegliano grosse emozioni. Si tocca un simbolo, come in tutte le religioni. E ciò comporta delle identificazioni. Per questo motivo non sono nemmeno entusiasta dei piani di costruzione di minareti in zone industriali, come per esempio quello a Wangen, nel canton Soletta. In tal modo non si risolve il problema.

Un edificio di culto generalmente accettato, oltre al suo scopo diretto, deve anche presentare un valore architettonico aggiuntivo per l’urbanistica svizzera moderna, come ad esempio la moschea di Ginevra.

swissinfo: C’è già stato?

S.H.: Recentemente ho fatto una gita scolastica a Ginevra. Con i miei allievi ho visitato alcuni luoghi simbolici della città: la sede dell’Onu, la cattedrale nel centro storico, il lungolago e naturalmente la moschea. Assieme al minareto, costituisce un edificio veramente concepito come luogo di culto.

L’obiettivo della nostra escursione era di visitare simboli della città che fanno parte anche del suo patrimonio culturale. Per questo una moschea non doveva avere solo una funzione pratica, ma anche una valenza culturale.

swissinfo: I promotori dell’iniziativa sostengono però che i minareti sono il simbolo di una politica imperialista?

S.H.: Per questo l’iniziativa fa il gioco degli estremisti. E non solo in questo paese. Le posizioni estremiste all’interno dell’islam in Svizzera ricevono così slancio. Simili argomenti sono in sintonia con lo spirito delle crociate.

La comunità islamica in Svizzera si ribella contro simili mentalità.

swissinfo: Che influsso ha l’iniziativa sull’integrazione?

S.H.: L’influsso negativo di simili mentalità sulle giovani generazioni è un fattore centrale. I giovani musulmani nati e cresciuti qui pensano e si sentono come qualsiasi altro cittadino svizzero. Condividono il rispetto delle libertà di religione e di espressione, dei diritti umani e delle altre norme valide per tutti.

Sono nati nella comunità musulmana, poiché nessuno può scegliere la religione dei genitori. Ma per quei giovani è scontato che gli stessi diritti valgono anche per loro.

Ora però sentono improvvisamente che parte della società svizzera preferirebbe escluderli. Proprio in un paese che tiene così tanto alla democrazia, al multilinguismo, alle diversità religiose, ai diritti e alle libertà, vi sono forze che vorrebbero proibire i minareti.

I giovani musulmani nati e cresciuti in Svizzera si chiederanno se queste norme esistono veramente oppure se sono semplicemente dei principi teorici che in fin dei conti non sono però validi per tutti. È un aspetto estremamente importante di questa iniziativa.

swissinfo: L’immagine della Svizzera nel mondo musulmano ha subito danni?

S.H.: La Svizzera gode di un’eccellente fama nei paesi musulmani, sia fra i governi, sia fra i popoli. I promotori ignorano completamente quanto ne risenta la reputazione del loro paese a causa dell’iniziativa.

Mi danno l’impressione di essere un gruppo di opportunisti che desiderano aggregarsi a un movimento antiterrorista globale.

Con la loro iniziativa si rivoltano contro norme fondamentali del loro paese, di cui dovrebbero essere fieri invece di volerle abolire. Mettono a repentaglio la convivenza pacifica nel proprio paese, come pure i risultati già raggiunti dalla politica di integrazione.

swissinfo: Il muezzin chiamerà presto alla preghiera?

S.H.: Molto difficilmente. La comunità musulmana in Svizzera è presente da relativamente poco tempo e non è dunque ancora pronta per gestire una vera moschea. È d’altra parte evidente che debba rispettare le prescrizioni di costruzione e le leggi locali.

Siamo anche coscienti che si fomentano ancora paure evocando il richiamo del muezzin come conseguenza della costruzione di minareti.

swissinfo: È possibile che dei cristiani erigano una chiesa con un campanile in una zona abitata di un paese islamico?

S.H.: Non c’è nessun “paese musulmano” in sé, ci sono i paesi più disparati, dall’Estremo oriente all’Atlantico. Anche per me è chiaro che attualmente la costruzione di una chiesa in determinati paesi dove vivono musulmani non è possibile. Invece in altri, come in quelli del sud-est europeo, non pone alcun problema.

La Svizzera non può peraltro essere comparata con i numerosi paesi musulmani, poiché la società civile è diversa. Ciò ha poco a che vedere con la religione. Anche i musulmani spesso non sono d’accordo con la politica nei loro paesi.

È difficile paragonare le libertà in Svizzera con l’Arabia saudita o con l’Iran. Se gli svizzeri prendessero simili standard come parametro, molte conquiste elvetiche verrebbero messe in pericolo.

Swissinfo, Alexander Künzle e Jean-Michel Berthoud
(Traduzione dal tedesco di Sonia Fenazzi)

L’iniziativa popolare “Contro l’edificazione di minareti” è stata lanciata nel maggio 2007 da un gruppo di esponenti della destra nazional-conservatrice.

Il testo ha riunito 114’895 firme, depositate l’8 luglio 2008 alla Cancelleria federale.

I promotori sostengono di volere arrestare “l’islamizzazione rampante del nostro paese”, senza tuttavia limitare la pratica della religione musulmana.

Argomentano che il minareto non ha nulla a che vedere con i contenuti della fede, ma è il simbolo di un “imperialismo politico-religioso”.

In Svizzera attualmente vivono circa 350’000 musulmani.
Circa il 12% ha la cittadinanza svizzera.
La loro proporzione è salita dal 2,2% nel 1990 al 4,3% nel 2000.
I tre quarti della popolazione sono cristiani.

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