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L’incognita dell’iniziativa contro il burqa

Una donna con il niqab scende da una scala accompagnata da un bambino
La Francia ha vietato di indossare il burqa e il niqab nel 2010. La Svizzera la seguirà sulla stessa strada? Keystone / Horacio Villalobos

Divieto di dissimulare il viso, identità elettronica e accordo di libero scambio con l'Indonesia: gli svizzeri domenica votano su tre oggetti. Mentre un buon numero di Paesi vicini ha già vietato il burqa e il niqab negli spazi pubblici, la Confederazione potrebbe riservare una sorpresa se i votanti dovessero respingere l'iniziativa della destra conservatrice.

Il comitato di Egerkingen, che già è riuscito a convincere gli svizzeri di proibire la costruzione dei minareti, riuscirà domenica a persuaderli di bandire il burqa e il niqab dagli spazi pubblici? Se l’ultimo sondaggio della Società Svizzera di Radiotelevisione (SSR), realizzato dall’istituto gfs.bern, ha rivelato una leggera tendenza verso il rifiuto dell’iniziativa “Sì al divieto di dissimulare il proprio viso”Collegamento esterno, rimangono tuttavia molte incognite sul risultato del voto.

Con la sua proposta, il comitato d’iniziativa, composto da numerosi rappresentanti dell’Unione democratica di centro (UDC/destra conservatrice) vuole vietare l’uso del burqa o del niqab e altre forme non religiose di dissimulazione del viso nei luoghi pubblici.

I sostenitori dell’iniziativa ritengono che vietare l’occultamento del viso contribuisca a prevenire gli attacchi terroristici e altre forme di violenza. Affermano anche di voler promuovere l’uguaglianza tra i sessi, liberando le donne “controllate, oppresse, tenute prigioniere”. Anche alcune femministe ed esponenti dell’islam liberale si sono pronunciate a favore della proposta. Tuttavia tutti i partiti di sinistra e di centro-destra sono contrari.

Gli avversari dell’iniziativa sostengono che un simile divieto in Svizzera sarebbe inutile, perché  solo una trentina di donne residenti nel paese portano il niqab o il burqa. Considerano anche che il testo non contribuisca alla parità di diritti per le donne musulmane o a migliorare la loro integrazione nella società svizzera.

Il governo federale e il parlamento raccomandano di respingere l’iniziativa. Hanno tuttavia elaborato un controprogetto indiretto che entrerà in vigore se la proposta dell’UDC sarà respinta. Il controprogetto prevede l’obbligo di mostrare il viso se è necessario per l’identificazione, per esempio nei rapporti con l’amministrazione o nei trasporti pubblici.

Ticino e San Gallo hanno già adottato un divieto del burqa a livello cantonale. Se i cittadini dovessero approvare l’iniziativa, la Svizzera si unirebbe al gruppo di cinque paesi europei che hanno già adottato una simile misura.

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L’identità elettronica

Mentre quasi tutti i paesi europei offrono soluzioni per l’identità digitale o eID, la Svizzera in questo ambito è in ritardo. Per tentare di recuperare terreno, il governo e il parlamento hanno elaborato la Legge federale sui servizi d’identificazione elettronicaCollegamento esterno (LSIE), che vuole regolamentare l’autenticazione di una persona su Internet.

La legislazione prevede di delegare ad aziende private (e alle autorità cantonali o comunali) il compito di fornire delle eID e di assumere la funzione di fornitore di identità. Il ruolo del governo si limiterebbe a rendere accessibili i dati necessari.

Un comitato al di fuori dei partiti ha lanciato un referendum contro il progetto di legge. Toccherà quindi al popolo decidere il 7 marzo. Al centro del dibattito c’è il ruolo dello Stato. Gli oppositori ritengono che l’identità elettronica non debba finire in mani private, ma debba essere gestita dal governo, in modo da prevenite un abuso dei dati.

In compenso, i sostenitori della legge sostiene che l’esempio di altri paesi dimostra la non idoneità dei sistemi nazionali centralizzati. I fautori del sì ritengono inoltre che la Svizzera non possa più permettersi di rinviare l’adozione di un quadro legale, rischiando di penalizzare la competitività delle aziende elvetiche.

Il Partito socialista, i Verdi e i Verdi liberali si oppongono alla legge. Gli altri partiti di centro e di destra sono favorevoli.

Un primo tentativo di introdurre un’identità elettronica era già fallito oltre un decennio fa. Il progetto sottoposto al popolo questa domenica potrebbe subire la stessa sorte: secondo l’ultimo sondaggio della SSR, il 54% delle persone interrogate è orientato verso il no.

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L’accordo di libero scambio con l’Indonesia

L’olio di palma è al centro del dibattito sull’accordo di partenariato economico con l’IndonesiaCollegamento esterno. L’accordo mira a facilitare gli scambi commerciali con il paese del sudest asiatico. I formaggi, i prodotti farmaceutici e gli orologi svizzeri per esempio potrebbero essere esportati in Indonesia senza essere sottoposti a dazi doganali.

Quanto all’Indonesia, potrà esportare i suoi prodotti industriali in Svizzera senza ostacoli tariffari. Anche per alcuni prodotti agricoli sono previste riduzioni dei dazi, in particolare per l’olio di palma, per il quale l’Indonesia è il primo esportatore mondiale.

Il comitato referendario riunisce ambienti critici verso la globalizzazione, partiti di sinistra e organizzazioni non governative. Fra i suoi argomenti principali c’è quello ecologico, in particolare in riferimento all’olio di palma, la cui coltivazione comporta la distruzione della foresta tropicale. I sostenitori dell’accordo fanno valere invece il fatto che l’olio di palma importato dovrà rispettare determinati standard ecologici per beneficiare di una riduzione delle tariffe doganali.

Nell’ultimo sondaggio dell’istituto gfs.bern, il sì all’accordo di libero scambio era sostenuto dal 52% degli interpellati. Un ribaltamento del risultato all’ultimo minuto non è tuttavia escluso.

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