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L’emigrazione svizzera e … il calcio italiano

Catania, Scuola svizzera, 1906; una delle prime classi. Scuola svizzera

Esattamente un secolo fa, la comunità degli svizzeri di Catania fondava nella città dell’Etna una scuola per i propri figli.

Un secolo di esistenza che documenta un vivace flusso migratorio dalla Svizzera all’Italia. Emigranti svizzeri che in Italia hanno addirittura introdotto il calcio.

Le dimensioni assunte dall’immigrazione italiana in Svizzera nel XX secolo non devono far dimenticare il significato storico della presenza elvetica in Italia.

Oggi ancora, con 45.544 persone (di cui oltre 33.000 con doppia nazionalità), la colonia elvetica in Italia è una delle più consistenti: la quarta, dietro quelle di Francia, Germania e Stati Uniti.

La presenza di militari

Fino a metà Ottocento, la presenza elvetica in Italia era legata soprattutto ai trattati militari conclusi da alcuni Cantoni per la fornitura di truppe. Il Regno di Napoli e gli Stati della Chiesa avevano al loro servizio diversi reggimenti svizzeri, per un totale di oltre 10.000 uomini.

I militari provenivano soprattutto dai Cantoni della Svizzera centrale, dal Vallese e dal canton Berna. Il servizio militare capitolato (detto comunemente “servizio mercenario”), diventò impopolare e politicamente indifendibile dal 1848, poiché le truppe svizzere erano al servizio di sovrani avversi all’unificazione italiana e ai principi liberali e democratici. Questi reggimenti furono ufficialmente sciolti nel 1859.

Le caratteristiche dell’emigrazione “civile”

Dalle terre ticinesi emigravano specialisti dell’arte muraria, spazzacamini, facchini, osti, cioccolatai e venditori di frutta, soprattutto, ma non esclusivamente, verso Milano e la Lombardia.

Quando, nel 1853, le autorità austriache decisero per rappresaglia l’espulsione dei ticinesi dal Lombardo-Veneto, circa 6000 persone dovettero rimpatriare e ciò segnò la fine di una secolare corrente migratoria.

Un’altra presenza importante era quella grigionese nel ramo alimentare e alberghiero: caffettieri, pasticcieri, albergatori, commercianti di generi coloniali, si erano insediati sin dal XVIII secolo in varie città italiane, con presenze significative a Venezia, Firenze, Bergamo, Genova, Trieste.

A Catania, in Corso Italia, la Pasticceria dei grigionesi Caviezel perpetua questa tradizione.

Si ritiene che intorno al 1848 quasi 20.000 svizzeri, militari compresi, risiedevano stabilmente o stagionalmente nei diversi Stati dell’Italia attuale.

Le rappresentanze consolari aperte tra il 1798 e il 1848 indicano la localizzazione delle colonie e degli interessi elvetici: Milano, Genova, Trieste, Livorno, Napoli, Roma, Messina, Torino, Palermo, Venezia.

La seta e il cotone

All’inizio del XIX secolo era apparso un tipo d’emigrazione che diventerà preponderante nella seconda metà del secolo: industriali e manodopera del settore tessile, nonché alcuni banchieri si erano stabiliti nel Regno delle Due Sicilie. Ancora oggi, nella centralissima Via Etnea di Catania si trova il negozio di abbigliamento della famiglia grigionese Caflisch.

Il ruolo degli imprenditori svizzeri nell’industria serica e cotoniera rimase importante, anche nel resto della penisola, almeno fino alla prima guerra mondiale.

Dopo l’unità italiana, la presenza elvetica diventò rilevante in altri campi, quali l’industria idroelettrica, quella metalmeccanica o il settore alberghiero. Parallelamente, emigranti e imprenditori svizzeri si assicurarono il controllo d’importanti attività bancarie e nel commercio agroalimentare.

Arrivano industriali e finanzieri

Nel 1868 era stato concluso un trattato italo-svizzero che garantiva ai cittadini svizzeri libertà di domicilio e di commercio. Dalla seconda metà dell’Ottocento, la presenza elvetica in Italia assunse quindi caratteristiche diverse: non più militari, artigiani e venditori ambulanti, bensì industriali e finanzieri, quadri tecnici e commerciali.

Quest’emigrazione piuttosto elitaria proveniva soprattutto dalla Svizzera nord-orientale (Zurigo, Turgovia, San Gallo); da segnalare anche la presenza ginevrina in attività bancarie, a Torino, Genova, Milano e Firenze.

Una forte attività associativa e il calcio

La diversità linguistica, ma ancor più quella confessionale, contribuirono a mantenere un forte legame comunitario tra gli emigrati. Ciò stimolò pure l’attività associativa: sorsero chiese riformate, circoli culturali, scuole svizzere, istituzioni di mutuo soccorso, ecc.

Senza dimenticare i club calcistici. Può sembrare sorprendente, ma in alcune città lo sport più popolare dell’Italia contemporanea fu introdotto intorno al 1900 da emigranti svizzeri, come forma di sociabilità capace di riunire immigrati e gente del luogo.

Gli svizzeri in Italia erano circa 12.000 intorno al 1880; cifra che rimase stabile fino alla prima guerra mondiale, quando si registrò il rientro di circa 3000 emigrati.

Durante il ventennio fascista gli svizzeri in Italia erano circa 15.000, mentre nel 1970 risiedevano in Italia circa 12.000 cittadini svizzeri, non compresi i 6000 con doppia nazionalità. Oggi, i residenti che possiedono unicamente la nazionalità elvetica (solo dato paragonabile con i precedenti) è di poco superiore alle 10.000 unità.

Nel corso del XX secolo è mutata la ripartizione territoriale: la presenza elvetica è diminuita nel Napoletano e in Sicilia, a Trieste e in Toscana, per concentrarsi nelle regioni più industrializzate del nord e a Roma. Rimane preponderante l’elemento svizzero-tedesco, è importante quello italofono, mentre è debole l’apporto romando.

swissinfo, Marco Marcacci

Sono oltre 45.000 gli svizzeri oggi residenti in Italia.
Oltre i tre quarti possiedono la doppia cittadinanza.

Fino alla metà dell’800, l’emigrazione elvetica in Italia è stata legata alle vicende militari. Il Regno di Napoli e gli Stati della Chiesa ricorrevano volentieri ai mercenari svizzeri.

L’emigrazione divenne via via più diversificata e oggi si riscontrano tutte le categorie professionali, dal banchiere all’operaio, dal tecnico industriale al viticoltore.

In alcune città italiane, il calcio fu introdotto intorno al 1900 da emigranti svizzeri, per socializzare con la gente del luogo.

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