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L’avorio al centro della conferenza sulle specie protette

Il commercio di avorio è illegale, ma retate come questa di Hong Kong dimostrano che il fenomeno non è scomparso Keystone

La Svizzera è disposta a sostenere, a certe condizioni, una parziale apertura del commercio di avorio. Lo dice l'Ufficio federale di veterinaria.

La presa di posizione ufficiale giunge alla vigilia della conferenza internazionale sulla protezione delle specie che inizia domenica all’Aia, in Olanda.

171 paesi partecipano alla riunione dei firmatari della Convenzione sul commercio internazionale di specie protette della fauna e della flora selvatiche (CITES), che si tiene ogni tre anni.

L’accordo, di cui la Svizzera è Stato depositario, mira all’uso sostenibile del patrimonio animale e vegetale mondiale. Fra le questioni affrontate nella convenzione vi è il commercio di avorio.

«Il commercio di avorio è un tema molto sensibile e con una forte componente emotiva», afferma Mathias Lörtscher, responsabile della conservazione delle specie presso l’Ufficio federale di veterinaria, che partecipa conferenza di due settimane all’Aia.

Le organizzazioni per la protezione degli animali stimano che ogni anno sono abbattuti circa 20’000 elefanti a causa delle loro zanne.

Botswana e Namibia, che hanno un’ampia popolazione di elefanti, hanno sottoposto alla conferenza della CITES una proposta che vuole permettere una vendita limitata di avorio. I profitti della vendita servirebbero a finanziare misure di protezione degli elefanti.

La proposta è controversa, poiché potrebbe far aumentare il bracconaggio. O almeno questo è quanto pensano molte persone e anche alcuni Stati africani.

Limitare il divieto?

La CITES ha messo al bando il commercio internazionale di avorio nel 1989. Tuttavia, vari Stati africani hanno ottenuto nel 1997 il permesso di effettuare una vendita straordinaria di avorio. Una seconda vendita straordinaria è stata concessa a Botswana, Namibia e Sudafrica nel 2002.

La deroga era però legata a numerose condizioni, tra cui quella di avere a disposizione abbastanza informazioni sull’abbattimento di elefanti per poter valutare gli effetti di una riapertura del commercio.

La vendita concessa nel 2002 non è ancora avvenuta, proprio perché sussistono ancora dei dubbi sui dati a disposizione. Il comitato permanente della CITES si è incontrato prima della conferenza per discutere il problema.

Secondo Lörtscher, anche la Svizzera ritiene che sia prematuro parlare di una riapertura del commercio prima che la vendita straordinaria abbia avuto luogo e che siano noti i suoi effetti sul bracconaggio.

«Abbiamo simpatia per questi paesi, perché investono molto nella protezione degli elefanti e hanno una popolazione di elefanti in forte crescita e che talvolta causa dei problemi», afferma Lörtscher.

«Dovrebbero poter vendere il loro avorio perché i profitti della vendita andrebbero a vantaggio della protezione dei pachidermi, il problema è che non sappiamo quali effetti questa misura avrebbe sulla popolazione degli elefanti».

Burocrazia

Per quel che riguarda altri temi in discussione all’Aia, la Svizzera intende sostenere la proposta dell’Unione europea di ridurre gli ostacoli burocratici per l’esportazione e la riesportazione di alcuni prodotti di origine animale menzionati nella CITES, quali i cinturini per orologio in pelle di coccodrillo.

«La registrazione e l’emissione di migliaia di permessi per questi prodotti non influisce sulla protezione delle specie. Si tratta solo di burocrazia», commenta Lörtscher. Lo scorso anno la Svizzera ha emanato 87’000 permessi di riesportazione solo per l’industria orologiera.

Ciononostante, la Svizzera continua a sostenere con convinzione l’accordo sulle specie protette.

«La CITES è una convenzione molto importante, perché non è sdentata. Permette il commercio se questo è sostenibile. Appena non lo è più CITES può agire e può escludere certi paesi dal commercio di certi prodotti o anche di tutti i prodotti contemplati nella Convenzione», spiega Lörtscher.

«È provato che la convenzione funziona», aggiunge. «Agli inizi della CITES, i coccodrilli godevano di una protezione altissima. Ora un commercio limitato è di nuovo possibile».

swissinfo, Isobel Leybold-Johnson
(traduzione dall’inglese e adattamento: Andrea Tognina)

La conferenza della CITES all’Aia si terrà dal 3 al 15 giugno.
La delegazione svizzera è composta da due rappresentanti dell’Ufficio federale di veterinaria, da uno del ministero degli etseri e da uno dell’Ufficio federale dell’ambiente.
Inoltre il direttore dell’Ufficio federale di veterinaria, Hans Wyss, parteciperà al primo dibattito ministeriale della CITES, organizzato dall’Olanda, che si terrà il 13 giugno.

La CITES è stata stipulata nel 1973. Si tratta di una convenzione internazionale tra governi che mira a garantire che il commercio internazionale di prodotti derivati da animali e piante selvatiche minacci la loro sopravvivenza.

171 paesi hanno aderito alla CITES, che offre vari gradi di protezione a circa 30’000 specie di piante e animali.

Il commercio internazionale di animali e piante selvatiche è stimato a vari miliardi di dollari e riguarda oltre 350 milioni di oggetti.

La Svizzera è lo Stato depositario della CITES. Il segretariato si trova a Ginevra.

La CITES prevede tre opzioni di regolamentazione, descritte in altrettante Appendici.

Appendice I: Animali e piante esclusi dal commercio internazionale, salvo in casi eccezionali. Questa appendice riguarda tra l’altro le grandi scimmie, i grandi felini e alcune orchidee. In totale sono menzionate qui 530 specie animali e 300 specie vegetali.

Appendice II: Il commercio è permesso ma è posto sotto stretto controllo sulla base di permessi CITES. Riguarda oltre 4’460 animali e 28’000 piante.

Appendice III: Include le specie che sono protette in uno dei paesi membri. Menzionando una specie, il paese chiede aiuto per la regolamentazione del commercio. Riguarda oltre 290 specie.

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