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L’industria farmaceutica svizzera sotto pressione

La Novartis sopprimerà oltre mille posti e chiuderà due stabilimenti in Svizzera Reuters

La ristrutturazione della Novartis, con il taglio di duemila impieghi e la chiusura di due fabbriche, evidenzia le pressioni sull'industria farmaceutica, uno dei principali settori economici della Svizzera. Insieme alle tecnologie mediche, rappresenta il 30% dell'export elvetico.

Le drastiche misure occupazionali hanno sorpreso l’opinione pubblica, tanto più che contemporaneamente il 25 ottobre la Novartis ha annunciato di aver realizzato nel terzo trimestre di quest’anno un utile netto di 2,49 miliardi di dollari (2,2 miliardi di franchi), in crescita del 7% e un risultato operativo di 2,95 miliardi di dollari, in aumento del 14%. Sempre dall’inizio di luglio alla fine di settembre, il giro d’affari è progredito del 18% a 14,84 miliardi.

Ma le misure di austerità introdotte dai governi dei paesi industrializzati stanno erodendo pesantemente i prezzi dei farmaci, ha affermato il colosso basilese, motivando l’accelerazione dei piani di ristrutturazione.

Questi prevedono la soppressione di quasi 1’100 posti in Svizzera e circa 900 negli Stati Uniti. Oltre alla chiusura degli stabilimenti di produzione a Nyon e Basilea, la società anche all’esterno alcuni lavori di ricerca e sviluppo, e creare 700 nuovi posti di lavoro “a basso costo e in altri paesi”.

Parlando ai giornalisti in una conferenza telefonica, il Ceo della Novartis Joseph Jimenez ha affermato che i prezzi dei farmaci in Europa quest’anno sono scesi di circa il 5%. “Siamo di fronte ad una situazione sempre più difficile che rischia di diventare ancora più dura nei prossimi cinque anni”, ha detto. “Non possiamo assorbire queste decurtazioni di prezzi senza prendere provvedimenti”.

L’annuncio della Novartis segue quello di misure analoghe dello scorso anno della Roche, che ha tagliato 4’800 posti nel mondo, di cui 700 in Svizzera.

Secondo Thomas Cueni, segretario generale dell’Associazione delle aziende farmaceutiche svizzere che fanno ricerca Interpharma, la ristrutturazione della Novartis dovrebbe “aiutare ad accrescere la sensibilità” riguardo alle pressioni che deve affrontare l’industria farmaceutica elvetica.

“La Novartis ha lasciato intendere abbastanza esplicitamente che la Svizzera è in una certa misura a una resa dei conti e che deve mostrarsi più sensibile alle esigenze di un ambiente di ricerca con condizioni quadro favorevoli”, ha detto Cueni a swissinfo.ch.

Necessità di riforme

Una mozione depositata nel mese di settembre dal Gruppo dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) alle Camere federali chiede al governo di elaborare un piano per “rilanciare la Svizzera quale polo d’eccellenza nella ricerca e nel settore farmaceutico”.

Nell’atto parlamentare si sollecitano misure per “migliorare le condizioni quadro relative al controllo dell’economicità (incluse le relazioni monetarie), alle procedure d’approvazione di studi clinici, all’omologazione di medicinali e dispositivi tecnici per uso medico, all’obbligo di rimborso e alla tutela della proprietà intellettuale”. Per l’UDC, attualmente “il futuro di questo importante settore per l’economia svizzera non è sufficientemente garantito”.

Cueni ritiene che il precedente grande successo dell’industria abbia alimentato un certo “compiacimento” e fatto perdere di vista la necessità di una riforma. A suo avviso, processi burocratici complicati, ritardi nelle omologazioni e un calo della ricerca clinica negli ultimi anni offuscato la reputazione della Svizzera come ambiente favorevole all’innovazione. “Tutti questi segnali vanno nella direzione sbagliata e il tema deve essere affrontato”, rileva Cueni.

La concorrenza dei generici pesa sul settore, che presto sarà confrontato con la scadenza del brevetto di una serie di prodotti di marca, ha detto a swissinfo.ch Sheralyn Morey, analista del mercato farmaceutico per la Svizzera presso la Espicom Business Intelligence. “Nel confronto internazionale, il mercato svizzero dei generici non è competitivo”.

Fluttuazioni dei cambi

Da un lato le riforme nel settore della sanità e tagli di prezzo farmaceutiche mettono notevolmente a rischio la crescita a corto termine. Dall’altro l’analista ricorda anche gli effetti negativi del franco forte per le imprese svizzere di esportazione.

“Molte aziende svizzere, tra cui la Novartis e la Roche, dipendono dalle esportazioni. Quindi sono insorte perché considerano che il franco sia sopravvalutato”, ha detto la Morey.

Annunciando i risultati del terzo trimestre, all’inizio di ottobre, la Roche ha detto che la forza del franco svizzero ha influenzato negativamente le vendite del Gruppo erodendo il 13%.

Ciò nonostante la Novartis e la Roche sono “ben posizionate” per superare le fluttuazioni dei cambi, perché hanno istituti di ricerca e attività produttive in altre parti del mondo, rileva . Infatti, Novartis ha detto che il guadagno delle vendite nette del 6% nel terzo trimestre deriva dalla debolezza del dollaro.

Cueni osserva comunque che nel lungo periodo, l’economia svizzera ha “sempre dovuto convivere con un franco forte”. “A livello di gruppo, la Novartis e la Roche sono piuttosto ben coperte contro questi effetti”, aggiuge. Ma a livello “dei siti svizzeri ha un impatto, perché la crescita delle esportazioni non è più così forte come in precedenza. Anzi, in realtà in questo momento è stagnante”.

Specialisti svizzeri

Per alcuni osservatori, le chiusure degli stabilimenti annunciate dalla Novartis sono un’indicazione che l’industria farmaceutica svizzera è costretta ad allontanarsi dalla produzione di massa.

“Penso che i prodotti di alta qualità che richiedono un sacco di ricerca e sviluppo saranno sempre fatti in Svizzera, mentre i prodotti finiti saranno fatti altrove”, ha dichiarato al quotidiano ginevrino Le Temps Janwillem Acket, economista presso la banca Julius Bär.

Secondo Thomas Cueni, i costi delle attività di ricerca e sviluppo in Svizzera negli ultimi due anni sono aumentati di circa il 20% in confronto alla zona euro in termini relativi. Eppure l’industria ha creato 10mila nuovi posti di lavoro negli ultimi dieci anni.

“Nonostante l’annuncio della Novartis, le aziende continuano a investire in modo consistente in Svizzera”, ha detto Cueni. “Ciò è dovuto al fatto che la Svizzera è ancora relativamente ben posizionata”.

Non si deve dimenticare che la Novartis manterrà in Svizzera 11’400 posti di lavoro, pari a circa il 10% del totale degli effettivi del gruppo, osserva Sheralyn Morey. “Complessivamente, la Svizzera ha una buona reputazione per la qualità della ricerca. E questa resterà, nonostante i tagli di posti di lavoro e le ristrutturazioni in corso”.

Attualmente il colosso basilese occupa circa 12’500 persone ripartite in 13 siti. A livello mondiale il gruppo ha in organico circa 121mila dipendenti.

La riorganizzazione annunciata il 25 ottobre sarà attuata nei prossimi tre-cinque anni. Comporterà la soppressione di posti di lavoro nella ricerca, nello sviluppo, nella produzione e nell’amministrazione.

Il gruppo renano prevede di chiudere la fabbrica di medicinali generici, situata a Prangins, vicino a Nyon, nel cantone di Vaud, che occupa 360 persone, e di trasferire la produzione in altri stabilimenti Novartis o eventualmente di aziende terze.

A Basilea, la Novartis intende chiudere un comparto di ricerca che occupa 270 persone. Prevede inoltre la cancellazione di 230 posti nella produzione, 200 nello sviluppo e 60 nell’amministrazione.

Il 40% delle vendite dell’industria chimica e farmaceutica elvetica è destinato agli Stati Uniti, il 36% all’Europa e il 17% ad Asia, Africa e Australia. Solo il 2% del fatturato è realizzato in Svizzera.

Con una quota del 4% del totale mondiale, la Svizzera si colloca al 7° posto dei paesi esportatori di prodotti chimici e farmaceutici.

L’industria chimica e farmaceutica è al secondo posto dei comparti industriali della Svizzera, dietro all’industria delle macchine. Costituisce più del 4% del prodotto interno lordo.

Dal 1995 al 2010 ha segnato un tasso di crescita medio annuo del 14,3% contro il 2,9% dell’insieme dell’industria svizzera.

Alla fine del 2010 occupava oltre 67mila persone.

(Fonte: Scienceindustries)

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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