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L’incubo del silicone per una trans “pentita”

Il racconto di Vittoria che da 25 anni lotta contro i dolori per aver inseguito il sogno dell'eterna bellezza

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Voleva sembrare più bella, formosa, soda. Voleva che tutti gli uomini si girassero a guardarla, perché lei era sì nata uomo, ma da sempre si era sentita donna, nella testa, nel cuore, profondamente. E così ha fatto quello che facevano tutte le sue coetanee transessuali: si è fatta iniettare nel corpo sei litri di silicone. Succedeva venticinque anni fa in Brasile, dov’è nata, ma i segni (anche se non vuole mostrarli), ce li ha addosso tutti anche adesso. Soprattutto adesso. Per spararle sottopelle quel liquido denso e corposo l’hanno dovuta tenere ferma in due: con un ago da veterinario, senza nessuna sicurezza igienica, senza preoccuparsi troppo delle possibili conseguenze che ne sarebbero derivate, due litri sono finiti sul petto e quattro nelle cosce e nei glutei. “E’ stata una sofferenza terribile”, racconta, “ma appena l’ago è uscito il dolore è finito”. E subito dopo, era bellissima. Scolpita, perfetta, con il seno sodo e un fondoschiena da prima pagina. Poi, quattro mesi dopo, il suo corpo ha cominciato il rigetto, le è venuta la febbre, si è gonfiata e ha cominciato ad avere dolori lancinanti. Questa è la storia di Vittoria, nome di battesimo “Irgoff”, venuta al mondo 51 anni fa a Porto Vittoria in Brasile, ultimo di sette maschietti. “Mia madre era così convinta che sarei stata una bimba, che già nella pancia ho voluto accontentarla”, ricorda, “Mi sono sentita diversa da subito, una donna nel corpo di un uomo”. E infatti, da subito ha assecondato la sua identità interiore: a diciassette anni ha cominciato a farsi chiamare Carolina, come la principessa di Monaco, a 25 si è fatta chiamare Vittoria, come il paese in cui è nata. In quell’anno, è avvenuta l’iniezione del silicone e subito dopo è emigrata in Europa.

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L’inizio dell’incubo di Vittoria

Il silicone (quel silicone, e iniettato in quel modo) è una specie di serpe che ti striscia dentro: una volta che lo inietti, tirarlo fuori è quasi impossibile e il dolore diventa cronico. Per zittirlo, per sopportare quel dolore, Vittoria ha dovuto cominciare a farsi di cortisone. Ma il cortisone, dopo 26 anni che lo usa, le ha provocato danni seri. I dolori si sono attutiti, l’infiammazione è regredita ma il cortisone ha accelerato il processo di invecchiamento della sua pelle e in pratica le ha quasi del tutto distrutto le difese immunitarie. A guardarla non si direbbe: Vittoria è una bella donna e sembra il ritratto della salute. Diresti tutto di lei, che è in splendida forma, che ha un’energia inesauribile, che è elegante e spiritosa. Mai penseresti che ha il corpo martoriato da iniezioni di cortisone, una puntura ogni quindici giorni da ventisei anni. Le basta urtare un mobile con una mano, e la sua fragilissima pelle, sottile e delicata come una pergamena, si apre e si riempie di lividi. Mai diresti che spesso è costretta a stare sdraiata: il silicone che ancora le gira sotto pelle, che ha preso possesso di numerose cavità tra le sue ossa e i suoi muscoli, ancora le dà dolore e deve farlo riposare, come una bestia da ammansire. Vittoria tiene moltissimo all’apparenza, all’eleganza, alla sua femminilità e non ama mettere a nudo quel corpo fragile e martoriato. Dopo anni di sofferenza, Vittoria ha conosciuto Antonia Monopoli, 42 anni, transgender originaria di Bisceglie, Puglia, oggi una dei punti di riferimento per i trans di Milano dove, tramite l’associazione Ala Milano Onlus, ogni mercoledì tiene aperto uno sportello di aiuto. Antonia ha aiutato Vittoria a prendere contatti con l’Ospedale Niguarda di Milano dove si è fatta operare per sei volte: “I medici che mi hanno operata – racconta Vittoria – mi hanno detto che il silicone che avevo dentro si era spezzettato e si era diffuso in piccole palle dentro tutto il corpo. Era come avere dentro nidi di vipere. Il silicone era tutto a uova, infilate ovunque”. I medici del Niguarda le hanno estratto la maggior parte del liquido, ma non sono riusciti a tirarglielo via del tutto. La prossima operazione sarà ad ottobre.

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Antonia Monopoli (Ala Milano Onlus) sugli effetti del silicone

Le associazioni che si occupano di transessualità lo dicono chiaro: il silicone iniettabile è un impianto permanente tristemente noto perché usato e abusato ancora oggi da tantissime transessuali. Se Vittoria infatti l’ha usato venticinque anni fa, questo non significa che oggi le transessuali abbiano smesso di ricorrere a questa pericolosissima pratica. Tutt’altro: Antonia Monopoli è la referente dello sportello Trans dell’associazione Ala Milano Onlus e denuncia: “Purtroppo questa pratica del silicone è ancora in uso e spesso sono le stesse transessuali a farlo l’una sull’altra. Si fanno chiamare Bombardeire, non hanno nessuna esperienza medica, vanno casa per casa e usano il silicone comprato al supermercato”. Da qualche anno Antonia porta avanti il progetto “Via del Campo” con il quale lei e altri volontari cercano di agganciare le persone che si prostituiscono, non solo trans, e di attivare percorsi di inclusione sociale per farle uscire dalla prostituzione. È anche un modo per avvertire sulla pericolosità di questo fenomeno. Vittoria non ha avuto solo bisogno di un aiuto medico, ma anche di un sostegno personale per ritrovare la forza e il coraggio di andare avanti. La sua casa, nel quartiere Gratosoglio, sembra un museo della transessualità. È disseminata di tappeti tigrati, piume di struzzo e cappelli con decorazioni floreali. Dietro una vetrina brillano i vestitini di strass e pailettes che lei stessa cuce a mano e con i quali veste le sue bambole. Delle opere d’arte, fate vestite di turchese, streghe dentro abiti neri luccicanti, ognuna confezionata in base al suo umore. “Spesso faccio delle mostre”, racconta, “e a volte qualcuna riesco a venderla. Sono la mia grande passione, c’è dentro tutto il mio estro. Sono un’artigiana della bellezza, cucio i vestiti, creo principesse e regine, streghe e fate. Ognuna di loro rappresenta una parte di me”.

Stefania Culurgioni

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